Aldo Bianchini
SALERNO – L’esigenza di Vincenzo De Luca di avere sempre un nemico contro il quale scagliarsi non è una notizia, ma fa notizia.
Non è una notizia perché questa esigenza è l’unica “reminiscenza comunista” di De Luca; è una notizia e fa notizia per tutti coloro i quali, e sono la stragrande maggioranza, parlano e scrivono di De Luca senza conoscerlo a fondo e fino in fondo, come ha fatto Gigi Di Fiore su Il Mattino di domenica 15 novembre.
C’è poco da dire, i comunisti avevano l’esigenza di avere un nemico da combattere, da abbattere, da annientare; per loro era come un’esigenza di vita che spesso si trasformava in una vera e propria sofferenza fisica.
Vincenzo De Luca, per essere obiettivi, in questa nostra provincia ha contribuito a costruire la storia del Partito Comunista con le sue battaglie sindacali e di partito e ristrutturando una segreteria provinciale all’altezza dei tempi e con disciplina quasi militaresca soprattutto per l’archiviazione di tutti i dati, di tutte le notizie, di tutti gli accordi, di tutti i complotti e anche di tutte le malefatte dei “compagni”. Insomma una informazione globale raccolta in un pacchetto che è stato fondamentale per l’affermazione del “sistema di potere politico deluchiano”.
Ma De Luca, da consumato veterocomunista e da astuto manager politico, non ha mai lasciato cadere l’antica esigenza di avere sempre un nemico da combattere, anche per mantenere viva la sua attenzione su tutti quelli che salgono sul palcoscenico della politica.
Nel corso dei suoi 27 anni di potere assoluto ha individuato, di volta in volta, il suo nemico temporale, lo ha attaccato, lo ha battuto e scaraventato fuori dal suo cerchio magico:
- Nel 1992-1993 il suo primo vero nemico fu Andrea De Simone che riuscì a batterlo nelle politiche del ’92 tenendolo fuori dal Parlamento; la vendetta di De Luca fu micidiale e De Simone rischiò moltissimo anche sul piano giudiziario;
- Agli inizi del ’94 il nemico da abbattere fu Pino Cantillo (il filosofo rosso); De Luca prima lo nominò assessore alla cultura e poi lo mise in condizioni di dimettersi dopo un paio di mesi;
- Sempre nel ’94 ci fu lo scontro durissimo e senza esclusione di colpi con Pasquale Stanzione, vecchio uomo di partito, che scappò via dal Comune per rifugiarsi in Provincia dove per una quindicina di anni è stato assessore;
- Alla fine del primo “quadriennium deluchianum”, nel 98, si liberò anche del mitico urbanista Oriol Bohigas ormai spento e non più funzionale al progetto di città che aveva in mente De Luca;
- Nei primi anni 2000 epurò il sindacalista Ferdinando Argentino (anche presidente dell’allora Azienda del Gas);
- Negli anni si è liberato almeno tre volte dell’ottimo manager Salvatore Memoli che aveva reinventato Salerno Energia, il Consorzio Farmaceutico Intercomunale e Salerno Solidale;
- Lo scontro durissimo con il suo assessore all’urbanistica dei primi dieci anni, Fausto Martino fu epurato senza pietà alcuna; il Crescent fu il punto di rottura;
- Lo stesso Mario De Biase, compagno insostituibile di partito, fu maltrattato e cacciato dopo i cinque anni da sindaco di Salerno;
- Anche il capo dell’ufficio di piano e protagonista degli anni d’oro della ristrutturazione urbanistica della città, Ercole Di Filippo, cadde alla fine sotto la mannaia del kaimano;
- Per finire con Alfonso Andria, vittima nel 2006 di un attacco mediatico e politico senza precedenti che portò alla vittoria deluchiana nel ballottaggio delle elezioni amministrative di quattordici anni fa; clamorosa l’esternazione pubblica di De Luca che definì Andria “un bambino che va alla prima comunione con il giglio in mano”.
Ma ce ne sarebbero tanti altri, l’elenco non è facile da ricomporre per intero; una schiera infinita di suoi stretti collaborati, dirigenti e funzionari comunali.
E adesso ?
Bene, adesso il nemico principale di De Luca è il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che pensando di poter fare ancora il PM si è fatto letteralmente prendere a pallate dal governatore che lo ha affondato in men che non si dica.
Nel mirino, però, ci sono anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, i ministri Luigi Di Maio e Vincenzo Spadafora e sullo sfondo il ministro Francesco Boccia che per difendersi hanno ben pensato di tingere la Campania di rosso.
Ma all’orizzonte riappare come d’incanto il vero grande nemico, Antonio Bassolino, assolto per la diciannovesima e definitiva volta, che ha già posto la sua candidatura a sindaco di Napoli, con o senza l’avallo del partito e naturalmente di De Luca.
“Un uomo solo al comando. Nell’emergenza pandemia, il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha accentuato la sua propensione a decidere ascoltando poco i collaboratori e polemizzando, con durezza, con chiunque lo ostacoli. Una caratteristica che, complici l’imitazione di Maurizio Crozza, le apparizioni televisive da Fabio Fazio e le dirette settimanali senza filtri su Facebook, è diventata prigioniera di se stessa” ha scritto Di Fiore su Il Mattino; si De Luca è anche questo, ma è soprattutto un uomo che ha bisogno di identificare un nemico per combatterlo.