SALERNO – Il disastro elettorale, personale e di partito, dell’ex presidente della Provincia Antonio Iannone è l’immagine più plastica della rovina del centro destra e di cosa sono stati capaci di fare i due leader che tuttora occupano un posto in Parlamento; alludo a Mara Carfagna e Edmondo Cirielli. Sulla Carfagna ho scritto tanto ma mi mancava la chicca; anche la cugina omonima “Maria Rosaria” è scappata andandosi a candidare con i deluchiani senza, però, essere eletta. Di Edmondo Cirielli ho scritto anche tanto e spesso ho affermato che tra i due il meno colpevole del disastro è, forse, proprio lui. Anche se la sua proverbiale caparbietà militaresca poteva forse indurlo ad essere più moderato in certi toni e più umile in determinati atteggiamenti; così non è stato ed il disastro annunciato è arrivato. A pagarne tutte le conseguenze, anche incolpevolmente, è stato il malcapitato Antonio Iannone (fedelissimo del capo e tuttora segretario regionale di Fratelli d’Italia) che la Città, intesa come corpo elettorale, non ha mai capito e neppure digerito perché sempre imposto dall’alto; il suo perbenismo, il suo silenzio ovattato, il suo cieco obbedire alla fine non hanno pagato, anzi tutto questo è costato un prezzo altissimo nel corso di questi ultimi anni e il capo (cioè Cirielli) per aver sempre favorito il suo fedelissimo ha perso uno dopo l’altro tutti i portatori effettivi di voti, di presenza, di professionalità e di collegamento con la città: Anna Ferrazzano, Antonio Cammarota, Roberto Celano, solo per ricordarne alcuni. Allo stato Fratelli d’Italia diventa sempre più un partito di paese di provincia, in città non esiste più e forse non è mai esistito, se non nei momenti di vanagloria del potere; ma incomincia a perdere anche in provincia con Michele Cuozzo che perde le elezioni a Valva e con Gerardo Motta che a Battipaglia andrà al ballottaggio contro Cecilia Francese; non so quanti ricorderanno che Motta è stato un convinto ciriellino fino a poco tempo fa ed oggi naviga a gonfie vele verso il “cerchio magico deluchiano” anche a costo di far rimediare una figurella da quattro soldi al segretario provinciale del PD, Nicola Landolfi, che non è stato neppure capace di farsi eleggere per il consiglio comunale della cittadina della piana del Sele. Il partito di Cirielli che ha guidato la Provincia, che è alla guida di diversi comuni del territorio, a Salerno non raccoglie neppure un consigliere e, leggete leggete, non entra nell’assise comunale neanche il candidato sindaco Antonio Iannone, un terribile schiaffo in pieno volto. A Salerno FdI scompare, non esiste più; segno questo inequivocabile che qualcosa è stato sbagliato nell’impostazione della strategia politica in favore della comunità. A Salerno FdI ha raccolto appena 1.175 (pari all’1.75%) e Iannone è andato ancora peggio perché sei elettori di FdI non lo hanno votato e lui si è fermato sulla soglia dell’1.54% con soli 1.159 voti. Misero bottino per un partito e per un personaggio che negli ultimi tre anni ha riempito le cronache salernitane giorno dopo giorno. La gente, cioè l’elettore medio, ha scelto in piena libertà di non votare chi nel mondo della politica si era affacciato soltanto perché unto dal signore; nessun paragone è possibile con Roberto Celano e Antonio Cammarota, a lungo compagni di partito in Alleanza Nazionale, poi nel PdL. Ricordo quando Roberto Celano, già navigato nel difficile mare della politica salernitana, arrivava a Quarta Rete con al seguito il giovane Antonio Iannone, fiero esponente della gioventù di destra, che probabilmente doveva apprendere il mestiere. Poi l’incontro fatale con Edmondo Cirielli, gli incarichi prestigiosi e la chicca finale della iscrizione del suo nome tra quelli gloriosi che hanno retto le sorti della Provincia dando vita a presidenze di assoluto prestigio culturale, storico e politico. Ai tempi in cui la politica era rappresentata con una “P” maiuscola quando un personaggio così importante, nonché segretario regionale di un partito, veniva investito da un disastro elettorale si dimetteva automaticamente e senza battere ciglio. La Democrazia Cristiana (sostiene il filosofo rosso Massimo Cacciari) fu la maestra dell’alternanza e chiunque falliva subito si dimetteva, per questo durò tanto e garantì anche tanta democrazia. Non so, oggi, se Cirielli e Iannone capiranno lo spirito dell’intervento di Cacciari; questo lo potremo valutare soltanto nelle prossime settimane. Per il momento è stato decretato dagli elettori il de profundis di un’epoca politica che poteva guidare Salerno per decenni e che, invece, è franata dopo pochi anni.
direttore: Aldo Bianchini