ROMA – E’ un crescendo spaventoso di nomi. E più passano i giorni, più diventano roboanti. Salgono e scendono come birilli tra cielo e carcere. Il cielo del godimento illecito, il carcere della resa dei conti. Un solo nome resta in piedi: carabinieri! Discreti, operativi, efficaci. Ma quanti ce ne vorrebbero in Italia se solo il marcio venisse tutto a galla? Eserciti! E quanti Pignatone insieme a loro? Impossibile dirlo!
Politici di tutte le scuole, ideologie, meglio dire parrocchie, si stanno tristemente rivedendo tra le inospitali pareti di ben custodite celle nostrane. Tutti o quasi, tranne – superfluo aggiungere – i 5 STELLE.
Roma capitale, antica ed orgogliosa Caput Mundi ieri, triste e desolata Caput Mafiae, oggi! Bel traguardo, non c’è che dire! L’asse politico di comando del Paese – destra, centro e sinistra – c’è dentro fino all’osso del collo.
Ed è inutile creare il distinguo tra vecchio e nuovo, tra ante e post renziani o ante e post alfaniani, e così via. La musica è e sarà sempre la stessa. Ieri come oggi, oggi come domani. Il sistema è il sistema e vige da sempre in questo Paese ammalato di falsa democrazia. Per cui li assorbe tutti, volenti o nolenti, quei nobili signori.
Del resto, ammesso che ce ne sia bisogno, il sottosegretario siciliano all’Agricoltura, Giuseppe Castiglione, dell’attuale governo-Renzi in quota NCD, anche lui coinvolto nell’inchiesta su “Mafia Capitale”, rappresenta simbolicamente il trait-d’union tra vecchio e nuovo, passato e presente.
Cosa ne pensano ora il ministro dell’Interno Alfano e il suo braccio destro, il Prefetto Mario Morcone, entrati inopportunamente in polemica con il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone per un appalto di 100 milioni assegnato ad una delle società coinvolte nell’inchiesta e giudicato illegittimo dallo stesso Cantone, come poi confermeranno i fatti?
E il povero sindaco Marino, che qualcuno definisce incapace di gestire l’attualità in virtù di una amministrazione ormai decapitata?
Marino è un galantuomo a vista. Ma, ostinarsi a reggere la carretta del mare sulla quale ha avuto la ventura di imbarcarsi, significa solo colare a picco un po’ più in là. Meglio, quindi, trascinarla nel porto più vicino (remissione del mandato) e tornarsene a casa.
In fondo, nessuno potrà mai rimproverargli di non averci provato a salvare la barca. Evidentemente molto più bucata di quanto pensasse al momento dell’imbarco.
Perché, pecunia non olet!!!, come dicevano i nostri padri. E se le (buone) e diverse idee e le (buone) e diverse ideologie separano gli uomini, sono pronte, anzi prontissime a riunirsi davanti al comune banchetto, proprio in virtù di quella stessa pecunia che tanto aggrega.
Oggi, sulle miserie umane, leggi gli immigrati, si fa la spesa. E che spesa! Un euro a testa e volano i milioni delle mazzette. Ci chiediamo come mai fino ad oggi tutto o quasi abbia taciuto nella Procura della Repubblica di Roma.
Chi è questo Giuseppe Pignatone, Procuratore Capo della Capitale da soli pochi anni, che sta smantellando alle radici un sistema mafioso-delinquenziale pieno di croste, un sistema che si estende da anni, a e da Roma fino alle estremità dell’italico suolo? Un mago? Un indovino? Un giocatore d’azzardo che tenta la fortuna? Un parente stretto di Gesù Cristo che gli ha suggerito le tracce per pizzicare i nomi dei malfattori, sgretolando l’assai complessa e antica rete politico-massonico-mafiosa? O, semplicemente, uno che sa il fatto suo e che non ha esitato ad investire tutto il suo coraggio, la sua intelligenza, la sua onestà intellettuale e la sua conseguente determinazione?
Cosa ne pensano i suoi predecessori? La domanda, ovviamente, non va posta soltanto ai colleghi-sindaci di Marino (da Alemanno indietro), ma anche a chi, rispetto al Procuratore Giuseppe Pignatone, non si è reso conto di quel che bolliva nelle pentole di un sistema marcio e corrotto, troppo puzzolente per non essere fiutato.
direttore: Aldo Bianchini