Mentre le notizie corrono sull’onda della delusione per l’esclusione dell’Italia dai mondiali 2014, alla furia omicida di giovani che vanno alla ricerca della felicità, alla soluzione di casi che da qualche anno sono sulla ribalta per non aver dato ancora un nome ad un presunto assassino, io in tutto questo mi chiedo: cos’è il dolore?
In questi giorni me lo sono chiesta tantissime volte perché spesso uno stato d’animo ti porta inesorabilmente a sentire uno strano rumore dentro al cuore… e ciò che ci circonda spesso non aiuta a d essere sordi a quel dolore… si parla ogni santissimo giorno di dolore, dolore per la perdita di un caro, dolore per la perdita di un amico a quattro zampe, dolore per aver mancato un obiettivo, dolore per un fallimento, dolore per aver perduto un amico, dolore per tutto insomma. Ma credo che solo chi viva la mancanza di qualcuno possa definire il dolore meglio di tutti, specie quando quel qualcuno faceva parte del tuo quotidiano, non necessariamente un familiare ma semplicemente chi in un modo diverso riempisse la tua vita… così in questi giorni ho conosciuto una ragazza, il suo nome è Hannah, si Hannah come la grande scrittrice Hannah Arendt, già solo il nome mi aveva fatto impazzire… così Hannah in un momento di particolare intensità emotiva riesce ad aprirsi con me, una perfetta sconosciuta, ma incontrata per caso ore prima dentro ad uno scompartimento di treno… siamo insieme quando apprendiamo del fatto che probabilmente è stato arrestato l’assassino della piccola Yara, e già di per sé questa rappresenta una buona notizia ma basterebbe parlare con la mamma di Yara per comprendere e dare una risposta certa alla mia domanda: ” Cos’è il dolore?”. E mentre ci ritroviamo a parlare di questa bella notizia, mi rendo conto che qualcosa non va e che dietro quel bellissimo sorriso e quegli occhi color castagna, una lacrima solcava il suo bel viso, così istintivamente le chiedo: ” Perché piangi?”. La sua risposta fu fulminea: “Ho perso il mio angelo.” Esterrefatta da questa sua risposta mi fermai un attimo a pensare cosa l’avrebbe fatta sorridere… e in un istante uscii dalla mia valigia l’unica copia rimasta del mio libro che avrei dovuto portare in dono ad una amica. ” Che bella copertina!” esclamò Hannah, e istintivamente la ringraziai per il complimento perché ero anch’io fiera di quel libro. Così in un attimo le raccontai l’origine e l’ispirazione che mi avevano portata a scrivere quelle poesie. Hanna si sentì subito a suo agio e si aprì con me come se ci conoscessimo da una vita, sai quell’empatia che ti scatta poche volte nella vita. Iniziò a narrarmi della sua storia col suo Marco, questo amore virtuale, o meglio conosciuto attraverso il virtuale che l’aveva fatta innamorare. Lei mi diede così una definizione di dolore che sconoscevo. ” Il dolore è quando ti manca l’aria per qualcuno che non vuol più far parte della tua vita, così in un istante, e ti fai mille domande e non trovi nessuna risposta… ” Non le chiesi più di tanto, fu lei a parlare, ma la conversazione cadde sul dolore che lei sentiva dentro. Su questa improvvisa interruzione di dialogo col suo Marco che la stava facendo morire piano piano, che le aveva provocato ben più di un profondo rammarico.
Le chiesi se davvero sentisse quel dolore così forte e costantemente presente. Il suo sì mi disarmò. Così mi venne in mente una poesia di Eugenio Montale Il male di vivere, in cui l’autore non avendo più certezze da comunicare nella sua vita, da un messaggio negativo e irrisolto. L’unica maniera per restare indenni dal dolore viene proprio rappresentato da una statua inattaccabile dalla sofferenza e da un falco che rimasto alto in cielo non riesce a toccare i mali del mondo. E ne parliamo insieme…. e ci rendiamo conto che è impossibile rimanere illesi dai dolori della vita.
E mi rendo conto che quel dolore, il suo, era qualcosa che avevo ritrovato in tantissime persone che per una ragione silenziosa al nostro sentire, si erano lasciate prendere da quel dolore, inspiegabile, malinconico e infinito. Nulla ho potuto fare perché lei stesse meglio durante quel viaggio, ma solo impiegarle quelle due ore di viaggio senza che si facesse prendere da una sorda malinconia. Riuscii solo a dirle che il tempo avrebbe tutelato la sua vita facendole riconoscere e comprendere il vero significato della vita stessa, che né io o nessun altro avremmo potuto darle sollievo, ma che avrebbe trovato la strada da sola prima o poi. Non le chiesi cosa avesse significato la perdita del suo angelo, non volli sapere chi o cosa rappresentasse questo suo angelo… ma, guardandomi intorno, mi resi conto che tutti quanti viviamo la perdita di qualcosa e che l’aiuto non può provenire da nessuno ma soltanto da noi stessi.. e così sarà per la mamma di Yara, così sarà per la famiglia di Ciro, il tifoso napoletano morto dopo giorni di agonia, così sarà per chiunque sentirà un dolore nel proprio cuore… non ci sono dimensioni del dolore, ognuno lo sentirà sulla propria pelle in maniera diversa e se forse ci concentrassimo sulla ricerca essenziale delle cose importanti e non sulle finte certezze, forse ci sentiremmo più pronti ad affrontare questo male sconosciuto che si insidia dentro senza che noi gliene concediamo il permesso. Mi piacerebbe finire questo articolo un po’ anomalo con la testimonianza dell’unica cosa che il poeta sa, e cioè quanto l’esistenza dolorosa sia l’esistenza. Ma cerco di essere un po’ meno negativa di Montale scrivendo che prima o poi il dolore passa e augurando a ciascuno di noi di poterlo affrontare a testa alta senza farsi prendere completamente il cuore.
Felicità a tutti.