VASSALLO: Cagnazzo tra alibi sconnessi, ricordi incerti di Roberti e Volpe, le accuse strampalate di Ridosso e dell’ex compagna di D’Andrea, l’uccisione di Pittoni e di Vassallo

NOTA: In giornata dovrebbe essserci la decisione del Tribunale del Riesame in merito alle richieste di scarcerazione: speriamo in una improvvisa resipiscenza del giudici per allontanare un nuovo salto nel buio.

Aldo Bianchini

SALERNO – Riprendo il discorso dal mio ultimo editoriale dedicato alla vicenda del mostruoso assassinio del sindaco pescatore Angelo Vassallo per affermare che ancora una volta, e con maggior forza, che l’inchiesta giudiziaria aperta 14 anni fa sul caso specifico è senza dubbio alcuno nelle mani della camorra che attraverso i suoi esponenti, uomini o donne che siano, continua sempre a mentire – mentire – mentire.

LE RIVELZIONI DELLA EX  MOGLIE DEL BOSS: “Sono dell’ambiente” saranno state queste tre parole (rassegnate agli inquirenti) a trascinare nel gioco delle menzogne anche il quotidiano “La Città” che trionfante annuncia le rivelazioni dell’ex moglie del presunto boss Cosimo D’Andrea come fossero oro colato (D’Andrea è morto nel 2001 e Vassallo nel 2010; solo un profeta, quindi, avrebbe potuto conoscere le cause dell’assassinio – basterebbe questo a smantellare qualsiasi rivelazione); capisco che bisogna scrivere ma avanzare come certe le divagazioni della donna mi sembra davvero eccessivo. Anche perché la donna non è mai stata la moglie di Cosimo ma semplicemente l’ultima delle sue tante donne. Come dire che, se adesso dobbiamo metterci ad ascoltare di tutto e di più, siamo davvero alla frutta delle inchieste giudiziarie. Soprattutto perché queste rivelazioni del nulla sono state offerte dalla donna una decina di anni fa perché sottoposta ad interrogatorio in quanto il suo compagno dell’epoca andava spifferando per le piazze che lui sapeva chi aveva ucciso Vassallo; il tutto trasformatosi in un grosso bluff nel breve volgere di qualche settimana. E se ricompaiono nell’ordinanza per gli arresti del 7 novembre scorso potrebbe voler dire che l’inchiesta non ha fatto alcun passo avanti.

FABIO CAGNAZZO: Davvero difficile mettersi nei panni del colonnello dei Carabinieri Fabio Cagnazzo, prima tutti lo volevano, oggi tutti prendono le distanze da lui come se fosse improvvisamente diventato un appestato. Non lo conosco, non l’ho mai conosciuto e credo che non lo conoscerò mai; ma avverto il dovere profondo di difendere fino a sentenza passata in giudicato un Carabiniere che ha impegnato gran parte della sua vita, tra il consenso generale, a difesa delle istituzioni per la nostra sicurezza. Cagnazzo non è mai stato un “cane coperto” e neppure un “palo inguaiato” come ha scientemente dichiarato la donna del boss anche perché è facile supporre che a distanza di dieci anni dalla morte del compagno a Secondigliano avesse tutte le ambizioni per rientrare in quel sistema ormai perduto attraverso le tre prole “Sono dell’ambiente”.

CAGNAZZO – ROBERTI – VOLPE: Mi ha incuriosito il battibecco tra Cagnazzo-Volpe e Roberti che seppure di breve durata è significativo e meriterebbe sereni approfondimenti da parte di tette le testate giornalistiche; invece niente, solo la notizie che i due magistrati hanno a turno contestato le dichiarazioni di Cagnazzo in merito al fatto che aveva avvertito la Procura delle sue iniziative e per aver sequestrato una telecamera. Non commento la vicenda perché non conosco gli atti. Posso solo esprimere la a palpabile sensazione che ebbi il giorno in cui (settembre 2014) fui sentito in procura come persona informata sui fatti in merito al delitto Vassallo. Sia la Volpe che tutto il suo staff mi apparve schierato all’unisono contro il giovane Bruno Humberto Damiani convinti della sua colpevolezza. Tutto, quindi, faceva credere e fa credere nella leale collaborazione di Cagnazzo con gli inquirenti togati e militari. Poi tutto è cambiato e dopo il viaggio in Bolivia il piccolo pusher è stato completamente ritenuto estraneo ai fatti. Probabilmente, lasciatemelo dire, per la sua liberazione contribuì, anche se in piccola parte, anche la mia deposizione.

OMICIDIO PITTONI: Davvero inquietanti le ultime boutade sul coinvolgimento indiretto del colonnello Cagnazzo nell’omicidio del giovanissimo tenente Marco Pittoni a Pagani. Davvero in questo caso i pentiti (o il pentito) hanno dato il meglio nell’offrire menzogne agli inquirenti. Concludo ponendo una domanda: “Trovatemi un ufficiale dei Carabinieri o un semplice militare dell’Arma che non abbia mai avuto qualche informatore della camorra ?”, se ci riuscite io setterò di scrivere. Il problema però è un altro; l’utilizzo di questi ganci tra Arma e malavita nel 90% dei casi viene preso per rato e fermo di magistrati; qualche volta viene rivoltato contro l’ufficiale. Una brutta storia che attiene, comunque, al rapporto interno tra gli inquirenti che determina spesso grossi sconquassi.

OMICIDIO VASSALLO: E siamo arrivati all’ultima grande balla del più inconcludente e bugiardo camorrista della storia recente; parlo di Romoletto Ridosso che ha estratto improvvisamente dal cilindro il nome dell’assassino materiale di Vassallo: “Ha sparato Lazzaro Cioffi, attendente di Cagnazzo”. Bene, un cazzata così macroscopica non l’avevo mai sentita, non perché fosse direttamente presente ma per averlo sentito dire da Tizio che l’aveva confidata a Caio per il tramite di Giuseppe Cipriano che verosimilmente era completamente all’oscuro dei fatti. A questo punto mi aspetto che venga fuori anche il nome di un magistrato, tanto nel mese di agosto del 2010 ad Acciaroli ce n’erano tanti; basterà soltanto scegliere il nome.

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