Aldo Bianchini
SALERNO – E’ il 25 agosto dell’anno 1992, trent’anni fa, il giorno in cui davvero si aprono i “santuari della politica”; alla ribalta della cronaca giudiziaria di quel giorno svettano nomi eccellenti.
M andiamo con ordine, cioè dal punto in cui eravamo rimasti con la puntata n. 38 di questo lungo racconto giudiziario della cosiddetta “tangentopoli salernitana” scaturita dall’inchiesta madre denominata “mani pulite” lanciata il precedente 17 febbraio 1992 dalla procura della Repubblica di Milano con i magistrati Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo e Francesco Greco sotto la guida del procuratore capo Francesco Saverio Borrelli e con l’avallo del gip Italo Ghitti nel cui ufficio vennero incardinati tutti i fascicoli delle inchieste di tangentopoli. Caso unico, strano e dubbioso; in effetti non fu garantita l’assoluta indipendenza di giudizio, anche se tutto nella piena legittimità giudiziaria.
Nella precedente puntata dell’ 8 agosto scorso mi ero soffermato sul grave malore accusato in carcere dall’ing. Raffaele Galdi; malore poi sfociato in una polemica violentissima tra il pool difensivo di Galdi (avv. Dario Incutti e Antonio Zecca) e la Procura della Repubblica insieme all’Ufficio GIP di Salerno.
La tumultuosa azione giudiziaria anche se apparentemente in quei mesi terribili sembrò avere una pausa estiva, in effetti c’era stata soltanto una sosta di appena tredici giorni tra il 23 luglio e il 5 agosto 92 quando ripresero con cadenza quasi quotidiana gli arresti.
Difatti il 5 agosto 92 fu la volta di Franco Todini, potente imprenditore e titolare dell’omonima impresa di valenza internazionale; fu tradotto in manetta dalla natia Quadro (frazione di Todi). Fin dagli anni ’70 la “Todini Costruzioni Generali” aveva superato i 100miliardi di lire di fatturato annuo e per molti anni il titolare Franco in ogni occasione pubblica dichiarava che “Costruirò le strade di tutto il mondo”. Una catastrofe per lui l’essere inciampato nella disastrosa realizzazione della “Fondovalle Calore” ed anche nella scarsa affidabilità di molti degli “uomini socialisti” che gravitavano nel cerchio magico dell’allora ministro per le aree urbane on. Carmelo Conte e che pur di guadagnare presto la libertà depositarono nelle mani dei magistrati di tutto e di più anche cose mai esistite. Questa vicinanza la pagò a caro prezzo con un anno e dieci mesi di carcere scaturiti dalla sentenza di 1° grado del 23 febbraio 1994. Nel 1984 era stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere del Lavoro dalla presidenza della Repubblica e per ironia della sorte, pochi giorni prima dell’arresto, l’Università di Perugia nel 1992 gli aveva conferito la laurea honoris causa in ingegneria civile. Morì il 30 aprile del 2001, a 67 anni, nel policlinico Gemelli di Roma lasciando la moglie Maria Rita e i figli Luisa e Stefano.
L’ 11 agosto del 92 vennero colpiti da arresti bis (quando ancora erano in carcere e/o ai domiciliari) il sindaco di Sicignano degli Alburni Pasquale Iuzzolino (di professione avvocato) e Giuseppe Parente (detto Geppino per gli amici, sindaco pidiessino di Bellosguardo).
E arriviamo al 25 agosto 1992, il martedì nero della grande politica socialista salernitana; quella mattina la città di Salerno e l’intera provincia vennero scossi da un vero e proprio terremoto: ordine di cattura per Renzo Rosi (imprenditore romano, ingegnere, sessantacinque anni – amministratore delegato di Condotte d’Acqua la più antica società di costruzioni d’Italia, vantava ottimi rapporti con il ministro Vincenzo Scotti della DC e con Italstat) e per Corrado Vecchio (già plenipotenziario socialista di Eboli).
Ma il nome super eccellente di quel giorno è quello di Nicola Trotta (già deputato PSI mella VIII legislatura e già senatore PSI nella IX legislatura – medico chirurgo di professione, era stato sottosegretario di Stato agli interventi straordinari nel Mezzogiorno nei due governi Craxi, presidente della Centrale del latte di Salerno e storico esponente politico locale legato all’ex Ministro delle Aree urbane Carmelo Conte); venne raggiunto da ordine di fermo giudiziario mentre è ricoverato nell’ospedale di Eboli per una grave patologia che lo porterà alla morte nel dicembre ’94 all’età di 64 anni.
Carattere giovale, umilissimo medico legale dell’INPS, era approdato alla politica un po’ per caso; vittima predesignata nel “sistema di potere politico socialista”, candidato ad Eboli ed eletto per due volte ed utilizzato come una pedina in quei giochi politici perversi a lui sconosciuti, che anche allora, come oggi, denotano l’essenza dei vari sistemi di potere politico.
Con Lui, si pensò, che la Procura avesse aperto i sacrari socialisti; non fu così, Nicola Trotta era assolutamente fuori dai giochi e dagli affari politici, gli piaceva la giovialità dei convivii e soprattutto la caccia. Spesso la praticava con il suo amico Vittorio Zoldan (l’imprenditore arrestato sempre per la Fondovalle il 23 luglio precedente) e con lui condivideva un casolare di campagna sugli Alburni adibito a deposito di caccia.
Soffrirà moltissimo le ricadute dell’inchiesta giudiziaria, fino al punto che le sue condizioni fisiche già precarie si aggravarono fino alla morte.
La storia, a puntate, continua.