Aldo Bianchini
SALERNO – Il paesino di Valva, poco meno di duemila abitanti, è una ridente comunità pedemontana dell’alta Valle del Sele. I suoi terreni, le sue case, le sue strade degradano a terrazze verso il fondo della Valle dove scorre quello che rimane del Sele che con il suo fruscio ridondante e la tumultuosità delle sue acque arricchiva la vegetazione di una delle valli più belle dell’intera provincia di Salerno, rifugio naturale della lontra.
Centro agricolo, situato sul versante sinistro, ai piedi delle scoscese pendici rocciose del Monte Eremita (1372 m) e del Monte Marzano (1524 m).
Valva fu costruita nei pressi del luogo dove sorgeva una fiorente città, dello stesso nome, al tempo dell’impero romano. Gli abitanti della città romana, per le invasioni barbariche, abbandonarono le loro case e costruirono più in alto sul monte un nuovo borgo fondando così Valva Vecchia della quale restano ancora le rovine. In epoca più recente fu ricostruito nuovamente a valle il borgo; in epoca normanna era chiamato Balba ed era in possesso di signori locali.
Dal 1811 al 1860 ha fatto parte del circondario di Laviano, appartenente al Distretto di Campagna del Regno delle Due Sicilie. Dal 1860 al 1927, durante il Regno d’Italia ha fatto parte del mandamento di Laviano, appartenente al Circondario di Campagna.
Poi il terremoto del 23 novembre 1980 ha cambiato tutto ed ha stravolto finanche gli usi e i costumi di gente dedita alla pastorizia ed alla coltivazione dei campi.
La comunità valvese si è guadagnata sul campo la <<medaglia d’oro al merito civile>> con la seguente motivazione: <<In occasione di un disastroso terremoto, con grande dignità, spirito di sacrificio ed impegni civile, affrontava la difficile opera di ricostruzione del proprio tessuto abitativo, nonché della rinascita del proprio futuro sociale, economico e produttivo. Mirabile esempio di valore civico ed altissimo senso di abnegazione>>.
La presunta industrializzazione, che aveva illuso amministratori e gente comune, e la distribuzione a pioggia di danaro pubblico hanno fatto, infine, il resto rendendo diffidente la gente, scaltri gli amministratori e falsi i rapporti interpersonali e sociali. Insomma quasi come se i soldi del terremoto, distribuiti a pioggia, avessero civilizzato ma in maniera sbagliata popolazioni che da secoli vivevano di agricoltura e di commercio ed anche di emigrazione.
Non sono mancate, ovviamente, le inchieste giudiziarie che hanno scosso l’intera comunità di Valva dal più profondo delle sue radici culturali improntate alla massima legalità. Ma Valva, sotto l’incalzare di giovani amministratori, ha saputo risollevarsi in fretta e già nei primi anni ’80 ha riproposto la sua immagine all’esterno attraverso la valorizzazione della Villa D’Ayala meglio nota come “il castello di Valva”.
Ed è proprio da quella eccellente ristrutturazione, dalla presenza del barone barone Christian von Hausckha Treuenfels, che nasce il mito del “fantasma del castello” correlato alle quattro morti sospette di Valva.
Continua.