da Nicola Femminella
(scrittore)
Talvolta accade che alcuni comportamenti racchiusi in poche parole, in un gesto, in un atto qualsiasi, seppure fugaci e di minima entità, raccolti dal nostro apparato percettivo, esprimono grande empatia, un significato prorompente, fino a diventare un messaggio pedagogico e ci induce ad una riflessione che può anche mutare la nostra condotta e il nostro stile di comunicazione e di interazione con gli altri. Una grande forza persuasiva s’irradia in una piccola, piccolissima apparizione che attira i sensi e induce la nostra mente a fermarsi per dare spazio all’attività dell’essere cogitans che risiede in ognuno di noi. Quando ho incontrato tali elementi, dopo averli osservati, li ho sempre proposti ai miei alunni per i quali si sono trasformati in vettori educativi capaci di indurre i ragazzi a mutare taluni loro atteggiamenti non in linea con il buon contegno o ad assumerli nel proprio decalogo delle azioni quotidiane. Il gesto di cui voglio parlare è quello espresso dal ciclista danese Jonas Vingegaard vincitore del Giro di Francia che nella 18° tappa della Grande Boucle il 21 luglio scorso con arrivo a Hautacam, si è reso protagonista di un gesto, oggi si dice di fair play nei confronti dell’avversario sloveno Tadej Pogacar, gran campione e vincitore di due giri di Francia precedenti. I due, superato il Col de Spandelles, si lanciano lungo i tornanti della discesa a velocità sostenuta. In classifica generale il danese precede di circa due minuti e mezzo l’avversario che è secondo e aspira a ripetere il doppio successo colto negli anni precedenti. Vingegaard sbanda e rischia di cadere ma controlla la bici e prosegue. Non così Pogacar che poco dopo non riesce a rimanere sul manto stradale e finisce a terra. Il danese potrebbe procedere e accumulare ulteriori minuti sull’avversario e prenotare una vittoria sicura. Invece, è scosso da un impulso, rallenta, attende l’amico-avversario e, dopo essersi assicurato che ha subito solo escoriazioni, gli tende la mano, in segno di amicizia. Il gesto esalta ancora di più l’episodio. Insieme proseguono lungo la discesa. Sono entrambi giovanissimi e ancora non si sono resi conto che hanno scritto una pagina splendida nel gran libro del Tour de France. Simile a quella che Bartali firmò nel 1952, quando sul passo di Galibier in una torrida giornata del Giro di Francia, passò la borraccia a Coppi, suo grande avversario. L’atleta danese, secondo me, ha vinto due volte la corsa, dipingendo sullo schermo televisivo un quadro di grande effetto educativo per quelli che hanno avuto la possibilità di apprezzarne la valenza e il significato. In questo periodo la tv ci propone notizie negative in gran quantità. Ma lo fa da molto tempo anche quella di stato.
Mettendo da parte quelle che occupano le prime pagine: la guerra, il virus, il carovita e le risorse energetiche, abbondano gli omicidi nelle coppie con vittime anche i bambini, gli stupri, gli episodi di bullismo, scandali di ogni genere, turpiloqui ad ogni ora. Sui social prevale l’invettiva che, declinata in mille modi, arriva fin sulla soglia dell’odio. Le volgarità e le parolacce ormai raddoppiano l’audience e chi non le pronuncia non ha diritto di ricomparire nei talk schow. Mai come in questo momento c’è bisogno di persone capaci di essere esempi positivi per giovani e adulti, che sappiano esprimere atti gentili e rispettosi degli altri, manifestare la propria opinione ma permettere a chi ne nutre una diversa di comunicarla liberamente. Coloro che hanno la possibilità di parlare a milioni di persone devono diffondere buone maniere, pacatezza di toni, capacità di ascolto e comprensione, bontà, nonché altruismo e generosità, che sembrano essere merce rara, e sentimenti simili, per ritrovare la sostanza umana che differenzia l’uomo dalle belve. La scuola, i mezzi di comunicazione, le agenzie formative, le dottrine e i messaggi religiosi devono diffondere tolleranza lì dove domina la discriminazione e l’omofobia, devono incentivare la forza della propria mission ed essere più pervasivi nel comunicare messaggi costruttivi. L’immagine e l’azione di Jonas Vingegaard devono indurci a ritrovarne altre di uguale pregnanza pedagogica con le quali comporre antologie da diffondere sui social, negli intervalli televisivi o inserirle tra le pagine dei libri scolastici. Forse saranno più incisive di tante parole utili che negli ultimi tempi neppure vengono dette.