da Pietro Cusati
La decisione di consentire soltanto alle farmacie, e non anche alle parafarmacie, di effettuare tamponi rapidi antigenici e test sierologici rientra nella sfera della discrezionalità legislativa e non è una scelta irragionevole. È quanto ha affermato la Corte costituzionale ,con la sentenza n. 171, depositata l’8 luglio 2022, dichiarando non fondate le questioni sollevate dal TAR Marche sull’articolo 1, commi 418 e 419, della legge n. 178 del 2020, con riferimento agli articoli 3 e 41 della Costituzione. La Corte Costituzionale ha ritenuto che, nonostante in entrambe debba essere assicurata la presenza di farmacisti abilitati, tra le parafarmacie , che sono esercizi commerciali , e le farmacie, che rientrano nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale , permangono significative differenze, che impediscono di affermare di essere davanti a identiche situazioni giuridiche, meritevoli di un medesimo trattamento normativo. Per fronteggiare la diffusione del Covid-19, è stato necessario erogare sull’intero territorio nazionale nuovi servizi sanitari, la scelta di affidarli alle farmacie, e non anche alle parafarmacie, è fondata sull’inserimento delle farmacie nell’organizzazione del SSN e quindi sulla loro abilitazione a trattare i dati sensibili raccolti e trasmetterli alle autorità sanitarie, attraverso i sistemi informativi e telematici già in uso. Tale scelta è stata reputata dalla Corte Costituzionale non irragionevole. Le cosiddette parafarmacie sono esercizi commerciali, che secondo quanto disposto dall’art. 5 del d.l. n. 223 del 2006, «possono effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della salute e alla regione in cui ha sede l’esercizio» e sempre che la vendita sia «effettuata nell’ambito di un apposito reparto, alla presenza e con l’assistenza personale e diretta al cliente di uno o più farmacisti abilitati all’esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine» Le farmacie, invece, erogano l’assistenza farmaceutica ,oggi ricompresa tra i livelli essenziali di assistenza e svolgono, dunque, un «servizio di pubblico interesse» preordinato al fine di «garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute, restando solo marginale, sotto questo profilo, sia il carattere professionale sia l’indubbia natura commerciale dell’attività del farmacista». I farmacisti titolari di farmacia, pertanto, sotto il profilo funzionale sono concessionari di un pubblico servizio .Le farmacie, dunque, rientrano nell’ambito del servizio sanitario nazionale (SSN), di cui fanno parte (artt. 25 e 28 della legge n. 833 del 1978), e sono dislocate sul territorio secondo il sistema di pianificazione di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 475 (Norme concernenti il servizio farmaceutico), il quale, dettando la specifica proporzione di una farmacia ogni 3300 abitanti , è volto ad «assicurare l’ordinata copertura di tutto il territorio nazionale al fine di agevolare la maggiore tutela della salute dei cittadini» .È anche in ragione di questa diffusione sull’intero territorio nazionale delle farmacie , frutto dell’applicazione del criterio del contingentamento nella determinazione del numero delle sedi farmaceutiche ,che il legislatore delegato, con il decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153 (Individuazione di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, nonché disposizioni in materia di indennità di residenza per i titolari di farmacie rurali, a norma dell’articolo 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69), ha previsto che, in aggiunta all’assistenza farmaceutica, «nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria siano erogati dalle farmacie pubbliche e private nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale».L’attività svolta dalle farmacie non è più ristretta alla distribuzione di farmaci o di prodotti sanitari, ma si estende alla prestazione di servizi» , la cui determinazione avviene nell’ambito dei princìpi fondamentali, stabiliti dal legislatore statale, in materia di «tutela della salute», perché «finalizzati a garantire che sia mantenuto un elevato e uniforme livello di qualità dei relativi servizi in tutto il territorio nazionale.