Aldo Bianchini
SALERNO – Dal gruppo “LAB POLITICO” (creato dalla prof.ssa Elisabetta Barone), attivo – presente e penetrante, spesso prendo gli spunti per i miei articoli di approfondimenti sui più svariati temi che accompagnano, nel bene e nel male, l’improbabile sviluppo della nostra città sotto le varie forme di crescita e sviluppo.
Questa volta mi ha colpito un video pubblicato il 9 maggio 2022 (edito da 696tv-OttoChannel) con il titolo: “Le fonderie vincono al consiglio di stato: Ma non è finita”.
L’esclamazione “ma non è finita” è, ovviamente, di Lorenzo Forte (presidente dell’Associazione Salute e Vita) che ad ogni sua apparizione veste sempre di più i panni de “il giustiziere delle fonderie”, che come tutti i panni dei giustizieri non hanno un costo specifico per acquistarli ed indossarli.
Mi fermo qui con le mie osservazioni sull’identità pubblica di Lorenzo Forte, non è mia intenzione muovere critiche al suo operato (che comunque rispetto) e nemmeno esaltarlo più di tanto; anche perché qualche tempo fa in maniera “molto democratica” sono stato invitato dallo stesso Forte a non inviargli più i miei articoli sulle fonderie Pisano. Occorre comunque precisare che l’esclamazione di Forte (ritornato ad essere, dopo i trascorsi del passato, anche personaggio televisivo locale, non ultima l’apparizione su Lira/Tv dell’11 maggio 2022) è arrivata dopo che il Consiglio di Stato ha bocciato la richiesta di sospensiva dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale) avanzata dal Comitato Salute e Vita (presieduto da Lorenzo Forte), con la fissazione per il 22 settembre 2022 dell’udienza per la discussione nel merito.
Il mio intento di oggi è cercare di spiegare per l’ennesima volta come in questo Bel Paese non si riesce a decidere definitivamente mai niente in quanto si riesce ad appellare tutto e il contrario di tutto; come per le Fonderie così per il Crescent è sufficiente un ricorso da parte di un’associazione (in Italia pullulano !!) per mettere in moto una serie infinita ed inarrestabile di spreco di denaro pubblico senza che alla fine, dopo le conclamate assoluzioni, sia possibile addebitare la benchè minima quota-spese a carico di chi ha prodotto l’avvio dell’inchiesta, il processo di 1°, l’ Appello, il Consiglio di Stato, il Tar, la Cassazione, e chi più be ha più ne metta; con il rischio immanente di ricominciare tutto daccapo al grido “Ma non è finita” … tanto paga sempre Pantalone.
Qualche filtro bisognerà pure innestarlo per limitare i danni (spreco di soldi e di tempo); non si tratta di limitazione della libertà, semmai di una giusta selezione della libertà, per non sfociare nel libertinaggio assoluto, tra le azioni pur meritevoli promosse dalla galassia delle associazioni; che è la causa principale della lentezza decisionale del nostro Paese che si evidenzia di più nei lavori pubblici, ma che è presente un po’ dovunque nel pubblico così come nel privato.
Diverso tempo fa ho scritto, in merito alle Fonderie Pisano, che la vicenda poteva essere paragonata ad una “telenovela” dal suggestivo titolo “Fine ricorsi … mai”.
Con l’enorme rischio connesso direttamente ad una Magistratura che, sullo stesso argomento, oggi decide in un modo e domani il contrario; quasi come se la giustizia, nel nome di una presunta autonomia e indipendenza, possa essere amministrata secondo il pensiero dei singoli magistrati e non secondo le regole scritte che questo Paese si è dato fin dai tempi antichi come “culla del diritto”.