da Angelo Giubileo
E’ almeno dall’anno 2014 che occorre registrare un’intensa fase di riorganizzazione degli schieramenti di forze e potenze, innanzitutto militari, che governano il cosiddetto “ordine mondiale”. Non è quindi vero che l’altrettanto cosiddetto “progresso civile” abbia portato a una diminuzione della possibilità o potenza del conflitto armato, che infatti è visibilmente cresciuta e rafforzatasi mediante lo sviluppo della tecnica e della potenza “nucleare”.
In Europa sembra che ne discutiamo soltanto oggi, perché la guerra è tornata su questo stesso territorio, in Ucraina, dopo circa trent’anni dagli eventi che hanno portato alla frantumazione dell’ex Jugoslavia, fino ad allora e ancor prima della caduta del muro di Berlino, filo-sovietica. Da allora, il tentativo di costruire la pace in Europa è stato affidato alla potenza della finanza internazionale. E così, in questi circa trent’anni abbiamo assistito alla formazione di un’organizzazione, che ha preso il nome di Unione europea, la quale è comunque cresciuta sotto l’ombrello militare della NATO.
L’assetto complessivo, di cui l’UE è stata ed è parte, ha retto su scala mondiale mediante un patto, prima che finanziario, necessariamente militare; patto stesso che oggi è messo in discussione. Da chi? Dai partners, ora in qualche modo ex partners internazionali, che evidentemente non lo trovano più, per se stessi, utile e soddisfacente. E allora si ritorna a discutere, anche in Europa, di nuovo in Europa, di guerra militare prima che di guerra commerciale. Niente di nuovo sotto il sole. Munno è stato e munno è.
Molti osservatori sostengono che in questi stessi anni l’Unione europea avrebbe perso l’occasione di rendersi autonoma, militarmente, dalla NATO. E tuttavia, ancor prima, occorrerebbe anche evidenziare come essa stessa non sia stata nemmeno capace di acquisire un’autonomia finanziaria e commerciale che si sia quindi rivelata stabile e duratura. Come peraltro dimostrano le ripetute crisi finanziarie succedutesi nel corso degli almeno ultimi quindici anni.
Il fallimento complessivo di codesta organizzazione – dell’UE dell’euro a 19 e dell’UE “allargata” a 27 membri – dovrebbe quindi convincerci che, in assenza di una forza o potenza autonoma valida ed efficiente, ciò che resta di questa stessa organizzazione o eventualmente di una nuova organizzazione che rinasca dalle proprie ceneri non può prescindere, almeno nell’attualità, dalla protezione dell’ombrello NATO. A meno che non si faccia il tifo, semplicemente e genericamente, per gli “altri”; quelli che trent’anni fa venivano identificati con i paesi del blocco sovietico e ora con la Cina.
Ma, nulla a che fare con la guerra, in ordine alla quale è sempre opportuno ricordare come nel mondo romano, che da oltre duemila anni ci appartiene, la guerra militare e commerciale sia prodromica alla pace: si vis pacem, para bellum. Non è detto che sarà sempre così, ma oggi è sempre così.