da Pietro Cusati
Quest’anno troveranno applicazione le riforme approvate dal Parlamento nel 2021 ,anche l’avvocatura è chiamata a svolgere in un ruolo centrale. La giustizia tempestiva è una condizione essenziale per il successo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza . La crisi della giustizia non provocata dall’emergenza sanitaria ma di fatto amplificata, è un problema che investe l’intera società e occorre il massimo impegno di tutti per affrontarlo e risolverlo senza pregiudizi e senza riserve. La straordinarietà dei tempi che viviamo richiede un grande sforzo che vede avvocati e magistrati, ferma l’autonomia e la specificità dei singoli ordinamenti, impegnati insieme, nella valorizzazione di una rinnovata Cultura ed Etica della Giurisdizione. Percorsi collaborativi e sinergici che preservino il tessuto formativo, garantista, valoriale e deontologico comune, ai fini del corretto, giusto, equo funzionamento dell’ordinamento giudiziario. La Presidente Masi ha sottolineato la necessità di un maggiore coinvolgimento del CNF nella stesura dei decreti attuativi delle riforme. I decreti, nell’ottica “riformista”, necessitano sia del punto di vista tecnico sia di una prospettiva di impatto sociale per conseguire gli obiettivi che la riforma ha inteso e intende perseguire. Se il coinvolgimento dell’avvocatura nell’organizzazione della giustizia è stato ed è una nostra preoccupazione costante, la nostra esigenza primaria è stata ed è garantire l’effettività della difesa a garanzia della tutela dei diritti.L’avvocatura ha sempre affermato e invocato l’equilibrato bilanciamento della celerità dei processi con la salvaguardia delle garanzie per le parti. Giusto processo e Giustizia accessibile ,processo civile, penale e tributario la cui attuazione continueremo a seguire ribadendo la necessità di maggiori sforzi per adeguare gli organici e implementare le risorse.Oggi però l’Avvocatura chiede con particolare urgenza che siano revocate o almeno ridimensionate le misure emergenziali, adottate in un contesto, fortunatamente molto diverso a quello attuale.Nel civile, contenere, eventualmente, la modalità della trattazione scritta solo nelle ipotesi già contemplate nel progetto di riforma, nel penale, superare il limite delle giornaliere trattazioni tabellari, rimodulare la calendarizzazione delle udienze e degli orari e soprattutto garantire il libero accesso alle cancellerie.
L’avvocatura non perde occasione per segnalare, evidenziarne le criticità non solo nell’esercizio del singolo mandato ma soprattutto nell’assolvimento del ruolo sociale. Anche per questo, il CNF ha ritenuto doveroso rinnovare il protocollo d’intesa con il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.
Ne è un esempio l’idea di promuovere una legislazione ispirata a una visione “ecocentrica”. L’avvocatura è sempre presente e pronta ad affiancare chi ha bisogno di tutela, oltre il dato formale dell’incarico, oltre il dato non trascurabile dell’aspetto solidale.
Quest’anno ricorre un anniversario importante per la nostra comunità: gli ottant’anni del codice civile, quello che la dottrina comparatista è solita identificare con la categoria del fare, a differenza della categoria dell’avere, attribuita al codice del 1865, e a quella dell’essere, propria della nostra Costituzione, che di fatto ne evidenziò, appena pochi anni dopo, la parziale inadeguatezza. Inadeguatezza che avrebbe successivamente provocato il più alto numero di leggi speciali, integrando ancora oggi, quel fenomeno di decodificazione e delegificazione che se, da un alto contribuisce a rendere più flebile la certezza del diritto, dall’altro contribuisce ad opporre resistenza ai tentativi non sempre giustificabili, di indebolimento del nostro civil law.Non è un caso che si celebri in un bellissimo museo, certamente custode per tradizione di valori antichi, quali la cultura, ma in chiave moderna, quella che rende in maniera immediatamente percepibile la bellezza del cambiamento necessario.Il concetto di bellezza non può e non deve considerarsi estraneo alla giustizia come il concetto di cambiamento necessario non può più essere ignorato dall’avvocatura.La sfida dell’avvocatura per i mesi, gli anni a venire è quella di ritrovarsi e di riconoscersi, con rinnovata consapevolezza del suo essere custode e garante dei diritti dentro e fuori la giurisdizione, su principi che sono e restano baluardi della funzione, essenzialmente pubblicistica, tesa a realizzare un interesse generale e sociale anche quando realizza l’interesse di un singolo. Principi che possono o meglio devono rappresentare il patrimonio comune e il comune denominatore degli iscritti anche quando a differenziarli è l’attività.Chi ha l’onore e l’onere di rappresentare oggi l’avvocatura ha una grande responsabilità che è quella di promuovere e indirizzare il cambiamento possibile, contribuire a ridefinire l’identità rispetto alle mutate esigenze di una società profondamente cambiata che ha cambiato profondamente il diritto, senza correre il rischio di smarrirne l’essenza e la natura.
Dovrà impegnarsi a salvaguardarne l’etica, riscrivendo parte della deontologia, al fine di ridefinire condizioni, limiti, facoltà del suo operare, sia in materia giudiziale che in quella stragiudiziale.Sarà anche per questo necessario intervenire sulla legge dell’ordinamento professionale ma con l’attenzione e la cura che si deve per garantire alla funzione, comunque e sempre, libertà e indipendenza.Garanzie che non sono incompatibili in maniera assoluta con nuovi e possibili profili professionali, configurabili anche alla luce di normative di recente approvazione: avvocato negoziatore, compositore, mediatore, curatore del minore, consulente, ovvero specializzato in uno o più settori dello scibile giuridico.L’avvocatura, nonostante le rassicurazioni sul fatto che sia già contemplata per essa la medesima prerogativa attribuita alla magistratura, ritiene che sia maturo il tempo perché sia esplicitato con chiarezza quali siano i soggetti ai quali la legge demanda la difesa, ritiene sia maturo il tempo per definire, razionalmente ed oggettivamente, quel “percorso comune” di magistrati e avvocati del quale parliamo da anni, e rimasto sulla carta, nell’ottica di favorire una comune cultura della giurisdizione e in linea con quanto già proposto sia in sede di revisione dei percorsi universitari, sia in sede di proposta di riforma dell’accesso alla magistratura. Un’omogenea formazione degli attori del sistema giustizia, ancora e maggiormente convinti della giustezza della causa, ancora una volta a esclusivo favore della Giustizia.