da Pietro Cusati
Presentato al Senato il testo della proposta di legge, promossa dal movimento radicale e dalla Fondazione Enzo Tortora, rappresentata da Francesca Scopelliti, per l’istituzione della Giornata Nazionale per le vittime degli errori giudiziari. Un’iniziativa alla quale l’Unione delle Camere Penali ha sostenuto con impegno, auspicando che in uno Stato liberale e di diritto il ricordo delle vittime di errore giudiziario diventi un monito per il futuro e non solo una giornata celebrativa. È stata scelta la data del 17 giugno, che nel 1983 vide l’arresto di Enzo Tortora, la cui vicenda processuale è divenuta il simbolo delle battaglie contro la malagiustizia, l’auspicio, in linea con gli obiettivi da sempre perseguiti su più fronti da UCPI, è che l’istituzione della Giornata Nazionale per le vittime degli errori giudiziari possa avere realmente il fine di sensibilizzare gli operatori del diritto ma anche l’opinione pubblica e le giovani generazioni, affinché si possa costruire una memoria storica funzionale alla difesa di valori quali la libertà, la dignità personale, il giusto processo e la presunzione di innocenza, principi imprescindibili e irrinunciabili per garantire la riduzione degli errori giudiziari. Giorgio Bocca ,giornalista e scrittore definì il caso Tortora :”il più grande esempio di macelleria giudiziaria all’ingrosso del nostro Paese”.Marco Pannella e i radicali elessero Enzo Tortora simbolo della giustizia ingiusta e lo fecero eleggere euro-deputato a Strasburgo. Non fosse stato per i suoi avvocati, Raffaele Della Valle e il professor Alberto Dall’Ora, che si batterono per lui con una vicinanza e un ardore ben al di là del dovere professionale.Melluso fu l’unico a chiedere perdono ai familiari di Tortora, in un’intervista all’Espresso del 2010: “Lui non c’entrava nulla, di nulla, di nulla. L’ho distrutto a malincuore, dicendo che gli passavo pacchetti di droga, ma era l’unica via per salvarmi la pelle. Ora mi inginocchio davanti alle figlie”. Enzo Tortora ripeteva “Io non sono innocente. Io sono estraneo”.Tortora volle farsi cremare insieme ai suoi occhiali, quelli che gli servivano per leggere e che perdeva di continuo, e a una copia della Storia della colonna infame del Manzoni, con la prefazione di Leonardo Sciascia, di cui era amico. Era andato a trovarlo pochi giorni prima della morte. Ne scrisse subito dopo sul Corriere della sera, confidando parte di quello che Tortora gli aveva detto: speriamo che il mio sacrificio sia servito a questo Paese, e che la mia non sia un’illusione.