da Dr. Alberto Di Muria
Padula-La sicurezza dei farmaci impiegati nella terapia sui bambini è una problematica sempre più presente nella letteratura internazionale, sia perché i dati sono spesso insufficienti, dal momento che la fascia pediatrica è spesso esclusa dai lavori clinici, sia perché la mancanza di effetti collaterali dei farmaci impiegati negli adulti non significa che essi non possano manifestarsi in età pediatrica. Si è osservato che le reazioni avverse ai farmaci nei bambini possono avere effetti relativamente più severi rispetto agli adulti, provocando spesso prolungate ospedalizzazioni, col rischio dell’insorgere di invalidità.
Recentemente due studi internazionali hanno riportato in primo piano l’argomento. Il primo è uno studio osservazionale, condotto in India, nel quale, per un semestre, tutti i bambini di età inferiore ai 12 anni ricoverati in ospedale sono stati monitorati per il verificarsi di ogni tipo di effetto avverso ai farmaci. Alla fine del periodo di studio sono stati rilevati 30 casi di bambini che hanno sviluppato reazioni avverse ai farmaci.
Per quanto riguarda i farmaci, quelli che hanno indotto più effetti collaterali indesiderati sono stati gli antibiotici, seguiti dai farmaci del sistema nervoso, del sistema cardiovascolare, del sistema gastrointestinale.
Le reazioni avverse comunemente riportate sono state: rush e orticaria, shock anafilattico, febbre, vomito, brividi e rigidità, sindrome di Steven-Johnson, che è una reazione eritematosa acuta, grave, che coinvolge pelle e mucose. Lo studio, quindi, evidenzia come sia importante valutare attentamente le possibili reazioni avverse nei bambini, che possono comparire anche con farmaci ormai molto noti ed usatissimi.
L’altro studio, pubblicato su Paediatric Drugs, ha valutato un aspetto diverso del problema: la comparsa nei bambini di reazioni avverse ai farmaci del tutto inattese e particolari, per cui difficilmente ascrivibili ad essi in prima istanza. Parte da un caso particolare: un giovane adolescente di dodici anni che, sottoposto ad un trattamento cronico per allergia stagionale ed asma da sforzo, comincia a mostrare cambiamenti del tono dell’umore, fino a manifestare idee suicide. Trattato con antidepressivi, il ragazzo migliorò ma poco.
Due mesi dopo, però, la Food and Drug Administration, l’Ente americano che vigila sui farmaci, lanciò un’allerta circa la possibile associazione tra distimie e tendenza al suicidio e l’uso del montelukast, proprio il farmaco antiasmatico che era stato prescritto al nostro giovane. E infatti, sostituito il farmaco alla ripresa, in autunno, della terapia antiallergica ed antiasmatica, le crisi di ansia, depressione e pensieri di suicidio non si presentarono più. Questo evidenzia come sia importante segnalare ogni possibile reazione avversa, anche incomprensibile.