scritto da Luigi Gravagnuolo il 16 Febbraio 2022 per “Gente e Territorio”
Tra il XVII ed il XVIII secolo Pietro I il Grande e Caterina II tentarono, attraverso ripetute campagne militari, di estendere i territori russi verso occidente, in particolare nell’area baltica a nord e a sud verso la Crimea, che infine strapparono all’impero ottomano annettendola. Nel 1812 Napoleone tentò l’annessione dell’Europa orientale puntando addirittura su Mosca. Fu l’inizio della sua fine. Nel giugno del 1941, Hitler avviò la campagna di Russia contro l’Unione Sovietica, rompendo unilateralmente l’alleanza stipulata due anni prima tra Ribbentrop e Molotov, che includeva un patto di non aggressione reciproca. E anche per il Führer fu l’inizio della fine.
Sul piano militare finora il problema si è dimostrato irrisolvibile, eppure c’è qualcosa di profondo che spinge da oltre tre secoli l’Europa Occidentale e quella Orientale a costituire tra loro un’unica, immensa area economica e geopolitica. E c’è da altrettanto tempo una tenace resistenza all’annessione da parte delle popolazioni ‘di mezzo’.
E se Unione Europea e Russia trovassero un’intesa strategica, al momento fantapolitica? Proviamo a mettere insieme le materie prime di cui abbondano la Russia e tutto l’Est Europa, le terre fertili di Ucraina e Georgia, gli immensi giacimenti di competenze presenti nell’Europa Occidentale, la struttura industriale, la manodopera di alta qualificazione, la ricerca, la cultura ed un mercato potenziale di seicento milioni di persone. La costituzione di un unico spazio geopolitico che vada dall’Atlantico al Pacifico ne farebbe di per sé la maggiore potenza del mondo. Ovvio che Stati Uniti e Cina stiano ben attenti ad ogni evoluzione che minacci di andare in tale direzione.
Lasciamo ora da parte la Cina e restiamo in Occidente. Il Regno Unito e, dal XX secolo, gli Stati Uniti hanno da sempre guardato con interesse alle nazioni ‘di mezzo’, offrendo loro protezione in cambio del mantenimento della loro funzione di spartiacque tra Ovest ed Est Europa. E volta per volta sono finanche intervenuti direttamente a fianco delle nazioni euroccidentali, quando la Russia è parsa vincente, oppure alla stessa Russia, quando lo sono state la Francia o la Germania.
Quanto sta accadendo in questi giorni tra Russia e Ucraina si inquadra dunque nell’onda lunga della storia europea. Ci sono poi le declinazioni attuali, della crisi, a proposito delle quali mi permetto di rinviare al bel pezzo di Francesca Carotenuto su queste pagine, sintetico e nel contempo esaustivo [Crisi-Ucraina: origini e implicazioni energetiche – Gente e Territorio].
Corrisponde dunque all’interesse ed alle aspirazioni dell’Unione Europea una solida cooperazione pacifica con i Paesi dell’Est europeo e con la stessa Russia. L’UE non trae alcun vantaggio da un clima di tensione e di conflitto con la Russia di Putin. Al contrario, ne trarrebbe molti da una sinergia con Mosca. Ma non ha le mani libere. Attraverso la NATO gli Stati Uniti vedono e sorvegliano su di noi, onde scongiurare la costituzione anche solo di un mero spazio economico paneuropeo che includa la Russia.
E così, interessati all’intesa con la Russia, ma impediti a muoversi in autonomia, i Paesi europei si stanno muovendo tra tentennamenti, ambiguità, disordinate iniziative diplomatiche finalizzate ad allentare la tensione. Qualche successo lo hanno anche ottenuto, ma possiamo dire che è stato un successo diplomatico della UE?
È il caso di chiedersi dove stia rintanato il ‘ministro degli esteri’ della UE e finanche chi egli sia. Per la cronaca si tratta dell’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, tale Josep Borrell, assente su tutta la linea. Apprendiamo ogni giorno che Macron ha preso un’iniziativa, Scholz un’altra, che Draghi si è mosso e che persino l’improbabile Luigi Di Maio sta facendo la sua parte; ma di una qualche intrapresa dell’Alto Rappresentante in quanto tale non ci arriva neanche un bisbiglio.
Si dirà che le iniziative dei singoli Stati membri sono coordinate tra loro e che Macron è pur sempre il Presidente di turno del Consiglio UE; la verità è che ogni nazione europea si sta muovendo per proprio conto, punto.
E’ presumibile che la guerra sul campo alla fine sarà scongiurata, ma occorre fare molta attenzione; la tensione è così alta che un qualsiasi incidente – magari un attentato compiuto da un qualche terrorista assoldato, nel Donbass, o a Kiev, o a Mosca – può provocare il passaggio alle armi. Non fu così a Sarajevo il 28 giugno del 1914?
Ora gli USA assicurano che risponderanno con sanzioni durissime se la Russia violerà i confini dell’Ucraina. Orbene, le sanzioni di cui parla Biden – il divieto di esportare in Russia prodotti che utilizzano la microelettronica, la chiusura dei rubinetti del gasdotto Nord Stream e il blocco dei lavori per il completamento del suo raddoppio, il Nord Stream 2 – a ben vedere nuocciono poco alla Russia, ma molto alla Germania, all’Italia e all’Europa occidentale tutta. Nel contempo giovano alla Cina, che ha un’occasione unica per stringere un’alleanza strategica con la Russia.