LA RIPARAZIONE PER INGIUSTA DETENZIONE

Pietro Cusati

Chi è stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere ed è stato poi,all’esito del procedimento penale,prosciolto con sentenza di assoluzione diventata irrevocabile,ha diritto a ricevere un equo risarcimento del danno subito. Stesso risarcimento spetta a chi ha patito ingiustamente carcerazione per effetto di un ordine di esecuzione erroneo o a chi ha subito custodia cautelare in carcere sulla base di un provvedimento emesso o mantenuto in mancanza delle condizioni richieste dalla legge,sia in caso di successiva assoluzione che di condanna. Inoltre,chi è stato licenziato dal posto di lavoro che occupava prima della custodia cautelare e per tale causa,ha diritto di essere reintegrato nel posto di lavoro se viene pronunciata in suo favore sentenza di assoluzione,di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero viene disposta l’archiviazione. La riparazione per ingiusta detenzione spetta anche al condannato. A condizione che la custodia cautelare sia di durata superiore alla pena. Lo hanno affermato le Sezioni unite penali della Corte Suprema di Cassazione con la sentenza depositata il 29 gennaio 2009,Presidente Gemelli,estensore Visconti. Nella normativa Italiana ,in sintonia con un principio consacrato quanto meno in molti Stati,la riparazione per l’ingiusta detenzione non ha una funzione di risarcimento del danno,che ,per la peculiarità della situazione,in taluni casi,come quello di una custodia cautelare particolarmente lunga subìta da persona non adusa all’ambiente carcerario e poi risultata innocente,sarebbe comunque non compensabile,stante il danno non strettamente patrimoniale,per questo motivo tanto meno facilmente risarcibile;ma piuttosto sia la giurisprudenza che la dottrina l’hanno inquadrata in una obbligazione di diritto pubblico che lo Stato assume verso colui che ha sofferto l’ingiusta detenzione; e quindi non per risarcire il danno ,ma per indennizzarlo della carcerazione o comunque dell’arresto che non avrebbe dovuto subire,pur versandosi in responsabilità per un atto lecito dello Stato. Ne consegue che,pur affermandosi ‘’in linea di principio ’’ che il  diritto dell’innocente sia da valutare in maniera privilegiata rispetto al diritto del colpevole,tale soluzione non ha carattere assoluto; e spetta al Giudice di merito considerare la peculiarità della specifica situazione. Infine va ricordato che il ricorso deve essere presentato ,a pena di inammissibilità,entro due anni dal giorno in cui la sentenza di assoluzione o di condanna è diventata definitiva, alla Corte di Appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza.

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