Morte sul lavoro: un dramma inaccettabile che imperversa

 

Porf. Nicola Femminella (scrittore)

 

prof. Nicola Feminella

Un male oscuro imperversa sul nostro Paese, diffondendo dolore e pene, che straziano il cuore di tutti coloro che ne vengono a conoscenza. Non c’è giorno che i mezzi di informazione non rechino la notizia di gravi incidenti sul lavoro, con vittime uscite da casa di buon mattino, per occupare il proprio posto di lavoro e procurarsi di che vivere, per sé e la propria famiglia. È ormai un flagello, per il quale pare non ci sia rimedio salvifico. Ha assunto l’impeto di un accadimento inevitabile, generato da un fato sconosciuto, che impietoso miete le proprie vittime. Ormai se ne fa, di ciascun caso, l’annuncio quotidiano con qualche venatura emotiva, ma il bollettino rimane freddo e puntuale a cambiare al rialzo i numeri col passare dei giorni, facendoli avanzare, per rappresentare l’incombenza soffocante del dramma devastante. In molti casi la notizia non fornisce le cause degli incidenti, ma solo un laconico comunicato in calce alla fatto luttuoso accaduto “sono in corso le indagini per…“ Perché talune sono inspiegabili. Finora non sono comparse sull’orizzonte sociale gli interventi giusti, per ammansire e porre riparo ad un fenomeno, che ormai dilaga su tutto il territorio nazionale, spandendo disperazione e giorni cupi sulle famiglie colpite dall’evento tragico. I commenti nei dibattiti televisivi ripetono inviti alla prudenza ed elencano rimedi da prendere, che si esauriscono per lo più nella denuncia accalorata e in uno sterile verbalismo.  Si dice da più parti che è tassativo curare al massimo grado il sistema e le condizioni di sicurezza in cui operano gli addetti ai lavori. È necessario aggiornare e potenziare l’efficienza delle misure di salvaguardia di chi svolge compiti lavorativi in ogni tipo di ambiente e per qualsiasi mansione. Sui cantieri, nelle fabbriche e laboratori, nei campi, sul mare, sui mezzi di trasporto. Si invoca la massima allerta da parte di chi deve verificare le condizioni di lavoro, in ogni suo segmento e aspetto, prevedendo tempestivamente e senza indugio qualsiasi segnale di criticità e di pericolo. Molti aggiungono che si devono formare al massimo grado chi deve svolgere tale funzione di controllo. Come pure l’avvio al lavoro deve prevedere un’azione minima, preliminare di formazione e informazione: è indispensabile che l’occupato conosca non solo il mansionario del lavoro richiesto, ma anche, a corredo, ragguagli di primo livello a riguardo del contesto, in cui l’occupato compie la propria prestazione lavorativa, e a quello dei pericoli che in esso si celano.  Ciò per prevenire gli imprevisti, specie quelli ricorrenti e più supponibili, rispetto al compito specifico svolto. Altri dicono che è da eliminare sul lavoro una scarsa attenzione dei lavoratori alle azioni di cui sono responsabili. Altri ancora le tensioni e le incertezze, che spesso si creano per un impiego non stabilizzato, ma alquanto precario. In effetti, tutti i contratti a termine, che oggi sono alquanto diffusi nel mondo del lavoro, non contribuiscono a che i lavoratori possano svolgere con serenità i compiti assegnati, specie quelli che contengono qualche elemento di pericolo. Sapendo che la paga del mese, che sta per finire, verrà a mancare nel mese successivo per il non rinnovo dell’impiego, inevitabilmente l’interessato patisce una circostanza sofferta e uno stato di frustrazione, che condizionano negativamente la prestazione giornaliera. La soglia attentiva segna qualche debolezza, che l’incertezza del futuro rafforza. Oggi invece la tranquillità sul posto di lavoro spesso manca e i datori di lavoro sono preoccupati soprattutto dall’andamento del mercato e, perché no, dal profitto, che assume sempre più valore. Occorre rivedere l’incontro tra la proprietà e gli occupati. È un obiettivo prevalente quello di stabilire condizioni di comprensione ed empatia reciproca, di collaborazione, perché insieme possano far crescere l’azienda e possano superare le difficoltà, che non mancano nel mercato soggetto alle concorrenze furiose e sagomate spesso dalla dimensione globale. Una considerazione aggiuntiva riguarda l’universo del mercato nero, dove la precarietà dell’assunzione e del licenziamento senza alcuna tutela, si unisce a quella delle condizioni di lavoro, combinando una miscela di pericoli, causa di numerosi decessi. Ormai non è più possibile accettare i numeri degli incidenti sul lavoro. Dall’inizio dell’anno e fino al 31 agosto   sono state 772 le vittime accertate dall’INAIL sui posti di lavoro, a fronte di 349.449 infortuni denunciati presso gli uffici dell’ente (8,5 in più rispetto al 2020, nonostante il Covid 19 abbia ridotto il numero degli occupati).  Si prevede che saranno oltre mille i morti per la fine dell’anno. Molto di più se vengono conteggiati i lavoratori sommersi, i clandestini e tutti gli occupati di categorie che non rientrano nella gestione condotta dall’INAIL. Talvolta nel bollettino sono comparsi anche persone anziane, presumibilmente con una pensione non sufficiente a sbarcare il lunario e a soddisfare le esigenze prime della famiglia. È noto che nella tarda età le forze e i recuperi reattivi ad una situazione di emergenza subiscono qualche limite, per cui uno stato di pericolo improvviso sul campo di lavoro crea una condizione  che non può essere affrontata nel modo migliore. La problematica, che richiede provvedimenti complessi, esige una unità di intenti tra le parti interessate, chiamate a compiere uno sforzo unitario: i lavoratori tra i quali si contano le vittime, i datori di lavoro che devono garantire la sicurezza nella propria azienda, gli ispettori del lavoro rigorosi e attenti al rispetto delle norme, le forze di polizia pronte a intervenire, i sindacati a porre in risalto il bisogno di cambiamenti necessari, il legislatore politico che deve introdurre leggi e normative necessarie. Insieme devono valutare gli incidenti, raccogliere ed elaborare dati e notizie utili, per studiare e individuare i giusti rimedi, quelli più efficaci, perché questa carneficina abbia a essere limitata, se non risolta.

 

 

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