Aldo Bianchini
SALERNO – Qualche anno fa, credo nel 2006, alla chiusura della campagna elettorale amministrativa in Piazza Portanova un fan espose uno striscione che subito entrò nella storia: “Vicienz m’è pate a me”; quel povero cristo cercò di ingraziarsi la benevolenza dell’allora sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, che si apprestava a sconfiggere l’antagonista Alfonso Andria ed ebbe, però, la forza civica di metterci la faccia in prima persona in una platea di cortigiani tutti pronti a ridicolizzarlo e ad impedirgli di avvicinarsi al sole.
In questi giorni abbiamo assistito, in diretta social, alla pesante violazione del segreto istruttorio per colpa di un meschino e sciacallo individuo (chiunque esso sia) che non solo non ci ha messo la faccia ma in maniera subdola ha prima violato la legge e poi ha passato sottobanco la notizia ad un giornalista (Massimo Giletti) che nella foga rancorosa del suo veleno contro De Luca ha sparato la notizia della notifica dell’avviso di garanzia al governatore nel palazzo del Genio Civile di Salerno.
Solo ammettendo che il tutto sia avvenuto nel segno di un disegno divino potremmo giustificare l’anonimo omuncolo paragonandolo allo storico Giuda che vendette Gesù per 30 denari; atteso, però, che non è un disegno divino perché De Luca non è Gesù non posso esimermi dall’affermare che il vigliacco andrebbe dilapidato (come facevano al tempo di Gesù) o almeno impalato in pubblica piazza per l’abominevole atto commesso, he badate bene non è stato fatto ai fini di giustizia ma soltanto per sostituire un potere con un altro potere, semmai vicino a lui. E lo dico nella certezza che l’omuncolo rimarrà sepolto sotto la cenere e che per non uscire allo scoperto non potrà querelarmi. Ed anche perché quando si tratta di “violazione del segreto istruttorio” le Procure della Repubblica d’Italia eccellono (si fa per dire !!) nella scoperta dei malfattori.
Come avete potuto constatare, per quanto riguarda l’avviso di garanzia notificato al governatore De Luca sto concentrando la mia attenzione più sulla violenza dei vigliacchi che sul contenuto in se della notifica, per il quale contenuto bisogna aspettare ulteriori momenti giudiziari per meglio giudicare.
In un recente approfondimento firmato su questo giornale l’avv. Giovanni Falci in merito alla valutazione che bisogna dare ad un avviso di garanzia ha critto: “La impersonalità dell’avviso di garanzia nel senso che ogni informazione inerente alle attività della Procura della Repubblica deve essere fornita attribuendola in modo impersonale all’ufficio ed escludendo ogni riferimento ai magistrati assegnatari del procedimento” (decreto legislativo 106 del 2006, articolo 5 comma)”.
Da semplice cittadino interpreto la norma in modo restrittivo per dire che quella “impersonalità” non può mai essere rappresentata da quel foglietto di carta che consente la continuazione di una indagine e che Giletti sventolava in maniera artificiosa prefigurando enormi sfracelli. Speriamo di non scoprire mai che l’avviso di garanzia gli sia stato notificato in seguito all’eco mediatica della trasmissione di Giletti con lo sventolio di quel foglietto che tutti conoscevamo da tempo; sarebbe molto grave per la magistratura, per noi, e per la giustizia.
E tutto questo lo scrivo perché “Vicienz m’è par a me”, nel senso letterale che a lui proprio perché governatore e non essendo Gesù non bisogna assolutamente riservare percorsi privilegiati, ma non bisogna neppure “vigliaccamente” consentire che un giornalista (anche di fama nazionale) possa trasformare questo mestiere in una sorta di riedizione di film come “Gli intoccabili” e/o la “Sfida all’OK Corral” nell’ottica, forse, di una insana rivendicazione personale.
Vincenzo De Luca, lo ripeto a scanso di equivoci, non è né il bene e né il male, ma non è neppure Al Capone o lo sceriffo Wyatt, per questo anche lui ha diritto alla “presunzione di innocenza” fino alla fine ed al rispetto di tutte le garanzie previste dalla legge. Anche se è stato, è, e rimane un uomo di potere.