Bahrain: il punto della situazione a un anno dallo scoppio delle proteste

Maria Chiara Rizzo

E’ stato ricordato con una nuova escalation di violenze l’anniversario delle rivolte della “Primavera araba” nel piccolo stato del Bahrain, scoppiate il 14 febbraio dell’anno scorso. A un anno dall’inizio delle proteste nulla è cambiato. All’alba della giornata di ieri molti manifestanti si sono radunati per raggiungere la rotonda della Perla, simbolo della “primavera bahreiniana”, ma subito sono stati bloccati dalla polizia che, ricorrendo all’uso della forza, ha disperso centinaia di protestanti.Un anno fa Il re del Bahrain, Haman Bin Isa Al Khalifa, in carica dal 1971 e sostenuto dalla monarchia saudita, ha lamentato una cospirazione alimentata dagli sciiti con lo scopo di insidiare gli equilibri nel Golfo. La maggioranza della popolazione sciita manifesta il proprio dissenso contro la famiglia reale e denuncia le discriminazioni perpetrate dalla dinastia sunnita, alla guida del Paese da 200 anni. Da Manama si fanno largo accuse contro Iran e Hezbollah che, secondo il governo del Paese del Golfo, hanno supportato i loro correligionari a ribellarsi, in modo tale da favorire Teheran a rafforzare il suo ruolo nella regione. Non sarebbe la prima volta che la mano invisibile dell’Iran cerca di farsi strada contribuendo a creare squilibri interni, ma è evidente che a manifestare sono i cittadini e le associazioni per i diritti umani che rivendicano maggiori diritti per la società civile. La Repubblica islamica non potrebbe che beneficiare di un nuovo assetto in Medio Oriente in cui forze sciite filo-iraniane al potere cambierebbero politiche estere degli Stati arabi, compromettendo le relazioni diplomatiche e commerciali con Europa e Stati Uniti. D’altro canto il piccolo stato del Golfo ha una posizione strategica dal punto di vista geopolitico, attirando fortemente gli interessi di Arabia Saudita e Usa, schierati in prima linea con l’Iran, da cui riceve forti pressioni, oltre che massicci aiuti finanziari e non. La monarchia saudita si è vista fortemente minacciata da un possibile aumento dell’autorità iraniana nell’area, ma fino ad ora mantiene la sua sfera di influenza. Le proteste dei rivoltosi nel Regno sono state soffocate sul nascere, grazie all’intervento di truppe inviate dall’Arabia Saudita in supporto al vicino Bahrain. Un ribaltamento del potere nel piccolo stato del Golfo porterebbe inevitabili conseguenze in Arabia Saudita. Le aree sciite di quest’ultima, dove si concentra quasi tutto il petrolio del Paese, sono molte vicine al Bahrein, in cui, tra l’altro, opera la compagnia petrolifera saudita Aramco. Non in ultimo per ragioni di importanza, un cambiamento al vertice nella monarchia sunnita minoritaria potrebbe compromettere la presenza della quinta flotta USA nelle acque del Regno. Dall’inizio delle proteste in Bahrain, gli Stati Unito hanno inviato 53 milioni di dollari in armamenti anti sommossa al re del piccolo stato.

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