A me piaccion le Boldrine.

 

 

da Antonio Cortese (giornalista)

On. Laura Boldrini

Le canzoni goliardiche degli anni di piombo degli Skiantos o dei Modena City Ramblers, dalle biondine agli inni ego-politici, di protesta o anarchia alla moda punk inglese, sfiorano l’attualità cantata dai Maneskin, anche se gli ortodossi come Red Ronnie griderebbero all’eresia del paragone. I paragoni artistici di questa settimana hanno esaltato e criticato la nuova opera bronzea di Sapri e la prima a scandalizzarsi sui media con un qualunquismo che non è da lei, è stata la politica Boldrini. O di piombo, o di marmo o di bronzo, un tipo di arte contemporanea in stile semplice, ingenuamente classico o neoliberty non avrebbe dovuto turbare proprio colei che difese le scelte di stile degli architetti autori delle vele di Secondigliano: ne difese l’onestà e originalità intellettuale opponendosi al grigiore dell’edilizia nostrana definendola di impronta fascista. Le Vele, o come le si vuole definire infatti, le possiamo oggi ammirare nelle cartoline virtuali di mezzo mondo, da Shangai a Pechino, dalle città australiane o di altri paesi emergenti, e tutti ad applaudire. Laura Boldrini in quella occasione di difesa a spada tratta fu però bersagliata da coloro che volevano a tutti i costi abbattere i “mostri” come avvenne in quei giorni del 2018. Rassegnatasi, forse si sarà arresa col tempo e si sarà allineata a modi di pensare consueti e improvvisi senza contare fino a dieci. Costruzioni che divergano dallo scatolame edilizio solitamente in Italia, vengono intese come grandi opere e progetti inseriti in contesti e quartieri da riqualificare. In quel caso avendo messo le foglie senza i rami, donarono gli appartamenti ai più disagiati che trasformarono le Vele in panni sporchi “spasi” al vento; quando sarebbero dovute e  potute divenire invece un nuovo quartiere Eur come a Roma cinquanta anni fa.  Se non piace il suo partito politico è un’altra cosa, anche se molti suoi stimatori o votanti siano dello stesso golfo di Policastro, ma comunque resta che questa esternazione è il  segnale di crisi di un Partito Democratico senza più timone né idee.

 

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