Aldo Bianchini
SALERNO – “La giustizia è sempre giustizia, anche se è fatta sempre in ritardo e, alla fine, è fatta solo per sbaglio” (George Bernard Shaw).
Quando si parla di giustizia, quella amministrata dagli uomini, bisognerebbe sempre tener presente la massima sopra citata, perché nella sua semplicità letterale è anche complessa e significativa in quanto in essa si rispecchiano moltissimi casi di buona e di mala giustizia.
Partendo da questa non filosofica riflessione mi viene subito spontaneo da dire che per la vicenda giudiziaria che ha coinvolto il dr. Enrico Coscioni (primario di cardiochirurgia a Salerno, già consigliere personale del governatore De Luca per la sanità e presidente di Agenas, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari e regionali) è stata comunque fatta giustizia, in ritardo, per sbaglio e sbagliata. Nel senso di non credibile fino al 100%, la giustizia quando presenta decisioni così controverse come nella fattispecie in esame non è credibile e se non è credibile è mala giustizia.
Nelle ultime ore il caso planetario della trattativa Stato-Mafia con l’assoluzione in appello di Marcello Dell’Utri ne è la dimostrazione più plastica, se ancora ce ne fosse stato bisogno.
Ma veniamo alla notizia giornalistica: “”La Corte di Appello di Napoli ha condannato Enrico Coscioni a due anni di reclusione (pena sospesa) per violenza privata tentata e continuata, aggravata dall’abuso di potere. É stata ribaltata in toto la sentenza di primo grado del 2018 che aveva pienamente assolto il cardiochirurgo con la formula <il fatto non sussiste> … la riqualificazione del reato in tentata violenza privata che è stato riconosciuto sussistente dai giudici di secondo grado (presidente Grassi della seconda sezione) ha consentito la condanna””.
Per chi, poco poco, ragiona, la prima enorme considerazione da fare, blandendo i sofismi e le ingarbugliate e filosofiche narrazioni, è questa: “Come fa un reato che non esiste a riassumere una precisa collocazione da codice penale ed all’improvviso, per una serie arzigogolata di visioni paranoiche e filosofiche, diventare esistente”.
Se qualcuno riesce a spiegare questo dilemma, senza ricorrere a narrazioni da giuristi filosofi, mi convincerò che anche in questo Paese c’è una giustizia giusta e capace di capire che dietro ogni fascicolo giudiziario c’è un uomo di oggi e non un filosofo dell’antica Grecia.
Il grande Giulio Andreotti diceva spesso che “a pensar male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca”; come si fa a non pensare che “la riqualificazione del reato” adottata per Coscioni non sia stata pensata per condannarlo e, quindi, non per fare giustizia ?
Mi sento, quindi, in dovere di augurare al dr. Enrico Coscioni una rapida sentenza della Cassazione che cancelli un vergognoso esercizio di presunta giustizia.
Non posso chiudere senza una conclusiva riflessione; se è giusto condannare Coscioni dovrebbe essere anche giusto mettere in discussione l’operato di quelli che l’hanno assolto. E mi fermo qui.