dr. Stefano Antonello Aumenta
(Presidente Pro Loco Sassano)
VALLO di DIANO – So che questa notizia lascerà tutti molto perplessi, ma, cercherò, di illustrare da dove ho tratto questa mia convinzione.
Andiamo un po’ indietro nel tempo. Nel 1973 Marlon Brando vince l’Oscar. La sera in cui vi fu la cerimonia della consegna dell’ambita statuetta il 27 marzo, Marlon Brando non partecipò.
L’attore ritenne che non partecipare, rifiutare il premio e comunicare all’Academy Awards e alla stampa la motivazione del suo gesto, non era abbastanza. Occorreva un gesto più eclatante per suscitare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale circa il trattamento inflitto ai nativi americani e alle minoranze in generale, da quel potentissimo strumento che è l’industria cinematografica, che ha influenzato sia la cultura sia la politica statunitense e mondiale, riscrivendo di fatto la Storia.
A questo punto, Marlon Brando chiese ad una donna, di presenziare alla cerimonia, al suo posto e di utilizzare quei momenti sul palco per denunciare quanto accaduto dopo che l’America venne invasa dai coloni di provenienza europea a partire dal XV secolo. La scelta cadde su Sacheen Littlefeather, al secolo Marie Louise Cruz, attrice, attivista per i diritti civili e presidente del National Native American Affirmative Image Committee.
La giovane donna fece la sua accusa con fermezza ed in maniera chiara.
Fu cosi brava che quando scese dal palco la sicurezza dovette trattenere a forza Johm Wayne che, non riuscendo a malmenarla, la riempì di improperi.
Detto ciò, mi ha fatto riflettere la circostanza che Marlon Brando vinse l’Oscar nel 1973 proprio con il film “Il Padrino” di Francis Ford Coppola. Un film che ha fatto diventare, secondo una superficiale e diffusa cultura, tutti i siciliani e tutti i meridionali in generale come i diretti discendenti di Vito Corleone, inventori, di fatto, di tutte le mafie e di tutte le camorre come “Gomorra” ha recentemente ribadito sul piccolo schermo.
Tutto questo riscrive il reale accadimento dei fatti e della realtà.
In una sorta di ragionamento che va sempre più in profondità, illustro nei pochi paragrafi che seguono quello che accomuna la popolazione del Vallo di Diano e le popolazioni autoctone dell’America del Nord.
Come per gli indiani, anche noi, abbiamo subito nel tempo scorrerie da parte di vari poteri forti. Le ultime testimonianze di impegno concreto risalgono alla creazione di un bellissimo complesso sportivo che incapacità hanno reso per davvero una “cattedrale nel deserto”.
Con il passare degli anni tutte le ricchezze di un territorio sono state portate altrove, nel nostro caso si parla di eccellenze mediche, per non parlare di carceri, ferrovia e tribunali e servizi importanti. A noi vallesi c’è andata ancora peggio degli indiani, hanno “prelevato” le nostre migliori energie fatte di giovani e preparati professionisti che hanno il permesso di ritornare nelle loro terre, solo a Natale e Pasqua, per rivedere i loro genitori anziani.
Come gli indiani anche a noi è stata fatta passare come un premio la costruzione dell’autostrada nei nostri territori, come se ciò non fosse un nostro diritto, pagando regolarmente gli esosi e dovuti tributi.
La strategia di conquista è stata la stessa che successe nel vecchio West.
Per evitare, infatti, le giuste rivendicazioni i poteri forti hanno contattato i capi popolo ed in cambio di poche perline, prebende e indennità varie, si sono fatti regalare tutte le loro terre, con tutto ciò che vi era sotto e sopra.
Infine, atteso che mi sono già dilungato troppo, arrivio subito alla fine.
Nel 1890 nella riserva settentrionale dei Lakota, Dakota del Sud, vi fu un assalto nel quale vennero uccisi più di trecento nativi, soprattutto donne, anziani e bambini, in quanto gli uomini in grado di lavorare erano stati portati altrove.
Tuttavia, già molto prima di questo evento erano già state eliminate le basi per la sussistenza sociale delle tribù delle Grandi Pianure, con lo sterminio quasi completo dei bisonti negli anni 1880, dovuto a una caccia indiscriminata.
Tutto ciò mi fa ricordare che anche nel nostro Vallo di Diano sia l’agricoltura, a mezzo di una legislazione falsamente garantista, che l’allevamento, grazie alle “quote latte”, sono state annientate. Il lavoro nelle imprese si fa sempre più difficile da trovare. I nostri politici sempre più “novelli tori seduti” sembrano non rendersene conto e ripetono la stessa frase che disse Rossella O’Hara alla fine del film “Via col Vento” :
“After all, tomorrow is another day”
E’ facile scaricare la colpa sempre sui politici definendoli “novelli tori seduti”…. qui nessuno è esente da colpe….anche chi scrive questi articoli avrà qualche scheletro nell’armadio…..
Caro Tommy Esposito,
io non sono un giornalista, quindi questo non è un articolo ma una mia riflessione.
Poi, io sono abituato a sottoscrivere i miei pensieri ed ad assumermi le mie responsabilità,
non come te Tommy Esposito.
Posso difendere quello che scrivo io, ma non come dici tu “quelli che scrivono questi articoli”, ignoro cosa scrivono gli altri e le loro motivazioni.
Certamente ho dato seguito a quelli che erano i miei valori, ma, le conseguenze non le ho recluse in un armadio.
Gentil uomini e gentil donne, me li hanno fatti, ingiustamente, pagare, uno ad uno.
Ma quella pena oggi è un mio vanto.
Sono disponibile ad affrontare la giustizia, qualora tu abbia elementi per farmi scontare le eventuali mie superficialità .
Se, invece, questo vuole essere un tentativo di intimidazione, come immagino, hai ancora commesso un altro errore, Tommy Esposito, ciò mi induce a continuare nella mia azione di denuncia.
Come avrai notato Tommy al tuo nome ho aggiunto un cognome : Esposito.
A Napoli,
nel secolo scorso,
povere ragazze costrette a prostituirsii, qualche volta avevano una gravidanza indesiderata.
Allora pur di non uccidere un innocente, lo lasciavano davanti ai portoni dei conventi.
Le Suore, per convenzione, davano a tutti quei pargoli il cognome Esposito.
Nella speranza di essere stato chiaro,
ciao Tommy Esposito,
senza rancore da parte mia,
Stefano Antonello Aumenta