CRESCENT: l’incredibile vicenda di un processo viziato in radice e, forse, anche di più !!

 

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Dal novembre 2013 al luglio 2021, quasi nove anni dagli avvisi di garanzia (l’indagine era nata addirittura nel 2011 e, per certi versi, anche prima), tanto è durato il lungo massacrante e interminabile calvario per ventidue rappresentanti delle istituzioni, della politica e dell’imprenditoria locale di un certo livello.

Alla fine, ore 15.45 del 23 luglio 2021 tutti assolti di nuovo a conferma della sentenza di primo grado pronunciata nel settembre 2018.

Assoluta parità di genere nei due giudizi fin qui celebrati: tutto al maschile il primo grado (presidente Vincenzo Siani, giudici a latere Antonio Cantillo ed Ennio Trivelli), tutto al femminile il giudizio di appello (presidente Patrizia Cappiello, giudici relatori Silvana Clemente e Mariella Ianniciello); sei giudici convinti dell’assoluta innocenza dei 22 imputati (Vincenzo De Luca, Lorenzo Criscuolo, Davide Pelosio, Matteo Basile, Anna Maria Affanni, Giovanni Villani, Eugenio Rainone, Eva Avossa, Gerardo Calabrese, Luca Cascone, Luciano Conforti, Domenico De Maio, Augusto De Pascale, Ermanno Guerra, Aniello Fiore, Vincenzo Maraio, Franco Picarone, Nicola Massimo Gentile, Bianca De Roberto e Rocco Chechile); e poi un’altra schiera infinita di giudici tra Tar, Riesame, Consiglio di Stato, Cassazione a sentenziare la legittimità, senza se e senza ma, dell’imponente costruzione denominata Crescent dal nome datogli dal mitico Ricardo Bofil che si è divertito a costruire la famigerata “mezzaluna” in tante altre città sparse per il mondo.

 

Soltanto due magistrati inquirenti, Guglielmo Valenti e Rocco Alfano, pur nella assoluta e  legittima autonomia e indipendenza della loro inchiesta e delle loro personali convinzioni, hanno continuato imperterriti a sostenere le loro accuse e le loro inchieste (da condanne durissime, fino al punto di ipotizzare addirittura la confisca del manufatto) ipotizzando la concreta esistenza di un “dominus” nella persona del governatore De Luca senza alcuna prova documentale e documentata, tranne ad inventare dal nulla il “reato linguistico” da alcune dichiarazioni del governatore la cui posizione in primo grado era risultata chiarissima: “L’istruttoria non ha consentito di acquisire elementi certi ed univoci dimostrativi del ruolo istigatorio di Vincenzo De Luca”, scrivono i giudici a sentenza.

Ed allora perché insistere fino all’inverosimile, fino a rendere poco credibile l’intera inchiesta, fino al punto da non capire che la pubblica accusa deve saper fare anche un passo indietro. Mi dispiace dirlo ma nel fatto c’è stata la testardaggine dei due PM che, almeno a mio sindacabile giudizio, sono apparsi fortemente appiattiti soltanto sulle posizioni e sulle accuse strumentali e politiche delle parti civili (Italia Nostra, No Crescent e Figli delle Chiancarelle) che, non a caso, il collegio di appello ha condannato alla rifusione delle spese legali del processo; aprendo di fatto un consolidamento della procedura risarcitoria (che aveva già avuto un’anteprima con il processo che aveva portato De Luca alla decadenza da sindaco) e sempre contro le stesse parti civili; le quali bontà loro dovranno cominciare ad attrezzarsi con una sostanziosa colletta.

Ma la cosa più assurda registrata in questo processo è l’accusa che, nel corso della contro requisitoria, i due PM hanno mosso contro l’intero mondo politico di aver compiuto scelte frettolose ed a tutto vantaggio dei privati. Un’ennesima prova dell’indefettibile vizietto di molti pubblici ministeri di voler entrare a tutti i costi nella “giustizia distributiva” invece di mantenersi scrupolosamente nel recinto di quella “commutativa”.

E nel merito bisogna dare atto all’avv. Antonio Cammarota (ora candidato a sindaco di Salerno) di averci messo la faccia nel dire che: “La Corte d’Appello è stata chiara, la legge si rispetta, così come le sentenze. Resta un vulnus di carattere politico e istituzionale. Una trasformazione così radicale del territorio necessitava di un coinvolgimento dei cittadini attraverso strumenti di partecipazione, quali un referendum. Lo proposi per quanto riguarda l’intervento di riqualificazione con la creazione di parcheggi nella zona di Piazza della Concordia e ancora di più era indispensabile per un’opera come il Crescent che ha cambiato la fisionomia della città. Mai più scelte urbanistiche senza l’avallo del consenso popolare”.

Ma Cammarota, oltre a fare l’avvocato fa il politico e di certo non fa il magistrato; ed è proprio alla politica che come diritto inalienabile spetta la decisione sul futuro urbanistico di una città; scelte che possono essere condivise o contrastate (a me il Crescent non piace !!) ma mai da   ricondurre in sede giudiziaria come un reato. E’ ovvio che alla fine ben sei giudici sono quasi stati costretti a sentenziare l’innocenza di ben 22 imputati ed a mandare in soffitta  i sogni di gloria dei PM, degli investigatori, delle parti civili; tutti hanno dimostrato un’ottusità gigantesca nel voler pervicacemente continuare ad accusare a testa bassa; come del resto continua a fare, anche dopo la sentenza di assoluzione in appello, Italia Nostra Onlus e il Comitato No Crescent, con un comunicato pubblico che davvero (sempre a mio sindacabile avviso) rasenta il paradosso non trovando alcun radicamento nella realtà.

Cosa dire, infine, dei CTU della Procura coautori della clamorosa sconfitta; ricordo a tutti che gli avvocati Giovanni Falci e Sergio Perongini (impegnati nel processo Crescent come difensori di Pelosio) posero in aula un serio e severo problema: “Se i PM hanno svolto la loro azione con professionalità, competenza e serenità (Perongini) come mai non si sono accorti che probabilmente i CTU veri perdenti del processo (Falci) li hanno tratti in un macroscopico errore ?”. Una inchiesta che l’avv. Cecchino Cacciatore ha definito “bulimica” e decisamente come “un attentato alle scelte politiche, roba da Orwell”.

Per il momento chiudo qui; nel prossimo articolo pubblicherò i messaggi inviatimi da un imputato e da un avvocato difensore; e ce ne sarà per tutti i gusti.

 

 

 

 

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