Prof. Nicola Femminella
Il 28 maggio c’è stato un convegno nella Certosa di Padula sul tema ‘Prospettive Turistiche delle Aree Interne dopo la pandemia“. L’occasione è risultata positiva anche per la presenza dell’assessore al turismo della Regione Campania, prof. Felice Casucci che, secondo me, mostra di avere nella giusta considerazione le aree interne a sud di Salerno. È sua la decisione di visitare i luoghi da valorizzare, lontani da Napoli. Lo fa per assumere informazioni utili, da vicino e sul campo, per disporre l’azione ed ogni provvedimento dell’assessorato di sua competenza, volti a potenziare l’offerta turistica nei comprensori a sud di Salerno, da inserire nei piani annuali che la Regione Campania predispone, per accrescere e stendere l’offerta turistica in tutta la regione. Ciò al fine di sviluppare – ha precisato – un settore che per il sud è di vitale importanza per la crescita dei territori, tanto più per le nostre zone che non offrono molte occasioni di reddito ai giovani che non sia quello improduttivo del salario garantito. L’agricoltura arretra e i settori dell’artigianato, del commercio, manifatturiero ed altri sono in forte ritardo.
L’occasione è valsa anche per costatare le attenzioni che il sindaco Imparato e l’assessore Chiappardo rivolgono alla Certosa. Si sono prodigati per restituire ai visitatori la Parte Bassa dell’illustre edificio che accresce il fascino delle residenza certosina e nello stesso tempo amplifica il richiamo che esercitano le preziosità del vasto edificio. La nostra Certosa, a parer mio, non ha ancora del tutto esposti al pubblico i tesori che essa cela nella vastità della sua volumetria. Gli studiosi di storia locale e i giovani ne facciano un laboratorio di studio e ricerca. Ritengo altresì azione coraggiosa e intelligente l’iniziativa che i due amministratori hanno posto sul campo, proponendo Padula come “Capitale della Cultura 2022”. È valsa a diffondere l’immagine del sito, patrimonio Unesco, e a farla conoscere a coloro che si spostano sedotti dalla Bellezza della nostra Italia. Quanto alla creazione della Fondazione Certosa (tesi Sindaco e assessore citati) o del Polo autonomo per Padula (proposta Pellegrino) ritengo che siano due aspirazioni da studiare e verificare con il Ministero dei Beni Culturali e le altre autorità competenti.
Fatto questo doveroso e sincero riconoscimento alle componenti politiche, che hanno nei loro interventi espresso i pareri più autorevoli per il ruolo che occupano, mi piace aggiungere qualche mia modesta riflessione su ciò che è mancato. Queste circostanze sono per lo più compresse nelle ore della mattinata o del pomeriggio, con i partecipanti costretti ad andare via veloci per i loro molteplici impegni. Io consiglio, invece, che per queste iniziative venga impiegata tutta la giornata, dividendola in due sezioni. La prima potrebbe contenere gli interventi dei rappresentanti politici delle istituzioni, per comunicare eventuali piani e programmi da promuovere e resoconti su quanto realizzato o in itinere; mentre la seconda sarebbe da destinare a un tavolo di lavoro al quale ammettere operatori direttamente coinvolti nei problemi da discutere o portatori di interessi specifici e coerenti con l’argomento oggetto del convegno. Intorno ad esso potrebbero sedere esperti di discipline varie, capaci di formulare proposte incisive e derivanti da una approfondita conoscenza dei contenuti. Si avrebbe così una discussione più partecipata e più approfondita con contributi di diversa estrazione. Oggi il metodo della multidisciplinarità è diffuso e riconosciuto come il più idoneo per compiere studi, analisi e formulare proposte in tutti i settori. Inoltre, risulterebbe utile per avere, al termine delle riunioni, indicazioni concrete sulle strade da intraprendere e le cose da fare. Mettere a confronto visioni diverse, ma dettate da competenze complementari, serve per individuare le soluzioni migliori ai problemi e rendono il dibattito utile e proficuo. È oggi da respingere un’azione politica a favore del territorio, rifuggendo da un confronto con coloro che vivono quotidianamente la realtà di cui si discute, accumulando database con dati strutturati, aggiornati e del tutti connessi ai bisogni posti sul tavolo di lavoro.
Ho sempre imparato molto ascoltando o leggendo le parole dell’ex direttore del Parco di Paestum, ora trasferito alla direzione del Parco archeologico di Pompei, G. J. Zuchetriegel, il quale, assumendo il nuovo incarico, ha ribadito un concetto utilizzato per Paestum: “Molto importante il coinvolgimento del territorio. È stato redatto il piano strategico della buffer zone e adesso si tratta di dare concretezza a questo piano e di portarlo avanti (:::) è una priorità. (…) ma anche interventi immateriali come poter far sentire il territorio parte di un progetto, parte del parco archeologico di Pompei a tutti gli effetti e comunicare, trasmettere questo messaggio di un patrimonio di tutti e che tutti possono in un modo o nell’altro partecipare”. (….) L’intervento prevede la valorizzazione del patrimonio culturale per la Buffer Zone di Pompei, con la quale si identifica il territorio composto da ben nove comuni adiacente al Parco Archeologico di Pompei (Pompei, Ercolano, Boscoreale, Boscotrecase, Castellammare di Stabia, Torre Annunziata, Torre del Greco, Portici e Trecase). (…) L’intervento prevede la valorizzazione delle risorse storico-culturali attraverso la costituzione di un sistema turistico integrato e sostenibile per una migliore accessibilità ai luoghi di interesse della buffer zone.”
I fondi del Ricovery Fund non possono essere affidati solo alle esigenze e agli interessi dei partiti e dei territori nei quali diventano deputati e senatori né dispersi in mille rivolti calati dall’alto per consolidare i serbatoi di voti disponibili. Quindi la parola anche agli esperti e ai rappresentanti di categorie interessate.
Un’altra cosa che non avviene nei convegni è quella di “non passare” la parola a chi è al centro del dibattito in corso. Nel nostro caso è la Certosa di S. Lorenzo. Possiamo, però, provare a ipotizzare cosa avrebbe detto lei di se stessa, dei suoi bisogni, delle sue aspettative per essere meta più cercata e visitata. Il numero dei visitatori nel 2018 è stato di circa 90.000, con un incremento rispetto all’anno precedente, ma meno che nei dieci anni prima, quando aveva raggiunto finanche le 130.000 presenze. Avrebbe sicuramente detto che da sola non può aspirare a grandi numeri di visitatori, quelli che si muovono attratti da “un pacchetto”, meritevole di almeno una settimana di permanenza sul posto. Gli altri, che praticano il “mordi e fuggi” da consumare in una giornata, spesso portano con sé finanche il panino preparato a casa. E questa tipologia di turismo non apporta grandi ricavi all’economia locale. Resta il turismo scolastico nel corso dell’anno a fare da ossigeno, perché il sito possa continuare ad affermare la sua rilevanza nel panorama storico-artistico del nostro Paese e il prestigio che L’UNESCO le ha tributato.
La Reggia del Silenzio, ottenuta la parola, certamente avanzerebbe qualche proposta ben fondata, per vincere la mancanza di trasporti idonei e la distanza da Salerno e Paestum che viaggiano su un numero di turisti molto alto, che potrebbero condividere con Padula. Essa, pur consapevole di essere una delle più grandi certose nel mondo e di racchiudere tesori, autentici bagliori d’arte per gli occhi e la mente, spiegherebbe che la sua carica di attirare visitatori potrebbe raddoppiare se avesse come compagni la città lucana e i tesori straordinari della stessa epoca, sepolti rispettivamente a Caselle e Roccagloriosa. Due bacini archeologici costretti a patire il buio dell’interramento che, se vedessero la luce e non fossero percepiti solo nelle foto dell’aereo indagatore, costituirebbero un patrimonio di inestimabile valore. Le tre attrazioni, unite alle amenità della splendida costa, compresa tra gli Infreschi e Sapri, potrebbero sì persuadere i turisti a risiedere per una settimana o per un tempo maggiore nelle nostre zone e, nello stesso tempo, prolungare la stagione turistica, con il clima che riserva primavere e autunni godibili. Se aggiungiamo le grotte di Castelcivita, di Pertosa-Auletta, di Morigerati, i siti archeologici sparsi sugli Alburni, le evidenze artistiche nelle chiese e nei conventi, la bellezza dei fiumi, delle colline, dei borghi, di una natura incontaminata con una biodiversità esuberante, percorsa da sentieri mozzafiato, ecco comporsi uno straordinario “distretto turistico”, dove non mancano i templi di una fede millenaria sui monti e il percorso micaelico, che prolunga quello suggestivo di Olevano sul Tusciano. È questa la visione che la Certosa avrebbe proposta ai partecipanti al convegno, forse la stessa che Tommaso Sanseverino le diede quando nel 1306 fu posta la prima pietra di un complesso destinato ad essere un “distretto di preghiera e di produzione”, nel quale sicuramente riluceva “l’atmosfera industriale” di cui parla A. Marshall nel libro “Principles of economics”, che potrebbe ricomparire se nei suoi illimitati spazi riprendesse vigore il laboratorio del restauro con annessa una scuola di gran livello, qualche facoltà universitaria, istituti e campi di ricerca, sedi di istituzioni, ecc.. Non sono queste ipotesi al vento se si conoscono le dimensioni sociale, economica, religiosa, culturale che la Certosa raggiunse nei secoli, a partire dal ‘300. Un polo interregionale con mille attività e innumerevoli proprietà, con rendite finanziarie che la resero potenza economica e riferimento spirituale nel Mezzogiorno d’Italia! E se le fosse data la parola per un tempo sufficiente chiederebbe una attenzione per l’antica strada istmica che congiungerebbe il Vallo a Paestum, da cui arriverebbero molti turisti in un abbraccio tra due giganti del turismo nostrano. In questo modo si creerebbe il distretto turistico che Zuchtriege diceva di voler istituire nell’intero Cilento e che Casucci auspica quando respinge l’odiosa lotta tra i campanili. Da presentare e narrare in tutte le fiere d’Europa, sotto l’unica denominazione Cilento, coeso dalla saggezza dei politici e dei popoli, combinato dalla storia maestra, in grado di utilizzare al meglio le persuasioni di un marketing convincente, perché terra dotata di celestiale bellezza. Il tanto decantato aeroporto di Pontecagnano non porterà nessun turista a Padula, se la Certosa è sola nel proporsi come attrazione del Vallo di Diano. I viaggiatori che giungeranno con l’aereo, usciti dall’aeroporto si dirigeranno a sinistra verso Salerno, la Costiera Amalfitana, Pompei; quelli che svolteranno a destra si immetteranno sulla S.S. 18 per soggiornare negli alberghi di Paestum e godersi l’arte greca, senza immaginare un percorso di due ore per visitare la pur desiderata Certosa di Padula. Al termine del convegno essa, dopo aver parlato, si sarebbe ritirata sdegnosa nella sua magnificenza, ad aspettare il passaggio del treno tanto auspicato dell’alta velocità. Poco lontano, nella pianura. Non “scaricherà” masse di turisti, bensì fonemi improvvisi e assordanti a interrompere, per brevi attimi, i canti e le preghiere dei Certosini che ancora vagano nel “Silenzio della Reggia “.