Tra novembre e dicembre 2011, a Durban, in Sud Africa, la conferenza delle Nazioni Unite ha gettato le basi per un nuovo accordo internazionale: Kyoto2.
Si è discusso su un aggiornamento del protocollo e su come far funzionare il Fondo verde per il clima (che dovrebbe consistere in 100 miliardi di dollari dal 2020).
Facendo una necessaria digressione, il primo protocollo, sottoscritto l’11 dicembre del 1997, nella città giapponese di Kyoto, mirava a ridurre le emissioni dei principali gas a effetto serra e a contenere gli effetti negativi dei cambiamenti climatici mondiali. Questo trattato, allora, era stato sottoscritto da oltre 160 Paesi. I membri nazionali firmatari si erano impegnati a ridurre entro il 2012 le emissioni dei gas serra rispetto ai valori esistenti nel 1990.
Per rendere Kyoto efficace, era necessario che a firmare fosse un numero di Stati, le cui emissioni totali, relative ai dati del ’90, rappresentassero almeno il 55% del totale.
Il protocollo venne approvato da tutti i paesi più industrializzati, ma nessuno di essi lo ha effettivamente ratificato quindi è rimasto giuridicamente non vincolante.
Facendo un ulteriore passo indietro, già a partire dagli anni ’70 si era affermata una certa sensibilità ai temi ambientali, tanto che nel 1972 il MIT (Massachusettes Institute of Tecnology) proponeva una nuova visione dell’ecosistema mondo inteso come sistema chiuso, dove ogni interazione con l’ambiente naturale avrebbe prodotto degli effetti collaterali sull’intero pianeta.
Sempre nel 1972, a Stoccolma, l’ONU aveva organizzato una conferenza incentrata sulle problematiche ambientali legate al processo d’industrializzazione.
Successivamente, nel 1987, il Rapporto Brundtland ribadiva la necessità di uno sviluppo rispettoso dell’ambiente e in concomitanza introduceva il concetto di sviluppo sostenibile affermando che:
« lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni ».
A Rio de Janeiro, nel 1992, le Nazioni Unite organizzarono un altro vertice della Terra incentrato sempre sul tema dello sviluppo e dell’ambiente; la questione era sempre la stessa: ancora non era stato trovato un punto di partenza, per un percorso di sviluppo sostenibile, in cui fosse stato definito il compito di ciascun ente nazionale. Al vertice di Rio c’erano 183 Paesi però i problemi ambientali non erano stati risolti. Non si era trovato un accordo tra il nord e il sud del mondo, tra i paesi ricchi e i paesi poveri. Tra gli stati in via di sviluppo c’era chi non voleva accettare i limiti alla crescita e tra le potenze avanzate non c’era disponibilità ad accettare una riconversione dell’economia in un senso più strettamente ambientale né a contribuire con aiuti a sostegno dei paesi poveri che avessero accettato le limitazioni.
Nel 2002, a Johannesburg, le Nazioni Unite durante il summit mondiale hanno reso noto che lo stato dell’ambiente è peggiorato e che gli impegni presi non erano stati raggiunti. E come spesso era avvenuto in precedenza, si è caduti di nuovo nell’equivoco secondo il quale bisogna scegliere tra lo sviluppo e la tutela ambientale. Va sottolineato che il superamento di quest’equivoco passa attraverso il rilancio di uno sviluppo di tipo qualitativo (e non quantitativo) per giungere quindi a uno di tipo equo e sostenibile.
La diplomazia internazionale ha avuto il merito di rendere pubblici temi tanto delicati ma dall’altro lato bisogna rendersi conto che c’è stato un sostanziale fallimento di tutti gli accordi e, se si guarda al dopo Durban, il nuovo accordo globale interesserà sostanzialmente l’Europa con pochi altri paesi industrializzati visto che USA, Giappone, Russia e Canada da tempo hanno annunciato il loro no al secondo periodo del Protocollo.
Attualmente l’ambiente è messo sotto sforzo in diversi modi, alcuni necessari e inevitabili altri invece deliberatamente dannosi come l’inquinamento, il seppellimento di rifiuti tossici, i riversamenti velenosi nelle acque e la deforestazione. Nel sistema ambientale tutti gli elementi sono legati da relazioni che innescate dall’energia solare mirano a riprodurre una condizione di equilibrio. La vita è garantita dalla ripetizione delle sequenze cicliche come il ciclo dell’acqua o il ciclo delle rocce. L’ecosistema terra è dotato di proprie logiche e l’uomo ne è una componente, anche se, nel corso della storia, ha acquisito competenze e conoscenze tali da riuscire ad alterarne gli equilibri naturali. L’essere umano ha adattato l’ambiente alle sue esigenze; adesso bisognerà vedere quando e quanto sarà capace di affrontare la criticità della questione di tale alterazione, se sarà capace di garantire alle generazioni future la possibilità di soddisfare i propri bisogni, e se si mostrerà in grado di attuare le politiche necessarie a salvaguardare il pianeta in cui vive.
Sintesi precisa di quanto fatto. Ma resta ancora tantissimo da fare:-)
Purtroppo le buone intenzioni sono solo di pochi piccoli stati e quelli che inquinano maggiormente se ne tirano fuori….tutto ciò è molto deprimente e non prospetta scenari positivi….sono pessimista.
Il vero problema è l’uomo, incapace di percepire il reale valore dell’ ambiente che lo circonda.
Bisognerebbe promuovere continue campagne informative, sin dall’ infanzia.
Speriamo siano queste le principali politiche da attuarsi tra le tante prioritarie
L’uomo avrà il dovuto rispetto per l’ambiente solo quando metterà da parte i suoi interessi economici. Impresa a mio avviso molto difficile, se non impossibile da realizzare.
certo che nel momento in cui 1) chi governa non ha motivo di far introdurre queste proposte com legge effettiva 2) ai governati in fondo in fondo non interessa niente di tutto ciò ergo non protesteranno mai per introdurre queste leggi 3) appena si cerca di confrontarsi con questo problema proponendo delle soluzioni chiunque isorge perchè cercare di salvare il pianeta ha sfortunatamente interferito con i nostri piani di conquista della comodità personale a qualsiasi costo
con annesse reazioni ti cascano le “”””””””””
Queste proposte di legge andrebbero rese valide da un ente super partes con potere proprio e in grado di far applicare suddette leggi….senza dipendere dai singoli governi. Fatto utopistico a priori, come si è già visto ogni volta che si è tentato di fare una cosa simile.