FINANZA UP, FINANZA DOWN

Pasquale di Montefeltro

 

Chi l’avrebbe detto che gli Italiani si sarebbero affezionati a finanza e finanzieri? E’ bastato procedere con un’abile ed intelligente operazione mediatica, un ‘bombardamento’ produttivo quotidiano, per fare e farci capire quanto sia utile al Paese, e, quindi, a noi stessi, che le tasse le paghino davvero tutti.

Ma a quale finanza e a quali finanzieri ci riferiamo? Certamente non a quelli in doppio petto che, dai vertici del mondo, ci hanno massacrato negli ultimi tempi, degradando l’Italia sul fondo, o quasi, di una crisi economica che stava per assumere il volto della Grecia.

Certo, i costi crudeli e da usurai della benzina faranno a lungo la loro parte negativa per le tasche misurate della stragrande maggioranza della popolazione, specie di quella a reddito fisso. Che paga tutto, fino all’ultimo centesimo delle tasse dovute, senza potere sfuggire ad uno Stato impietoso.

Ma, al tempo stesso, nel momento in cui ci si rende conto che, alla crisi ingenerosa e beffarda ai danni dei più contribuiscono migliaia e migliaia di furbetti del quartiere e che una loro neutralizzazione giova fortemente a ridurre il danno per i più, ben vengano finanza e finanzieri (in divisa, per intenderci) per ridurre, se non altro, il vergognoso, italico fenomeno di fregare l’altro, l’indifeso, per ingrassare se stessi; cioè quei pochi e loschi esponenti del potere economico, qualunque siano le categorie ed i gruppi di appartenenza e di classe sociale: piccola, media o grande.

Da questo punto di vista, il governo-Monti sta agendo positivamente. Viviamo in zone turistiche dove, paradossalmente, operatori economici che, rispetto all’anno precedente hanno guadagnato il 10% in meno, traducono il tutto, agli occhi degli sprovveduti, come una perdita e non come un ridotto guadagno. Come a dire: “L’anno scorso abbiamo guadagnato dieci/quindicimila euro” (sinonimo paradossale di almeno cento/centocinquantamila euro, NdA); ”quest’anno ne abbiamo guadagnato novemila/quattordicimila” (sinonimo altrettanto paradossale di almeno novanta/centoquarantamila euro, NdA). ERGO: “Sempre quest’anno rispetto allo scorso anno, abbiamo perso mille/millequattrocento euro!” (Sinonimo sempre più paradossale di dieci/quindi mila euro). Riassunto in breve. L’anno precedente hanno guadagnato tra i cento e i centocinquantamila euro; quello successivo hanno guadagnato tra i 90.000,00 e i 100.000,00 euro. Per un totale in due anni tra i 190.000.00 e i 290.000,00 euro. Per quegli esperti accattoni di una psicologia da strapazzo (meglio noti come piagnoni) puntata contro la dabbenaggine e/o la superficialità dell’uomo di strada, significa avere ‘perso’ 10.000.00 euro rispetto all’anno precedente. Poverini! Capito il ragionamento? Ma, per l’ufficialità, e quindi per l’erario, se ne dichiarano molti, molti di meno. Perché se si guadagnano centinaia di migliaia di euro e se ne dichiarano al fisco il 90% in meno, i “poveracci” delle aree ricche costiere, ad esempio, che tra fine gennaio e febbraio chiudono baracche e burattini per andarsene per almeno un mese a svernare nei paesi esotici del mondo, fanno ufficialmente la fame.

Tutti sanno, nessuno protesta, gli altri – i fessi al fisso (reddito) del Paese – pagano le tasse per sé e per gli altri!

Non c’era la Finanza prima? Certo che c’era. Apparentemente con pieni poteri. Già, apparentemente. Allora perché non funzionava come ora con Monti? Evidentemente perché aveva le mani legate. Ora qualche lacciuolo è stato sciolto e i nostri amici concittadini finanzieri d’Italia ci vanno giustamente giù duro in collaborazione con le altre strutture dello stato a ciò preposte (Agenzia delle entrate, ad esempio).

Molti (degli evasori di Cortina, Roma, Genova e così via) accusano la botta e protestano platealmente e demagogicamente. Riemerge alla memoria, d’istinto, il Totò del sempre eloquente detto popolare che “chi piange, omissis,…chi ride!”

Certo, fatta la legge (nel caso specifico qualche decreto ad hoc), scoperto l’inganno. Dove per legge si intendono i recenti controlli disposti dal governo tramite la Guardia di Finanza, e, per inganno, la immediata fuga dei capitali all’estero.

Non c’è che incrementare, allora, ulteriormente i poteri della Guardia di Finanza, allentando e via via eliminando i lacci e lacciuoli superstiti che, anche ai più severi tutori dell’ordine, impedivano fino a qualche tempo fa di andare a fondo nelle indagini.

Alla gente comune, cioè al popolo limitato nelle risorse e nei guadagni per colpa altrui, una collaborazione morale, ed altra, contribuirà ad accelerare quella fase nuova di redistribuzione della ricchezza per un più generale ed equo benessere umano e sociale

 

 

 

 

 

 

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