Dr. Michele D’Alessio (giornalista-agronomo)
VALLO di DIANO – “… Aumenta sempre più il numero dei diplomati e laureati che emigrano verso il nord Italia e i paesi dell’Unione Europea, nella maggior parte dei casi con lauree connesse allo sviluppo economico e Ingegneristico (navale, aerospaziale, ecc) e diplomati ad indirizzo enogastronomico. Per tanti, spesso, non c’è ritorno in Italia, se non per le vacanze, è il nuovo profilo dell’attuale emigrazione” con questa triste affermazione e nuova piaga emigratoria si apre il sesto incontro dal titolo “Giovani che lasciano il Vallo di Diano e Cilento, un viaggio senza ritorno”. Un Webinar (convegno in video conferenza) che si svolto Giovedì 7 maggio alle ore 14,30 organizzato dall’associazione Amici del Vallo di Diano e Cilento in Toscana diretta dal dott. Gesualdo Russo, in collaborazione con il Centro di documentazione sulle nuove migrazioni dell’UniSA rappresentato dal direttore scientifico dott.ssa Grazia MOFFA e il Dipartimento di Studi politici e sociali. Folto il parter dei Relatori che rappresentavano i due territori. Puntuali, ad aprire il seminario telematico con i saluti di benvenuto e accoglienza del Presidente AVDC Gesualdo Russo e le sue forti ed emozionanti dichiarazioni ”… Il tema delle migrazioni è molto caro all’Associazione culturale che ho l’onore di presiedere. Ci sentiamo molto coinvolti da questo argomento che ha toccato profondamente ognuno di noi. Molti anni fa,quando l’Università di Salerno non era stata ancora fondata,tanti di noi hanno scelto sedi di studio lontane tra cui l’Università di Pisa.Inizialmente il proposito era quello di rientrare al paese,ma nel corso degli anni le cose sono andate diversamente. E questo è avvenuto quasi sempre per scelta in quanto maggiori sono state le opportunità offerte: studio, lavoro, servizi,crescita professionale ed anche economica . Tutto questo,però,non ha fatto venir meno il grande amore per la terra natia. Ci portiamo dentro quel sentimento che i brasiliani chiamano “saudade” e che un grande cantautore e scrittore di quella terra,Chico Buarque, così definisce: La nostalgia è come una malattia che ci si porta dentro,insieme alla speranza che il tempo la guarisca. E’ un dolore,ma anche un piacere che mantiene in vita ciò che non esiste più,o che non può più tornare. E’ tanta la nostalgia e la voglia di ricordare il paese dove siamo nati,la piazza,la chiesa,i luoghi dell’infanzia,le persone che non ci sono più,i profili dei monti impressi nella mente di chi vi è nato e cresciuto. L’obiettivo che ci poniamo ,come Associazione,è quello di custodire e mantenere vivo il ricordo delle nostre origini (la nostra identità) attraverso la conoscenza e l’approfondimento della nostra storia e delle tradizioni della terra natia e trasmetterli alle nuove generazioni…”.A seguire sono stati i saluti istituzionali dei due Presidenti delle Comunita Montane, Avv. Cavallone Francesco (C.M. Vallo di Diano) e dott. Vincenzo Speranza, (C. M. Bussento, Lambro e Mingardo e sindaco di Laurito) che ad unisono hanno parlato dei punti critici che tormentano i paesi sparsi nel Cilento e Vallo di Diano, territori ricchi bellezze naturali che con una buona programmazione politica sono in grado anche di ipotizzare e sviluppare prospettive positive, specie se poste a buon senso politico e sociale. A seguire i due assessori alla Cultura Dott.ssa Filomena Chiappardi (Comune di Padula) e la dott.ssa Bice Del Giudice (Comune di Cascina) che entrambe hanno sostenuto che la cultura e la formazione scolastica sia un’arma contro la disoccupazione giovanile. In Italia c’è un deficit, rispetto agli altri in Europa, anche perché ritorna aumentato il divario tra il centro nord e il Meridione, attraversando di sé l’ormai secolare questione meridionale. Le maggiori criticità sono dovute anche agli andamenti e sviluppi che decidono la qualità del lavoro determinato da assunzioni non fisse o del part-time e dei contratti a tempo determinati. Questo atipico fenomeno provoca sconforto ed è lampante nel Mezzogiorno. Al Sud, non solo c’è poco lavoro marginale ma quello che c’è, è pure precario. Gli altri pregevoli interventi sono stati di Andrea Baldini ( Presidente Università Popolare del Cilento) e del dottor Aumenta Stefano ( Presidente della Proloco di Sassano) che hanno fatto un esaustivo excursus sul fenomeno dell’emigrazione, come si è evoluta l’immigrazione nel tempo. A partire dalle migrazioni tradizionali di italiani all’estero, che nel corso del novecento e dei primi anni del nuovo secolo hanno portato un’altra Italia, per numero e provenienze, ad emigrare in molti paesi d’Europa, delle Americhe e dell’Australia e a costruire nuclei organizzati di nostri connazionali in diverse forme di associazionismo. Questi in molti casi hanno sperimentato senza successo specie dopo la crisi del 1973 il cosiddetto ritorno produttivo e innovativo di molti migranti; l’immigrazione straniera, che è consistita per circa un trentennio prevalentemente nell’immigrazione economica, da lavoro, somigliante in maggioranza alle tradizionali immigrazioni che in precedenza avevano raggiunto l’Europa Centro settentrionale; la più recente immigrazione derivante dalle guerre che hanno sconvolto l’Asia e l’Africa e che tendono a selezionare i nuovi flussi ammettendo esclusivamente i rifugiati politici e talvolta come conseguenza dividendo i padri e le madri dai figli; l’emergere di grandi contraddizioni derivanti dalle decennali politiche di integrazione e che hanno messo in crisi le seconde e terze generazioni di migranti.
Le conclusione del convegno diretto e coordinato dall’Ingegnere Michele Perretti(vice-presidente AVDC) sono state affidate alla dottoressa Grazia Moffa che preoccupato del fenomeno ha asserito “… L’attuale andamento dei movimenti migratori, la crisi delle politiche migratori gestite dai vari stati, la costruzione dei muri e le barche dei disperati, i nostri giovani che ormai hanno intrapreso la via della Cina, dell’Asia e della cooperazione internazionale, meritano un salto di qualità nell’affrontare la tematica migratoria. Si ha bisogno di ben attrezzati musei che ci raccontino delle storiche migrazioni, ma anche di nuovi strumenti di analisi e di comunicazione per comprendere ed intercettare appieno i perché dei nuovi fenomeni che investono e caratterizzano appunto “l’era delle migrazioni”. Soltanto nell’ultimo anno si è davvero sviluppato il dibattito sui numeri e sulle caratteristiche della nuova emigrazione di giovani italiani in diversi e originali destinazioni migratorie. In effetti la ricerca al riguardo non è all’anno zero, però è stata sempre messa in secondo piano dai più tradizionali studi sulle emigrazioni o anche sulle immigrazioni straniere in Europa. A seguire il convegno tantissimi studenti universitari, soci della associazione AVDC e amici da tutta Italia. Un enorme soddisfazione e successo come ci conferma anche il Presidente Russo “…. per noi è stata la prima esperienza di convegno a distanza e ci riteniamo soddisfatti. All’inizio c’era un po’ di diffidenza, ma poi abbiamo notato che le nuove tecnologie aiutano moltissimo. Diversi nostri soci hanno partecipato all’evento attraverso la piattaforma Teams e ci hanno incoraggiato a ripetere l’esperienza. Interessanti e stimolanti le domande degli studenti che hanno reso più vivo il convegno. Abbiamo ricevuto inviti sia dalla Prof,ssa Moffa che da Don Andrea La Regina a organizzare in futuro un evento in comune. Il nostro auspicio è quello di tornare agli avvenimenti in presenza, tuttavia in emergenza, gli eventi a distanza, se ben articolati, possono essere sostitutivi…”
Il punto è che stiamo vivendo un cambiamento epocale nell’approccio sociale al lavoro; un inesorabile cambio di paradigma nella modalità della costruzione dell’identità di noi come individui e come società. E questo influenza tutto il resto.
Pur con due approcci molto diversi, quindi, sia “giovani” che “anziani” hanno oggi obiettivi simili. In entrambi i casi, si cerca di definirsi attraverso le azioni (e questo ha decretato tra tutte le fasce d’età il grande successo dei social network, che permettono appunto di accreditarsi agli occhi della comunità dando prova delle cose che si fanno più che di quello che si possiede). E, in entrambi i casi, spesso la frustrazione e la depressione aumentano, perché – così come per il possesso – per quanto grande, non ci può essere attività che da sola possa definirci compiutamente agli occhi degli altri ma soprattutto di noi stessi. Possiamo anche lavorare 15 ore al giorno come amministratore delegato, o avere decine di migliaia di follower su Instagram, ma questo non è sufficiente per raggiungere una soddisfacente definizione di sé, e quindi una piena realizzazione.
Spesso ciò che scoraggia i giovani è la difficoltà di trovare un impiego, soprattutto in zone d’Italia che sentono forte la presenza di una disoccupazione crescente. Per molti lasciare le proprie città e i propri affetti è un sacrificio che si cerca di evitare il più possibile.
Gli stessi impieghi che molti giovani qualificati si rifiutano di fare vengono accettati da lavoratori stranieri immigrati in Italia, che vengono considerati manodopera a basso costo, esattamente come fu a basso costo la manodopera degli italiani che nel dopoguerra emigrarono dal sud al nord o fuori dall’Italia alla ricerca di un impiego che permettesse loro di sopravvivere.
Non sono soltanto i giovani laureati e diplomati a mettere in campo le loro conoscenze e le loro energie lontano dalla terra natia. Medesima, se non superiore, è la quantità di lavapiatti, camerieri (professionisti e non), pizzaioli o operai che vanno in forze all’estero. Soprattutto Francia, Germania o Inghilterra. Città come Londra o Parigi sono estremamente costose. Spesso i giovani sopraccitati sono costretti a integrare i loro stipendi con soldi dei loro genitori. Ma vanno comunque via. Perché “In italia non c’è lavoro”, “il sistema non funziona”, si sente dire da più parti. Un triste ritornello.
Certo non viviamo in uno Stato perfetto, tutt’altro. Ma questo non ci giustifica. Non possiamo dare la colpa alla società se non troviamo il nostro abito su misura.Le ragioni della “questione giovanile” sono profonde e hanno le loro radici nel nostro sistema educativo, sociale ed economico. Il sistema educativo italiano è tra i più lunghi in Europa e non riesce a trattenere e portare i giovani fino alla fine dell’istruzione universitaria, anzi il 13% dei ragazzi lascia la scuola ancor prima del diploma. I ragazzi europei finiscono prima il ciclo educativo ed entrano più velocemente nel mondo del lavoro. I ragazzi italiani che arrivano alla laurea sono il 35% rispetto al 40% della media europea.
In alcuni giovani noto una vera e propria mancanza di rispetto nei confronti di se stessi e degli altri: si guarda troppo alle apparenze, dando poca importanza a ciò che è davvero fondamentale nella vita. Mestieri come il falegname, lo spazzacamino, il contadino, l’idraulico oggi sono sempre meno richiesti, e spesso c’è difficoltà a trovare queste figure. Tuttavia, la colpa è in parte anche della scuola che non forma ragazzi pronti al lavoro, come invece faceva un tempo..
LE LAUREE E I DIPLOMI NON VALGONO NIENTE. lavoro manuale si è perso sia negli insegnamenti scolastici che nelle prospettive dei giovani: l’aspirazione della maggior parte dei ragazzi è quella di rivestire ruoli di tipo diverso, considerati più qualificati. Tuttavia, anche in questo caso il diploma non è più sufficiente. Spesso, nei fatti, non è sufficiente neppure una laurea.
LA VERITÀ’ è CHE, OGGI,I GIOVANI.NON VOGLIONO FARE SACRIFICI…..i giovani non iniziano a lavorare in giovane età,come magari succedeva ai tempi dei loro genitori,ma non perché non ne hanno voglia. O almeno per la maggior parte dei giovani è così. Infatti sempre più giovani cercano,nel loro tempo libero,un lavoro,che sia gratificante dal punto di vista economico e sociale. Desiderano per questo una vita migliore e la cercano ragionando sul proprio domani. Gran parte della gioventù non ha una grandissima disponibilità economica e per ottenerla lavora e cerca di guadagnarsela. In conclusione si può affermare che i giovani non sono soltanto gli amanti della comodità e del benessere
La genesi di questa situazione va ricercata nelle riforme che si sono susseguite dalla seconda metà degli anni Novanta in poi che, più che mirare a migliorare la condizione delle nuove generazioni nel mondo produttivo, hanno puntato soprattutto a consentire alle imprese di offrire contratti al massimo ribasso e con facile disimpegno verso i neo assunti.
Ho seguito con interesse il convegno o come dicono oggi, per essere a passo con i tempi,il Webiner e posso dire con certezza che i il mondo dei giovani e’ particolare, cercarono solo un identità fluida e delle appartenenze multiple al lavoro.
I giovani ad alta scolarizzazione, in particolare gli alti potenziali, rappresentano un bacino molto importante da cui attingere nuove professionalità e competenze.
A volte il lavoro diventa la condizione ideale con cui riacquistare dignità, autostima, integrazione.Il diritto alla dignità per tutti, l’inserimento lavorativo e sociale e l’inclusione di persone svantaggiate sono gli obiettivi fondamentali di un popolo civile e una società alla avanguardia
“L’attività umana come deriva dall’uomo, così è ordinata,all’uomo. L’uomo infatti, quando lavora, non trasforma
soltanto le cose e la società, ma perferziona se stesso”.
Gaudium et spes
Ho avuto modo di seguire i convegni della associazione Valdianesi in Toscana, apprezzo molto la loro solidarietà e il loro legame con la nostra terra. Ad iniziare dal Presidente, sono sempre molto attivi e fattivi.Un’associazione ammirevole, fatte di persone concrete…ad majora sempre…