Continua il nostro viaggio alla riscoperta dell’uomo e del personaggio politico “Enrico Quaranta” (deputato, senatore, sottosegretario di Stato) la cui figura è ancora intatta nel ricordo e nell’immaginario della gente, almeno nel Vallo di Diano e in tutta la provincia di Salerno |
Angela D’Alto
(Vice sindaco di Monte San Giacomo)
“Vuole che le parli di Quaranta? Sono passati tanti anni…” . Mi ascolta un po’ perplesso, Luongo, poi mi da appuntamento nella sua casa di San Rufo, dove lo raggiungo il giorno seguente.
“Abito al piano di sopra. Qui, invece, ho lo studio. Sa, sono un geometra. Lavoro ancora…” Mi fa strada continuando a parlare…
Francesco Luongo è stato sindaco di San Rufo per un decennio, dal ’70 all’80, ed è ricordato da tutti come uno degli uomini più vicini a Quaranta, anche sul piano personale. “Enrico è stato un grande politico, e un uomo eccezionale”, esordisce subito. “Gli devo tanto. Tutto…”.
Tace a lungo, come per riannodare i fili di una memoria remota, poi continua…
“Avevo iniziato a fare politica molto presto, a vent’anni, senza grosse convinzioni ideologiche.
Ero stato eletto giovanissimo nella lista della DC, in contrapposizione al sindaco comunista Cesare Marmorosa. Dopo i fatti dell’Ungheria, Marmorosa passò alla DC e io mi ritrovai a fargli da oppositore, pur essendo, in quel momento, nello stesso partito. Mi sentii deluso e tradito. Marmorosa era una brava persona, forte di un consenso elettorale consistente, quasi plebiscitario. Spesso avevamo degli scontri verbali, anche piuttosto vivaci, che lui concludeva sempre sminuendo il mio punto di vista… “vedi, alla fine non la pensiamo poi in modo tanto differente…”, mi diceva indispettendomi ulteriormente. Il furore dei miei vent’anni mi condusse a reagire, a lottare contro una realtà che non mi piaceva, che non mi faceva sentire libero. Furono queste le mie motivazioni iniziali. Non era ancora maturata in me l’idea socialista, ero privo di una radicata convinzione politica. Avevo solo rabbia, e voglia di reagire.
Solo in seguito, con la conoscenza di Enrico Quaranta, aderii alla socialdemocrazia prima e al PSI poi. Allora, chi come me voleva misurarsi con la potentissima DC, tentando di combatterla per arginarne lo strapotere, si ritrovava da solo, privo di riferimenti istituzionali. L’elezione di Quaranta alla Camera, nel ’63, fu il punto di partenza del processo di rinascita delle forze socialiste che portò al rinnovamento della classe dirigente locale e alla trasformazione delle strutture sociali dell’epoca. Ricordo la campagna elettorale del ’63 per averla vissuta direttamente. Militavo già nel PSDI proprio perché avevo scelto, come tanti altri giovani, di seguire Quaranta nella sua battaglia politica. Appena saputi i risultati elettorali, io e altri compagni del Vallo raggiungemmo Angrisani a Salerno, per tentare di convincerlo ad optare per il Senato, consentendo così a Quaranta di subentragli alla Camera, come terzo della lista, insieme a Brandi. Dopo l’ elezione di Quaranta, ci ritrovammo tutti intorno a lui, a quest’uomo forte, energico, generoso, che riuscì a dare forma , consistenza e sistematicità a quel sentimento che in molti nutrivamo ma che senza la sua guida sarebbe stato difficile canalizzare e trasformare in forza politica, in partito organizzato”
L’elezione di Quaranta alle politiche del ’63 modificò profondamente il quadro politico locale. Uno degli elementi più significativi di questa trasformazione fu indubbiamente la pluralizzazione della società politica, la partecipazione alla vita politica e all’attività amministrativa di tante persone che, fino ad allora, ne erano state escluse…
“Fino al ’63 l’attività politica nel Vallo di Diano era pressoché inesistente. I vecchi notabili democristiani arrivavano nel Vallo solo in occasione delle campagne elettorali, per poi sparire per anni. Nessuno di loro, peraltro, era figlio di questa terra. Una tristezza. L’ elezione di Quaranta del ’63 segnò la rottura con questo tipo di realtà, offrendo nuove prospettive al Vallo e alla gente del Vallo che, attraverso Quaranta, divenne la vera protagonista di una nuova stagione politica.
Enrico era una vera forza della natura, e viveva la politica come una missione. Sempre a servizio degli altri, delle persone umili, dei lavoratori. Si immedesimava in ciascuno dei suoi elettori, accollandosene i problemi, condividendone le preoccupazioni, entrando nelle loro case, nelle loro famiglie, nelle loro vite. Si muoveva sempre su due binari: quello delle comunità e delle loro emergenze amministrative e quello individuale, dei singoli, degli uomini.
Spesso mi diceva “Franco, questi per la nostra terra saranno gli anni del riscatto. Dovremo essere capaci di realizzare ciò che nessuno ha realizzato finora.” Visse tutta la sua esistenza in funzione della politica e di questo desiderio di riscatto.
L’incredibile carica umana di cui era dotato, il suo approccio alle persone, il carisma naturale, l’ immediatezza nei rapporti, rappresentarono un formidabile fattore di aggregazione, più di qualunque componente politica.
Nei confronti di noi amministratori, poi, aveva un’attenzione massima, quasi spasmodica. A volte mi telefonava a casa, a mezzanotte, per comunicarmi che la mattina successiva mi sarei dovuto trovare a Roma per qualche problema del mio comune. Non aspettava che fossimo noi a sollecitarne l’intervento, era lui ad anticiparci, a tenerci costantemente coinvolti in tutti i processi politici e amministrativi. Viveva in una sorta di moto perpetuo, e pretendeva da noi lo stesso iperattivismo, la stessa grinta, la stessa caparbietà.”
La crescita dell’area socialista, dopo l’elezione di Quaranta del ‘63, fu esponenziale. Nel Vallo di Diano, la socialdemocrazia prima, il PSU poi, conobbero dei risultati straordinari e inattesi. La sfida lanciata dai socialisti alla DC viene ricordata da Luongo come l’eterno contrapporsi tra conservazione e progresso, tradizione e innovazione, passato e futuro…
“ I socialisti contrastarono la DC attraverso la pluralizzazione della società politica.
Rispetto all’attività amministrativa in senso stretto, invece, la realizzazione delle opere pubbliche fu un terreno di sfida decisivo per Quaranta e per noi tutti. Nei paesi del Vallo, infatti, mancavano le cose basilari: le infrastrutture primarie: strade, fognature, illuminazione, edifici scolastici, tutto ciò che rende un paese vivibile, insomma. Erano bisogni elementari cui era necessario dare risposte immediate. La trasformazione della società passava innanzitutto di lì.”
I socialisti di Quaranta furono anche anticipatori di un concetto fino a quel momento estraneo alla politica del Vallo:l’identificazione tra partito, rappresentanze istituzionali e territorio. Inizia a nascere, nella società politica e nella società civile, un forte senso di appartenenza territoriale…
“La vocazione territoriale dei socialisti e di Quaranta non fu un’acquisizione graduale, una scelta finalizzata a una caratterizzazione politica o all’acquisizione di consenso elettorale. Quaranta era questa terra, la sua terra. E la sua esperienza politica nasceva proprio come reazione al senso di abbandono, alla disperazione, alla miseria di questo posto. Lui non era un deputato eletto nel Vallo che si interessava dei problemi del suo collegio. Era, invece, un cittadino del Vallo che ne aveva a cuore le sorti, che voleva combattere per la sua terra, e che aveva scelto di farlo attraverso la politica. E la politica era un mezzo, non un fine. Il fine era il benessere di questo lembo di terra e della sua gente.”
Dopo la scissione del ’69, Quaranta passò al PSI, e con lui tutti i socialisti del Vallo, compreso, ovviamente, Luongo, il cui legame con Quaranta era già divenuto stabile. In tutte le scelte politiche, Luongo anteporrà sempre il rapporto con Quaranta a qualunque altro tipo di valutazione…
“Non ebbi alcun dubbio a seguire Quaranta nella sua scelta, perché la mia militanza era legata all’uomo e alle sue idee, più che a una determinata ideologia politica. Del resto, non credo che allora, nel Vallo ci fossero dei politici puri, con forti convinzioni ideologiche. Eravamo tutti accomunati da un senso di ribellione verso un sistema che non accettavamo, e insieme volevamo provare a modificarlo. Era questo a spingerci, a guidarci nelle scelte e a tenerci uniti.”
In quegli anni Luongo diventa Sindaco di San Rufo. I ricordi di quella campagna elettorale ci riportano indietro di oltre un trentennio. E’ la primavera del 1970, e San Rufo è ancora saldamente nelle mani della DC…
“La campagna elettorale del ’70 fu dura, come tutte le competizioni elettorali nei piccoli centri, in cui è più facile scivolare nei personalismi, nelle calunnie, nelle beghe private. Ci furono liti che coinvolsero famiglie,con la conseguenza di fidanzamenti rotti, inimicizie feroci.
Ero candidato contro Marmorosa, che combattevo ormai da dieci anni. Ero convinto di perdere, perché lo scarto elettorale tra noi e la DC era di oltre cinquecento voti. Inaspettatamente, invece, vincemmo noi. E quella vittoria fu la testimonianza che qualcosa, nelle coscienze delle persone, cominciava a cambiare.
La mia elezione a sindaco ci consentì di crescere molto come partito, e di ottenere percentuali elevate anche alle elezioni politiche.
Per quanto riguarda me, furono dieci anni di lavoro intenso ma anche di grandi soddisfazioni.”
Lo scontro con la DC, intanto, proseguiva. I democristiani tentarono in tutti i modo di arginare la formidabile ascesa dei socialisti, mentre il difficile rapporto con i cugini comunisti non rendeva praticabile la scelta di un’alleanza organica a sinistra…
“Lo scontro coi democristiani era sempre fortissimo, anche perché la DC sentiva franare il terreno sotto i propri piedi.
Lo stesso rapporto col PCI, fortemente minoritario rispetto a noi, fu estremamente conflittuale. Ci divideva una diversa concezione della politica, un differente approccio alla realtà. Non siamo mai riusciti a creare una sinergia a sinistra.
Il passaggio di Bonomo, sindaco di Sanza, dal PCI al PSI, alla fine degli anni ’70,finì con l’inasprire ancora di più un rapporto già difficile
Nel decennio che va dal ’70 all’80 nel Vallo si consolida la leadership , che va dai comuni alla provincia,dall’ USL alla Comunità Montana, al Centro Sportivo Meridionale.
Si realizza quello che, solo pochi anni prima, sembrava impensabile. La DC è in enorme difficoltà, e il sole sorto nel ’63 sembra davvero destinato a non tramontare più. Il Vallo è socialista, e Quaranta ne è il leader indiscusso…Luongo ricorda il clima della stagione politica più entusiasmante del socialismo locale, ascrivendone tutti i meriti a Enrico Quaranta, all’uomo prima ancora che al politico…
“ Sono convinto che il decennio ’70-’80 è stato il periodo migliore del socialismo del Vallo. Ma tutto ciò che è stato realizzato, in quel periodo, è stato il frutto della determinazione di Quaranta, dei suoi sforzi immani, delle sue intuizioni, della sua capacità di aggregazione, del suo iperattivismo.
Il fiorire di iniziative culturali, la nascita di emittenti e quotidiani locali, idee come quella dalla città-Vallo contribuirono a creare nel Vallo un entusiasmo nuovo, che avvicinò alla politica tante persone, tanti giovani. Allora, in ogni paese del Vallo, quasi tutti si interessavano di politica,e la partecipazione aveva raggiunto livelli altissimi.Credo che questo sia stato, in assoluto, il merito maggiore dei socialisti del Vallo, in quegli anni. Ma anche questo avvenne grazie a Enrico Quaranta…
Tento di analizzare, con Luongo, i meccanismi attraverso i quali i socialisti tentarono di modificare il quadro politico locale, la struttura sociale. Luongo, però, continua a parlarmi di Quaranta…
“Sono assolutamente convinto che il dato politico in senso stretto, in questa storia, abbia contato poco. Lei continua a chiedermi di enti, di organizzazione, della struttura del partito, di strategie elettorali, ma penso che tutti questi elementi di analisi non servano, da soli, a comprendere la storia del Vallo e dei socialisti di quegli anni. Era lui, Quaranta, con la sua personalità, il suo modo di fare, il suo essere uomo prima ancora che politico ad aver determinato tutto. La struttura del partito, il governo degli enti, il consenso elettorale, le idee… tutto nasceva solo ed esclusivamente da lui, e dalla capacità che ebbe nel far capire alle persone di essere dalla loro parte, di voler essere al loro fianco per restituire una speranza a questa terra povera, a tanta gente umile.”
Luongo ricorda così un Quaranta generoso e testardo, altruista e permaloso, uomo di successo eppure pieno di insicurezze…
“Il nostro era un rapporto di assoluta fiducia. La mia stima nei suoi confronti, poi, era illimitata. Enrico era un uomo così generoso, così capace di dare che era impossibile non sentirsi legati a lui, non farsi conquistare dal suo modo di essere.
Ricordo un episodio di quel periodo, che testimonia la natura fraterna del nostro rapporto. Eravamo andati alla Cassa del Mezzogiorno, per alcuni problemi relativi al comune di S. Rufo. Enrico si era preso, come era sua abitudine, la briga di accompagnarmi di persona, per rendere più incisivo l’intervento e risolvere immediatamente i problemi del mio comune. Aveva sotto il braccio una quantità incredibile di fogli, di documenti, che gli caddero lungo le scale quando una porta scorrevole si richiuse senza che lui se ne accorgesse. I fogli volarono dappertutto e lui, spontaneo come al solito, urlò “ecco, vedete come mi ha ridotto il sindaco? A fargli da portaborse…”.
Anche lui, ovviamente, aveva delle spigolosità caratteriali, che però emergevano solo quando si sentiva tradito e deluso. Non amava affatto sentirsi contraddetto, soprattutto se venivano messe in discussione le sue convinzioni più profonde, i suoi valori. Ricordo ancora un nostro battibecco relativo all’assunzione di alcuni lavoratori di San Pietro al centro sportivo, di cui lui era presidente, e io consigliere d’amministrazione. Io ero contrario a procedere ad assunzioni immediate, perché avrebbe potuto scatenare in tutti i comuni rivendicazioni e aspettative. Gli consigliai di attendere, di prendere tempo. Lui mi aggredì. “…non c’è tempo. Non posso pensare alle opportunità politiche, agli equilibri amministrativi. Caro Franco, le persone hanno bisogno. Le famiglie hanno bisogno. E hanno bisogno ora, subito. E io non posso aspettare.”
Mi arrabbiai moltissimo, e mi alzai per andare via. Lui mi seguì, mi prese per un braccio e mi obbligò a sedermi, e ad aspettare che terminasse la riunione. Poi, una volta andati via tutti, restammo a cena in pochi. Al al termine della cena, come per chiudere definitivamente la nostra precedente discussione, mi disse “bene, ora alzati e va a pagare il conto…”. Enrico Quaranta era così, e questo era il suo modo, assolutamente originale, di risolvere i contrasti. Per me, comunque, l’episodio rappresentò una lezione di vita: imparai che, di fronte ai bisogni della gente, non ci si deve mai tirare indietro, e che non è possibile mediare dinanzi alle necessità di chi non ce la fa, di chi ha bisogno d’aiuto.
D’altronde, era proprio questa la sua forza. Come oratore, invece, Enrico non era eccezionale. Non amava parlare di fronte alle grandi platee. Non avevamo grandi oratori, nel partito, fatta eccezione per Conte, che aveva, invece, un’ottima dialettica.”
Ritorniamo, per un attimo, a San Rufo. Alle comunali del 1980, i socialisti furono sconfitti. L’esperienza da sindaco, per Luongo, terminò lì…
“Dopo la sconfitta dell’80, ero intenzionato a non ricandidarmi più a sindaco. Alle successive elezioni comunali dell’84, invece, mi lasciai convincere dalle insistenze dei compagni e accettai la candidatura. Perdemmo ancora, così da allora decisi di fare un passo indietro anche nel partito, nella sezione. Era giusto che avessero spazio anche altri. Purtroppo, non riuscimmo mai più a riconquistare il comune, che nonostante tutti gli sforzi compiuti restò sempre in mano alla DC.”
Tra l’82 e l’84, giunge improvvisa e inaspettata la morte di Gerardo Ritorto prima e di Enrico Quaranta poi. Luongo ricorda malinconico…
“Ritorto morì in un incidente. Fu il primo, durissimo colpo per noi socialisti del Vallo. Lo stesso Quaranta ne fu sconvolto. Poi, dopo soli due anni, lo colpì la medesima, tragica sorte. Il destino sembrava accanirsi contro di noi”
Nella stanza immersa ormai quasi nella penombra, Luongo mi indica la sedia della sua scrivania. “Ero seduto lì quando ricevetti l’ultima telefonata di Quaranta, durante la quale mi confessò di non stare bene. Aveva fatto delle analisi, e i risultati non avevano lasciato dubbi:doveva ricoverarsi e operarsi immediatamente. “Non vi preoccupate, senatore- tentai di tranquillizzarlo- non sarà nulla di grave. Sarà anche l’occasione buona per riposare un po’”…
Ma lui era molto nervoso e insofferente. Nessuno di noi poteva minimamente ipotizzare ciò che sarebbe successo. Lo capimmo solo a una settimana dalla morte.
La sua scomparsa fu un colpo al cuore per i socialisti, una perdita enorme. Nessuno riuscì a sostituirlo, e sono convinto che nessuno ci riuscirà mai. Mai…
Ancora oggi, a distanza di vent’anni, la sua morte è una ferita viva, aperta, che continua a bruciare…”
Il dopo- Quaranta segnò l’ultima stagione del socialismo del Vallo, prima che il terremoto giudiziario degli anni ’90 spazzasse via il PSI dalla scena politica nazionale. Anche questo è un ricordo che brucia, ancora…
“Fu una grande tristezza, nonostante avessi, ormai da anni, lasciato la politica attiva. A quel partito noi militanti avevamo dedicato una vita, e tanti sacrifici, tanti sforzi. Pensare che tutto potesse finire così, nel nulla, fu davvero tremendo. D’altro canto, la costruzione del partito era stata il frutto di un lavoro capillare, fatto di rapporti personali costruiti uno per uno, e il consenso stesso derivava dal rapporto diretto con ogni singolo elettore. Avevamo messo insieme i voti uno sull’altro, con sacrifici immani, perché per noi non era come per la DC, che veniva votata a prescindere, e spesso quasi per abitudine. Noi il consenso abbiamo dovuto conquistarlo sul campo, senza regali, senza sconti, un po’ alla volta. Ogni voto era un voto strappato coi denti, e dietro ogni voto c’era una storia, una vita.
La politica nel Vallo è difficile, e trenta anni fa lo era ancora di più: la gente non vota per ideologia, e non esistono categorie omogenee intorno alle quali costruire una politica e ottenere il consenso. In ciascuna delle nostre comunità ognuno, ogni singolo cittadino, è portatore di una storia diversa, con un vissuto diverso, con problemi diversi. E chi vuole confrontarsi con una realtà come la nostra deve essere disposto ad occuparsi di ognuno di loro. Mille persone equivalgono a mille vite, a mille necessità, a mille problemi. Bisogna dare moltissimo, dare senza limiti per ottenere qualcosa. Quaranta ha lasciato un segno, in questa terra, proprio perché è stato capace di farlo, e ha insegnato a noi tutti a restituire alla gente ciò che la gente stessa ci ha dato.
Diversamente, nessuno si può illudere. E anche se si è eletti sindaci o deputati, si sarà destinati sempre ad essere dimenticati. Dagli uomini e dalla storia.”