Aldo Bianchini
CAVA de’ TIRRENI – Al di là della storica e famosissima Badia, il luogo più conosciuto di Cava de’ Tirreni (la piccola Svizzera italiana) è senza dubbio il santuario dell’Avvocatella che, guarda caso e non per caso, è posto ai piedi della Badia quasi come se la sua sede fosse stata scavata nella roccia che regge tutto il peso del monumento storico.
L’Abbazia territoriale della Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni (in latino: Abbatia Territorialis Sanctissimae Trinitatis Cavensis); è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea dell’arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno appartenente alla regione ecclesiastica Campania. Nel 2016 contava 20 battezzati su 20 abitanti. È retta dall’abate Michele Petruzzelli, O.S.B.
Il Santuario dell’Avvocatella; le origini di questo santuario risalgono al XVII secolo. La struttura sorge incastonata in un incavo, anticamente chiamato dei pipistrelli. Tale Don Federico Davide pose nella grotta un’immagine della Madonna che rendesse il luogo sacro. L’immagine, che portava il titolo di Avvocata, raffigurante una Madonna con il Bambino tra San Paolo I e Sant’Onofrio in adorazione, diede il nome alla grotta, che venne ribattezzata come Grotta della Madonnella o dell’Avvocatella.
Da sempre conosciuta dai fedeli, negli ultimi trent’anni è diventata meta continua e quotidiana di migliaia e migliaia di fedeli ogni anno, grazie all’attività pastorale e benefica, intrisa di esercizi esorcistici; luogo mistico ed affascinante, conosciuto soprattutto grazie a “padre Gennaro Loschiavo” (monaco esorcista) capace di calamitare l’attenzione di decine di migliaia di fedeli provenienti da ogni parte d’Italia, e non solo.
Padre Gennaro da poche settimane non c’è più, ha lasciato questa valle di lacrime a causa del perfido covid nella giornata del 10 marzo 2021 quando tutto lasciava pensare ad un suo rapido ritorno alle sue molteplici attività caritatevoli.
Qualche giorno prima della morte era stato raggiunto da un suo carissimo amico, un sacerdote di Salerno che oggi, attraverso questo giornale, vuole ricordarlo con una poesia (in veri letterari) struggente e molto emozionante:
Buon viaggio amico mio,
il dolore è una manifestazione dell’amore; ricordo quel passo claudicante, lento, veloce, leggero, senza l’affanno di quel fardello così pesante, intimo, che leggevo in quegli occhi azzurri come il cielo e limpidi come un mare calmo in primavera.
La gioia di quella stanza, umida, fredda, ma così intima e ricca di preghiera.
E’ stato un tempo assai prezioso, speciale per noi, come due pellegrini in cerca di una meta, così lontana e poi tanto vicina per te, in un traguardo inaspettato, desiderato, dove tu, caro amico, già operi per me, per noi, le grazie attese, grazie al tuo donare.
Ti ho cercato nell’aria, in riva al mare e guardando il cielo ricordo il calore dei tuoi occhi, sempre luminosi e sorridenti, lo sguardo si perde nell’infinito, e l’egoismo del mio dolore, la solitudine affogata nei ricordi, fanno di me e di te, la nostra storia.
Silenzio, fate silenzio, lasciate che il mio cuore ascolti e cerchi ancora la tenerezza delle sue parole, di un abbraccio vero, di chi ti dice continuamente “coraggio finalmente sei qui, sorridi anche se ti fanno soffrire, io sono sempre con te, sono dalla tua parte, vivo in Cristo il tuo dolore, e … quanta forza ti ha dato Dio, coraggio, coraggio, il sole, domani, splenderà anche per te”.
Amico mio, le cose più belle, me le hai date tu, il tuo canto all’innamorata Madre, solo, nell’immensità del sacro altare, intonavi, per me, l’amore più sublime mentre la tenerezza e la gioia di ascoltare una così alta melodia, accarezzava le fibre intime del mio cuore, e lì, si proprio lì, ti ho sentito rapito pronto per il viaggio, mentre cantavi l’annuncio dell’ultimo saluto. Ero incosciente, impreziosito nell’ascolto di quel tono dolce e severo e mi chiedevo perché questo solitario canto.
Io non ti vedo, e continuo a cercarti lì dov’eri prima, adesso non ci sei più, la mia vita ha cambiato, come dici tu, molte cose e quel che resta è quel pensiero del primo incontro, io ti dissi in confessione quel dolore, uguale al tuo, “io non credo in Dio”, e tu come un fratello maggiore “non importa, è Dio che crede in te”.
Federico non c’è più, ma tu ora sei con lui e questo mi consola, la sofferenza giovanile è diventata accettazione dell’ora presente e ciò che manca ancora è la Trinità, spero non lontana: lui, tu ed io; saremo un tutt’uno, amici veri, pellegrini oranti e chissà, anime Sante.
F.to: DNVS