Da Daniela Lombardi (press office)
Complessa, vulcanica, alla ricerca di nuove sfide ma soprattutto dalla parte di chi soffre, di chi è violato dalla violenza senza limite, sempre pronta a tendere una mano per alleviare la sofferenza. Da poco è uscito un suo libro che tratta ad ampio raggio la violenza. Elisa Caponetti coinvolge con la sua personalità densa di significati, decisa e determinata.
Elisa, siamo curiosi, ci racconti qualcosa di te? Chi sei, cosa fai, i tuoi interessi.
Amo il mio lavoro, è un enorme privilegio poterlo svolgere. Ho valori forti e radicati che mi orientano nelle scelte che quotidianamente faccio. Cerco di essere sempre una mamma attenta e presente. Amo stare in compagnia dei miei affetti importanti ma apprezzo anche i momenti in solitudine. Adoro viaggiare e confrontarmi con culture diverse.
Il tuo libro tratta un tema forte, la violenza sulle donne, che cos’è la violenza?
Ho voluto scrivere un libro sulla violenza per far comprendere la complessità del fenomeno, i suoi mille volti e sfaccettature. Per capire cos’è la violenza può essere utile richiamare la definizione dell’OMS: “L’uso intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o reale, contro sé stessi, altre persone o contro un gruppo o una comunità, da cui conseguono, o da cui hanno una alta probabilità di conseguire, lesioni, morte, danni psicologici, compromissioni nello sviluppo o deprivazioni”.
Perché accade?
Non è possibile dare una risposta univoca in quanto non esiste una sola ed unica motivazione. La violenza va sempre ricerca individuando i fattori relazionali, storici, culturali, simbolici, psicologici che caratterizzano ogni determinata singola storia e atto di violenza.
Come si manifesta?
In una pluralità di modalità. Attraverso agiti fisici, sessuali, ma anche psicologici, o ancora, attraverso i maltrattamenti, le minacce di aggressione, le intimidazioni, gli atti persecutori, la violenza economica, fino ad arrivare all’omicidio volontario. A fianco a queste forme drammatiche di violenza, ce ne sono altre. La violenza ha davvero tante e variegate sfumature e modalità di manifestazione.
Come è possibile contrastarla?
Mettendo in campo interventi integrati e a più livelli. Denunciare è purtroppo soltanto il primo passo.
Si fanno cose concrete oppure ancora si naviga a vista?
Negli ultimi anni sono stati fatti notevoli passi avanti in direzione di una grande concretezza, ma i dati allarmanti che quotidianamente ci vengono forniti dalla cronaca, ci dicono che ancora non sono sufficienti.
Si parla sempre di violenza verso le donne ma esiste anche una violenza verso il maschile, perché resta nell’ombra?
Spesso anche solo parlarne sembra essere un tabù, qualcosa di assolutamente inviolabile. La spiegazione risiede anche in ancoraggi culturali e sociali. Le differenze di genere, la minore forza fisica, le rappresentazioni nell’immaginario collettivo che vedono spesso la donna più debole, i modelli educativi e le aspettative sociali apprese nel contesto di vita influiscono direttamente sul comportamento dell’individuo.
Perché nessuno si fa portavoce di questa violenza verso il maschile?
Emerge con più difficoltà, pertanto, si tende a pensare che non esista. Tanti uomini non denunciano in quanto essendo uomini temono non soltanto di non essere creduti ma anche di venire beffeggiati e ridicolizzati. Come se venisse meno la loro virilità. Un uomo che vuole presentare una querela spesso ha paura di essere preso in giro. Bisogna imporsi di affrontare il problema e far capire che è un fenomeno che esiste in entrambi i sessi, nelle diverse culture e classi sociali.
Cosa pensi della manifestazione di Pordenone dove gli uomini hanno sfilato con le scarpe rosse?
Ritengo estremamente positiva ogni iniziativa di sensibilizzazione in merito.
Un consiglio per tutte le persone (uomini e donne) vittime di violenza
Uscire dalla spirale di violenza è possibile ma per le numerose dinamiche in gioco è estremamente difficile. Bisogna rompere il silenzio, denunciare subito e rivolgersi a professionisti specializzati.
BARBARA FABBRONI