Aldo Bianchini
SALERNO – L’iniziativa portata avanti dall’on. Piero De Luca (P.D.) di riportare, anche se soltanto in parte, l’istituzione universitaria nel centro della Città non solo sta riscuotendo consensi ma ha anche animato un dibattito, come da anni non si vedeva a Salerno, storicamente bloccata sul decisionismo dell’ex sindaco ed attuale governatore.
Come avevo annunciato nel contesto dell’articolo di ieri, per dare un ulteriore contributo al dibattito ripubblichiamo un’intervista rilasciata (il 23 giugno 2019) in esclusiva a questo giornale dall’avv. Gaspare Russo che all’epoca della decisione di ubicare l’università nella zona tra Baronissi e Fisciano, nella Valle dell’Irno, era il sindaco in carica di Salerno.
Avvocato, perché l’Università nell’alta valle dell’Irno ?
- L’ubicazione dell’università era di competenza della stessa università. Nel consiglio di amministrazione dell’epoca siedevano anche un rappresentante della Provincia, uno del Comune capoluogo e uno della CCIAA.
L’indicazione della sede universitaria era stata preparata da una serie di studi e di incontri precedenti.
Fra questi studi vi era quello di un grande Urbanista, prof. Corrado Beguinot ((Napoli, 30 marzo 1924 – Napoli, 6 gennaio 2018) è stato un ingegnere, urbanista e professore universitario italiano, impegnato nel campo della pianificazione urbanistica e territoriale attraverso attività di ricerca scientifica e sperimentazione progettuale; in particolare ha promosso una serie di attività di ricerca, formazione e sperimentazione Per la Città Europea Interetnica Cablata). consulente dell’Università e con grandi esperienze nazionali ed internazionali.
All’epoca si celebrava il mito americano, ovvero l’aspirazione della creazione dei Campus Universitari. Per creare un Campus erano necessari grandi fondi e grandi aree di superficie e ovviamente il consenso delle forze politiche locali. Con i fondi a disposizione dell’Università derivanti dalla ripartizione nazionale, una goccia nel mare, tutto sarebbe rimasto nel libro dei sogni. Ed infatti la modesta disponibilità finanziaria assegnata all’Università di Salerno, se ben ricordo di 1.500 milioni di vecchie lire, fu dall’Università utilizzata nel rispetto delle grandi linee ubicazionali per realizzare la struttura situata nel Comune di Baronissi.
E il resto ?
- Il resto ? Era nell’area dei sogni, considerata la modesta ripartizione di fondi destinati dallo Stato alle strutture universitarie. Il Rettore dell’Università Gabriele De Rosa oltre che storico e politico era un uomo di grande cultura, cattolico, di grande realismo operativo. Sulla realizzazione dell’Università fuori dal centro storico di Salerno vi erano grandi contrasti politici. E’ necessario ricordare che le strutture universitarie esistenti all’epoca erano tutte disseminate in sedi improprie in edifici privati, solo una minima parte nell’ex seminario regionale. Con tutte le conseguenze immaginabili per una popolazione universitaria, professori – personale amministrativo – studenti, provenienti nella maggior parte dalla provincia di Salerno ma anche in parte dalle regioni confinanti (nord Calabria – nord Lucania – Avellinese – Beneventano e anche Casertana e Molisana).
Un autentico caos.
Avvocato, ma non esistevano altre indicazioni ?
- Certamente. Il sindaco Alfonso Menna, mio predecessore, era per il centro storico di Salerno; una parte dei socialisti, all’epoca con me in maggioranza al Comune di Salerno, per un’area tra Pontecagnano e Battipaglia. La maggioranza politica all’interno della Democrazia Cristiana (DC), facente capo all’on. Vincenzo Scarlato ed al sottoscritto, era orientata per l’ubicazione nella Valle dell’Irno, anche per contrastare la spinta di un’altra parte della DC, avellinese e beneventana, che aspirava alla creazione di una Università in ogni provincia. Non deve sfuggire che noi DC salernitana eravamo contrari alla creazione di una Università per ogni provincia.
E’ doveroso ricordare che il Partito Comunista (PCI) era d’accordo con le nostre scelte, mentre una parte della DC era sostanzialmente indifferente, con la sola eccezione dell’ex sindaco Menna ormai tagliato fuori dalle decisioni.
Avvocato, e dopo cosa accadde ?
- Per alcuni anni poco o niente. E’ necessario ricordare che il trasferimento dell’Università nella Valle dell’Irno era politicamente condizionato ad una serie di accordi, come la permanenza nella città di Salerno nel centro storico del rettorato e degli uffici dipendenti, la biblioteca universitaria, la realizzazione di una serie di infrastrutture stradali e ferroviarie, per le quali erano previste una serie di interventi in larga parte anche finanziati e progettati, quali per ricordare i più importanti la circum-salernitana, cioè il tratto ferroviario tra la circum vesuviana tra Nocera, Cava, Salerno, Baronissi, Fisciano, Castel San Giorgio, Sarno, ed anche la realizzazione di un braccio stradale e ferroviario che penetrasse all’interno del Campus Universitario a Fisciano.
Questo in sintesi, la previsione e gli interventi da realizzare erano molto più complessi ed ampi, perché interessavano anche l’area orientale salernitana fino a Battipaglia ed Eboli, anche per condizionare e frenare lo spopolamento delle aree interne salernitane e l’afflusso sulla città di Salerno di migliaia di arrivi emigratori che provenivano dalle regioni a sud.
Un dato positivo questo tipo di immigrazione, in direzione di Salerno città, di circa cinquemila persone ogni anno era costituito da un ceto piccolo borghese di tradizioni e cultura contadina.
Ho rivisto volentieri l’intervista dell’on. Gaspare Russo con la ricostruzione delle vicende che portarono alla decisione di insediare la nascente Università degli Studi di Salerno nel comprensorio di Fisciano, preferendo la fisionomia di un campus, non solo per uno senso di emulazione delle istituzioni gemelle esistenti oltreoceano, ma anche per la razionalità che una simile strutturazione offriva ai fini organizzativi e didattici.
Anche se in tempi non più confacenti con il mio curriculum scolastico, vidi tuttavia con soddisfazione la nascita – finalmente – anche a Salerno di un Centro di Studi Superiori che avrebbe dato lustro alla città, come in affetti è avvenuto negli anni a seguire. Viene spesso citata come la migliore Università del Mezzogiorno e ottiene riconoscimenti anche dall’estero per ricerche e studi condotti dai suoi dipartimenti.
Era infatti un miraggio che diventava realtà per chi, studente liceale al classico o allo scientifico, aveva potuto fino ad allora avere un immagine di Università solo pensando all’Ateneo napoletano (o rivolgendosi altrove). Di esso si sapeva qualcosa per sentito dire. Oppure se ne coglieva un aspetto quando, in occasione della festa della matricola o nel periodo di carnevale, alcuni gruppi di universitari provenienti da Napoli, indossando le caratteristiche feluche variamente colorate, arrivavano in trasferta in città e si presentavano davanti ai licei cittadini, destando sentimenti misti di ammirazione e di invidia per quel senso di libertà e di allegria che trasmettevano.
Il processo decisionale per la scelta del sito ove ubicare il nuovo Ateneo, come ricordato dall’on. Russo, vide il confronto di varie opzioni. Come anni prima, sia per l’area industriale che per il porto commerciale, non mancarono quelli che sostenevano l’inderogabile necessità che anche l’Università venisse insediata all’interno del territorio comunale, nonostante la frammentarietà degli spazi che avrebbe determinato la disseminazione delle varie facoltà.
Dal mio punto di vista ritengo che sia stato una soluzione positiva l’aver scelto la costruzione ex novo di edifici appositamente progettati per quello scopo specifico. Non avrebbe dovuto costituire un problema la distanza dal centro città, purché idonei sistema di trasporti viari e una linea metropolitana dedicata ne avesse reso agevoli i collegamenti.
Al contrario, le scelte per così dire “centripete” del distretto industriale nell’area di Fuorni e del porto commerciale quasi a ridosso del centro cittadino non si sono dimostrate le più idonee.
Il primo, anche per varie motivazioni socio-economiche, non ha mai raggiunto livelli di efficienza e produttività diversificate che ne attestassero una raggiunta maturità.
Il secondo, pur potendo vantare risultati di tutto rispetto, si porta dietro un handicap difficilmente superabile e cioè la mancanza di sufficienti aree retroportuali e di un idoneo raccordo ferroviario con le reti nazionali, il chi lo pone in una condizione di inferiorità, ai fini della dotazione infrastrutturale, nel confronto con altre realtà portuali nazionali e internazionali.
Sono quindi contento che a suo tempo abbia prevalso il partito di chi sostenne ll progetto Fisciano.
Non va assolutamente accantonata la realizzazione dei collegamenti stradali e ferroviari. Anzi deve essere una prova di impegno da parte di tutte le parti interessate, affinché non sia un problema per professori, studenti. tecnici di laboratorio, personale ausiliario e visitatori raggiunere quella sede.
Ben venga anche il trasferimento del Rettorato nell’ex Palazzo di Giustizia. Vi potrà assolvere degnamente le proprie funzioni di rappresentanza e interfacciarsi adeguatamente con gli altri Organi istituzionali cittadini, in un reciproco scambio di rapporti vantaggioso per tutti.