Dott. Vincenzo Mele
L’8 Gennaio 1921 nacque a Racalmuto, nell’agrigentino, lo scrittore Leonardo Sciascia, uno degli autori letterari più prolifici della seconda metà del ‘900. Fu grande amico di Gesualdo Bufalino e di Andrea Camilleri ed ebbe un acceso confronto con Italo Calvino ed Eugenio Montale durante i giorni del processo a Renato Curcio, Alberto Franceschini e Mario Moretti, esponenti di spicco delle Brigate Rosse nel 1976.
Parallelamente Sciascia fu critico d’arte, docente, saggista e, dal 1975, si interessò alla politica, dapprima con il PCI diventando consigliere comunale a Palermo fino al 1977, poi deputato tra le file del Partito Radicale dal 1979 fino al 1983, per concentrare le sue forze alla sua carriera letteraria, fino alla sua morte il 20 Novembre 1989 a Palermo.
Sciascia è ancora oggi accreditato come lo scrittore che mise in risalto la questione della mafia siciliana nei suoi romanzi: degli esempi importantissimi sono presenti ne “Il giorno della civetta” e “A ciascuno il suo”.
Pubblicato nel 1960, “Il giorno della civetta”, ispirato all’assassinio del sindacalista Accursio Miraglia, è la storia di un’indagine legata all’omicidio dell’imprenditore Salvatore Colasberna, condotta da Bellodi, capitano dei Carabinieri di Parma e dopo aver superato l’omertà della gente, Bellodi scopre il mandante del delitto, il boss Mariano Arena. Ma a Roma, preoccupati che l’indagine possa svelare complicità di personaggi vicini al governo, si decide di produrre prove false per scagionare i colpevoli e il delitto viene derubricato come passionale. In un’intervista del 1972, Leonardo Sciascia non esitò a criticare lo Stato italiano che non solo considerava inesistente la mafia, ma preferiva girarsi dall’altra parte per non affrontare a viso aperto un tema scomodo.
Attraverso “Il giorno della civetta” per la prima volta tutti gli italiani sono messi davanti al dominio incontrastato della mafia in Sicilia, grazie alla complicità della politica, e Sciascia ha voluto avvertire della sua pericolosità, che verrà dimostrata nel biennio ’92-’93, dalla Strage di Capaci alla Strage di via dei Georgofili a Firenze.
Nel romanzo “A ciascuno il suo”, uscito nel 1966, mise a fuoco la tematica della corruzione e dei compromessi politici. La storia è ambientata in un piccolo paese siciliano che viene scosso dall’omicidio del Professor Manno, un farmacista, e del suo collega, il Dott. Roscio.
L’intera comunità ipotizza un delitto passionale, ma il Prof. Laurana, non fidandosi dei gossip del paese e indagando per conto proprio, conferma che il delitto è scaturito da questioni personali. Tuttavia Laurana viene bollato da tutta la comunità come un “cretino”, nonostante la verità fosse sotto gli occhi di tutti.
Riadattato nel ’76 dal grande regista Elio Petri con Gian Maria Volonté nei panni del Prof. Laurana, “A ciascuno il suo” di Sciascia è la dimostrazione lapalissiana di come lo Stato punisce le persone oneste, costrette a subire i pregiudizi, depistaggi e ulteriore gogna, e premia i delinquenti.
Leonardo Sciascia fu lo scrittore che ha denunciato la potenza smisurata della mafia e anticipò l’ipocrisia delle istituzioni che un tempo ne negavano l’esistenza e che, dopo la Strage di Via D’Amelio, decisero di combatterla.