Camorra & Politica: Aliberti e il pianto del coccodrillo della stampa … da Metropolis a Le Cronache, passando per Il Mattino e La Città

Aldo Bianchini

SALERNO – Anche questa volta, come in tante occasioni precedenti, mi sono sentito addirittura beffeggiato, dal silenzio assordante di tanti giornalisti e relative testate, quando mi sono impegnato in una produzione giornalistica, volontaria – voluminosa ed anche rischiosa, tutta incentrata sulla difesa, a prescindere, dello stato di diritto, che ormai in questo Paese è come il mistero delle ali di Pegaso, per contrastare la marea di fango ingiusto che stava sommergendo il sindaco di Scafati dott. Angelo Pasqualino Aliberti.

Per lunghi mesi, forse anni, quasi tutte le testate giornalistiche locali impegnate quotidianamente nel gioco al massacro sulla testa di Pasquale Aliberti (che nel tempo era divenuto ex sindaco di Scafati); le cosiddette giornaliste-giudiziarie hanno fatto la fila ogni mattina davanti all’ufficio del pm Vincenzo Montemurro (terzo piano del palazzo di giustizia di Salerno) per afferrare una notizia, un sussurro, un sospetto; per poi subito sparare a zero su Pasquale Aliberti definito camorrista, autore di patti scellerati con la malavita organizzata, organizzatore occulto di minacce di morte verso una giornalista dell’agro, cospiratore capace di coinvolgere anche i congiunti (dalla moglie on. Monica Paolino, al fratello, ai genitori) in perversi giochi di potere; fino all’assurdo di non mettere mai in discussione l’operato della Procura anche quando era molto palese l’accanimento giudiziario spinto fino al punto di cercare di proibire all’indagato di esprimere il suo pensiero di persona che, seppure agli arresti, era pur sempre un incensurato, come lo è tuttora. Con la conseguente drammatica parentesi relativa alla stessa sopravvivenza dell’indagato che venne salvato per puro miracolo dai suoi stretti familiari.

Decine di giornalisti seriamente impegnati nell’opera di smantellamento di un uomo e di un politico; nessuno che ha mai letto “Passione e Tradimenti”, il libro che lo stesso Aliberti ha scritto ben 10 mesi prima del clamoroso blitz della Procura; un libro in cui Aliberti racconta fatti inediti che preannunciavano fatti giudiziari da brividi; probabilmente neppure il pm Montemurro (al quale il libro era stato consegnato) l’avrà mai letto con la dovuta attenzione.

Ed io ad impiegare il mio tempo per spiegare ai tanti lettori che, come in un film già visto molte volte, la storia poteva e doveva essere raccontata, soprattutto dai giornali, anche in un altro modo; niente da fare, tutti impegnati nel tenere ben acceso il tritacarne mediatico con tanto di pesto per essere sicuri che anche l’ultima ciocca di capelli del malcapitato fosse stata polverizzata.

Meno male che non ce l’hanno fatta; non ce l’ha fatta il PM Montemurro, non ce l’hanno fatta i giornali e le tv (alle quali comunque in passato Aliberti aveva dato e come !!), non ce l’hanno fatta i suoi storici accusatori che erano stati i suoi migliori amici di un tempo, non ce l’ha fatta neppure la camorra con le sue assurde – devastanti ma anche ridicole accuse (ridicole solo per me, non per tutti gli altri che hanno partecipato al massacro) e, infine, non ce l’hanno fatta gli investigatori che la mattina del 18 settembre 2015 irruppero in casa e studio di Aliberti, in Comune, nelle abitazioni dei congiunti e che in seguito hanno testardamente perseguito la pista della “colpevolezza a prescindere”.

Dopo anni di persecuzione è stata sufficiente la deposizione in aula dibattimentale di uno dei componenti la commissione di accesso, tale tenente colonnello Carmine Apicella, nel corso della quale ha affermato di non aver mai appreso di elementi che collegavano il sindaco Aliberti a clan di camorra, per sconvolgere tutto e tutti; e lo ha fatto incredibilmente dalla sua posizione giudiziaria di “teste dell’accusa”. E pensare che sulla relazione della commissione d’accesso iniziale si sono appiattiti il PM, il GIP, il Riesame atto secondo, la Cassazione, e in coda la stampa:  ma di che parliamo !!

Ed ecco che tutti a cercare di cambiare subito registro ed a sperticarsi nell’avvio del “processo di santificazione di Aliberti” con titoli, interviste e paginate completamente scollegate da quei processi mediatico-giudiziari che loro stessi avevano sostenuto per anni sull’onda delle rivelazioni esclusive di una parte, quella degli investigatori, senza porsi la domanda più logica: “Ma su cosa e su chi hanno investigato e prodotto decine di faldoni di atti, se alla base di tutto non c’era niente”.

Scrive il noto avvocato penalista salernitano, Cecchino Cacciatore, che “Il veicolo dello scritto sul giornale quotidiano è stato prescelto. Sia per gli scarsi strumenti in possesso di chi scrive per ambire ad un saggio organico, sia per indolenza e notoria discontinuità”.

Dunque se l’informazione è un veicolo mi sembra giusto chiedere chi guida questo veicolo e in che direzione lo dirige. Anche perché dalla sua guida dipende la stessa esistenza della parità tra accusa e difesa, del giusto processo, dello stato di diritto e del garantismo.

Nel titolo ho citato soltanto alcune delle testate giornalistiche che ho avuto modo di seguire in questi anni per avere almeno qualche dubbio, se non proprio fondato sospetto, su questa loro tanto decantata libertà di stampa che dopo il clamoroso “caso Aliberti” risulta incontestabilmente compromessa. Ma di questo, probabilmente, non se ne rende conto neppure lo stesso Angelo Pasqualino Aliberti intento a raccogliere quei pochi frutti mediatici che una stampa (asservita ?) nascosta dietro la presunta notizia soltanto adesso cerca di offrirgli in cambio della persecuzione durata alcuni anni; una persecuzione che lo aveva fatto passare nell’immaginario collettivo come il peggiore dei boss malavitosi.

Alla prossima.

2 thoughts on “Camorra & Politica: Aliberti e il pianto del coccodrillo della stampa … da Metropolis a Le Cronache, passando per Il Mattino e La Città

  1. Storie giudiziarie che si ripetono e lasciano un amaro gusto di perdita di tempo, risorse umane e tanti costi che paga pantalone. Camorrista no, ma ingenuo forse si!

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