Maria Dolores Bianchini
SALERNO – Ero un’adolescente di 14 anni quando la terra tremò implacabile e mi scrollò di dosso definitivamente l’infanzia … ecco, al di là dei sussulti scomposti, del boato, della paura e dell’aria sovrannaturale e nebbiosa rischiarata debolmente da una luna imperturbabile, fu proprio questa la cosa che mi colpì di più quella sera e i giorni immediatamente successivi, l’improvvisa e triste consapevolezza della fine della mia infanzia … quel periodo più o meno felice in cui tutto sembra possibile e le cose del mondo impalpabili e lontane come fatte dalla materia dei sogni … Salerno era stata toccata appena dal terremoto, ma quando quella notte stretta ai miei in auto cominciai a sentire le notizie via radio, la paura che fino a pochi istanti prima mi aveva attanagliato, si trasformò in terrore. Uno dei paesi più colpiti era stato Balvano, il paese natale di mia madre. Fino ad allora potevo ritenermi fortunata a non essere stata toccata dalla morte … ma ora all’improvviso quella morte potevo toccarla io ovunque volgessi lo sguardo … E al di là delle immagini strazianti dei cadaveri che si affollavano dinanzi agli occhi in Tv, in quei giorni immediatamente successivi alla tragedia, quello che mi colpì come un pugno in pieno viso fu appunto il pensiero che fosse ormai definitivamente morta un’epoca … Insieme al paese dove avevo trascorso tutte le mie estati di bambina erano morti i profumi, i colori, le corse nei prati che avevano riempito quei giorni ormai lontani e a me tanto cari … E nella mia mente si susseguivano immagini di luoghi, di tradizioni che forse non sarebbero più tornate o quanto meno non sarebbero più state le stesse: la casa dei miei nonni piena di “segreti” nascosti e di anfratti ancora da scoprire, i Ferragosto all’Acqua del Signore, le processioni … quella di Sant’Antonio e quella della Madonna di Costantinopoli, le canzoni religiose delle anziane donne del paese, quelle antiche litanie così noiose ma così confortanti, le bancarelle piene di caramelle, torrone e zucchero filato … e le Feste dell’Unità, le gare sportive e i cantanti da ascoltare in piazza … e mi tornò in mente lei … Marinella amica e compagna di tanti giochi e delle prime confidenze da ragazzine … Quell’ultima estate prima del terremoto avevamo litigato per via di un premio … c’era stata una “sfilata” durante l’ultima festa di Agosto … una sfilata di noi ragazzine vestite con i “costumi” d’epoca delle nostre nonne e bisnonne … il caso aveva voluto che vincessi io il premio, una targa a “Miss Simpatia” … quel premio avrebbe voluto vincerlo lei, ma così non fu e mi “mise il muso” perché non era giusto che lo avessero dato a me che venivo dalla città e non ero una vera “balvanese”. Io mi tenni stretta quel premio, perché ho sempre sentito forte le mie origini lucane … Pur essendo nata a Salerno il mio sangue era ed è lucano ed ogni volta che tornavo e torno in quei posti respiravo e respiro gioiosa a pieni polmoni quell’aria che sentivo e sento mia … Ma volevo bene a Marinella per cui andando via, alla fine di Settembre, mi ripromisi di regalarle quella targa quando l’avrei vista al mio ritorno per le vacanze di Natale … Quanto rimpiango di non avergliela regalata subito quella targa, prima di partire … Marinella è morta nel crollo della Chiesa quel dannato 23 novembre ed io quella targa la conservo ancora, ad imperitura memoria della caducità della vita … e di lei, che della sua vita non ha potuto più godere come invece io ho avuto la fortuna di fare … Io che però ho imparato una lezione importante … quella di non rimandare mai a domani quello che puoi fare oggi … se devi dire ti voglio bene, dillo subito … se devi perdonare, perdona subito … perché potrebbe non esserci più l’occasione di farlo e ti rimarrebbe il rimpianto per sempre …”.
Ed a Balvano, da volontaria a portare bottiglie di acqua e coperte, arrivai il giorno dopo la scossa. Non c’era ancora arrivato nessuno…