Dr. Pietro Cusati
(Giurista – Giornalista)
Lussemburgo, 11 novembre 2020 .L’Italia è stata condannata il 10 novembre 2020, dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, a seguito di un procedimento partito dalla Commissione europea nel 2014, per “eccedenze sistematiche e persistenti” che hanno portato alla violazione costante dei “valori limite fissati” per le polveri sottili, derivante da auto, attività industriali e inceneritori e “non ha adottato in tempo le misure necessarie.” Il nostro Paese viene bacchettato per la qualità dell’aria, i valori di PM10 tra il 2008 e il 2017 sono stati sistematicamente sopra i limiti previsti dalla normativa europea. La Corte di giustizia Ue ha condannato l’Italia per aver violato “in maniera sistematica e continuativa” i valori massimi di concentrazione di PM 10 nell’atmosfera, in diverse zone Italiane ,tra cui: Pianura Padana, agglomerati urbani di Milano, Roma, Torino, Padova, Verona e non ha manifestamente adottato in tempo utile misure appropriate che consentano di garantire che il periodo di superamento dei valori limite fissati per il PM10 fosse il più breve possibile nelle zone e negli agglomerati interessati. Inoltre ci sono altre due procedure d’infrazione aperte contro l’Italia in tema di qualità dell’aria,una riguarda il superamento dei valori degli ossidi di azoto, l’altra, fa riferimento alle emissioni di particolato PM 2,5. Da Lussemburgo l’istituzione giudiziaria europea ha il compito di garantire l’osservanza del diritto comunitario nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati dell’Unione europea. Il nostro Paese non ha manifestamente adottato, in tempo utile, misure adeguate per garantire il rispetto dei valori limite fissati dalle norme Ue sull’inquinamento dell’aria,applicabili alle concentrazioni di particelle PM10 e sono stati superati in maniera sistematica e continuata tra il 2008 e il 2017 . Nella sua decisione la Corte Ue non ha dato rilevanza alla circostanza, invocata dall’Italia, sull’estensione limitata delle aree di superamento dei limiti, concentrate nella Pianura Padana, e non estese a tutto il territorio nazionale. I giudici di Lussemburgo hanno precisato che il superamento dei valori limite fissati per il PM10, anche nell’ambito di una sola zona, è sufficiente perché si possa dichiarare un inadempimento della direttiva sulla qualità dell’aria. “La sentenza della Corte di Giustizia del 10 novembre 2020 sul superamento dei limiti di PM10 non ci coglie di sorpresa, visti i dati su cui è basata e che sono incontrovertibili alla prova dei fatti. Dati che, benché si fermino al 2017, indicano un problema che purtroppo non è ancora risolto. Fin dal mio insediamento, nel 2018, ho messo in campo tutti gli strumenti possibili, in accordo con le Regioni, per affrontare il tema della qualità dell’aria. Sottolineo infatti che ogni anno sono almeno 80 mila le vittime dovute a questa problematica che investe soprattutto il Bacino Padano, ma non soltanto. Credo che questa pronuncia debba essere uno stimolo per tutto il Governo a far di più e meglio rispetto a quanto già abbiamo messo in campo, considerando che la stessa Corte nella sentenza riconosce la bontà delle azioni intraprese dal 2018, per garantire nel più breve tempo possibile un ambiente più salubre a tutti i cittadini.” Così il Ministro dell’ambiente, Sergio Costa, ha commentato la sentenza del giudice europeo, su un tema, quello della qualità dell’aria, su cui l’Unione europea ha manifestato una grande attenzione negli ultimi anni contestando più volte a quasi tutti gli Stati membri il disallineamento rispetto ai parametri dell’Unione. Era stata la Commissione europea nel 2018 a chiederne l’intervento, avendo rilevato che in quell’arco temporale “i valori limite giornalieri e annuali fissati per le particelle di Pm10 sono stati superati in maniera molto regolare” in una serie di zone del territorio italiano, e che “l’Italia non ha chiaramente adottato misure tempestive” per garantire il rispetto dei valori limite.La Commissione europea aveva deferito l’Italia alla Corte di Giustizia il 16 maggio 2018. Nel 2014, la Commissione europea ha avviato un procedimento per inadempimento nei confronti dell’Italia in ragione del superamento sistematico e continuato, in un certo numero di zone del territorio italiano, dei valori limite fissati per le particelle PM10 dalla direttiva «qualità dell’aria» . Secondo la Commissione, dal 2008 l’Italia aveva superato, in maniera sistematica e continuata, nelle zone interessate, i valori limite giornaliero e annuale applicabili alle concentrazioni di particelle PM10, ai sensi della direttiva «qualità dell’aria». D’altra parte, la Commissione muoveva censure all’Italia per non aver adempiuto l’obbligo ad essa incombente, di adottare misure appropriate al fine di garantire il rispetto dei valori limite fissati per le particelle PM10 nell’insieme delle zone interessate. Ritenendo insufficienti i chiarimenti forniti in proposito dall’Italia nel corso della fase precontenziosa del procedimento, la Commissione, il 13 ottobre 2018, ha proposto dinanzi alla Corte un ricorso per inadempimento. Nella sentenza pronunciata il 10 novembre 2020, la Corte, riunita in Grande Sezione su domanda dell’Italia, ha accolto il ricorso della Commissione Europea. In primo luogo, per quanto riguarda la censura attinente alla violazione sistematica e continuata delle disposizioni della direttiva «qualità dell’aria», la Corte giudica detta censura fondata, alla luce degli elementi dedotti dalla Commissione per i periodi e le zone oggetto del procedimento. A tal riguardo, la Corte ricorda, anzitutto, che il fatto di superare i valori limite fissati per le particelle PM10 è sufficiente, di per sé, per poter accertare un inadempimento alle summenzionate disposizioni della direttiva «qualità dell’aria».La Corte dichiara che, dal 2008 al 2017 incluso, i valori limite giornaliero e annuale fissati per le particelle PM10 sono stati regolarmente superati nelle zone interessate. Secondo la Corte, il fatto che i valori limite in questione non siano stati superati nel corso di taluni anni durante il periodo considerato non osta all’accertamento, in una situazione siffatta, di un inadempimento sistematico e continuato alle disposizioni in parola. Infatti, secondo la definizione stessa del «valore limite» di cui alla direttiva «qualità dell’aria», detto valore, al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana e/o sull’ambiente nel suo insieme, deve essere conseguito entro un dato termine e non essere superato una volta raggiunto. La Corte sottolinea che, una volta che, come nel caso di specie, tale constatazione è stata accertata, è irrilevante che l’inadempimento risulti dalla volontà dello Stato membro al quale è addebitabile, dalla sua negligenza, oppure da difficoltà tecniche o strutturali cui quest’ultimo avrebbe dovuto far fronte, salvo stabilire l’esistenza di circostanze eccezionali le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate nonostante l’uso della massima diligenza. Non essendo riuscita a fornire tale prova, invano l’Italia si è fondata sulla diversità delle fonti d’inquinamento dell’aria per sostenere che alcune di esse non potrebbero esserle imputate, come esempio quelle che sarebbero influenzate dalle politiche europee di settore, o sulle particolarità topografiche e climatiche di talune zone interessate. Infine, la Corte non conferisce rilevanza alcuna alla circostanza, invocata dall’Italia, dell’estensione limitata, rispetto all’insieme del territorio nazionale, delle zone sulle quali vertono le censure invocate dalla Commissione. Essa precisa, al riguardo, che il superamento dei valori limite fissati per le particelle PM10, anche nell’ambito di una sola zona, è di per sé sufficiente perché si possa dichiarare un inadempimento alle summenzionate disposizioni della direttiva «qualità dell’aria».In caso di superamento di detti valori limite dopo il termine previsto per la loro applicazione, lo Stato membro interessato è tenuto a redigere un piano relativo alla qualità dell’aria che risponda ai requisiti di detta direttiva, segnatamente a quello di prevedere le misure adeguate affinché il periodo di superamento di tali valori limite sia il più breve possibile. Il superamento dei valori limite giornaliero e annuale fissati per le PM10 è rimasto sistematico e continuato per almeno otto anni nelle zone interessate. Secondo la Corte, una siffatta situazione dimostra, di per sé, che l’Italia non ha dato esecuzione a misure appropriate ed efficaci affinché il periodo di superamento dei valori limite fissati per le particelle PM10 sia il più breve possibile.
Pertanto l’Italia aveva superato, “in maniera sistematica e continuata, nelle zone interessate, i valori limite giornaliero e annuale applicabili alle concentrazioni di particelle PM10“, ai sensi della direttiva “qualità dell’aria” e “per non aver adempiuto l’obbligo ad essa incombente” di adottare misure appropriate al fine di garantire il rispetto dei valori limite fissati per le particelle PM10 nell’insieme delle zone interessate. La Corte ha ritenuto insufficienti i chiarimenti forniti in proposito dall’Italia nel corso della fase precontenziosa del procedimento, per inadempimento.