di Paolo Pozzuoli
In Malta i natali 84 anni or sono, 60 da sacerdote di cui 13 nella stessa Malta da Domenicano a decorrere dal 2 aprile 1960 con l’ordinazione (arcivescovo mons. Michael Gonzi) presso la locale Cattedrale dedicata a S. Giovanni e 47 qui, in Caserta dove, a partire dal 23 gennaio 1973, giorno del suo arrivo, ha svolto con intensità e ‘zelo incondizionato’ il ministero sacerdotale ‘chiamato dal Signore per la Sua bontà, non per meriti personali’. A Caserta ha quindi vissuto con straordinaria energia il suo essere sacerdote e sperimentato l’affetto e la vicinanza di mons. Vito Roberti, di mons. Francesco Cuccarese, di mons. Raffaele Nogaro, di mons. Pietro Farina di felice memoria e, l’attuale vescovo, mons. Giovanni D’Alise (…preghiamo nostro Signore per la sua guarigione) che ricorda e ringrazia con affetto e … poi i tanti amici che l’hanno accompagnato in questi favolosi anni.
Come dimenticare don Tommaso Acconcia – ‘un dono della Provvidenza’ – che lo accolse, proposto dal vescovo mons. Raffaele Nogaro, presso il Santuario dedicato a Sant’Anna co-patrona di Caserta, la santa cui era particolarmente devoto da dedicarLe l’Inno di lode a Sant’Anna arricchito con la partitura musicale realizzata dallo stesso don Frendo, fregiato del Diploma L.R.S.M. in Violino rilasciato dal Conservatorio di Londra. Da coaditore a vicario e cappellano della clinica S. Anna in Caserta nominato dal vescovo mons. Raffaele Nogaro. Dal mese di gennaio 1988 inizia il ministero presso la chiesa di S. Sebastiano Martire partecipando attivamente ai lavori di ristrutturazione: prima da vicario parrocchiale (nominato dal vescovo mons. Francesco Cuccarese), poi da amministratore parrocchiale e infine parroco (le nomine da parte del vescovo mons. Raffaele Nogaro). In San Sebastiano Martire le solenni celebrazioni presiedute dal vescovo, mons. Giovanni D’Alise nella ricorrenza dell’80° compleanno (10 aprile 2016) e di ‘pensionamento’ (17 aprile 2016). Meravigliosa e quindi da riportare la testimonianza del vescovo emerito mons. Raffaele Nogaro nella ricorrenza del 50° anniversario di sacerdozio di don Salvatore Frendo: “Don Salvatore è il prete della simpatia. Attira a sè le persone come una calamita. Con tutti è gentile e premuroso. È un prete che corre lungo le strade di Caserta per renderle, esse pure, belle e accoglienti. Quando vent’anni fa lo incontrai, con il suo italiano un po’ stentato e con il suo fare dimesso, mi diede l’impressione di usare una delicatezza estrema verso la mia persona. Seppi poi che era maltese, con un italiano non del tutto digerito, ma con una bontà d’animo capace di soddisfare le esigenze del volontariato più generoso. È parroco di professione e di zelo incondizionato. Durante tutto il giorno va sempre di fretta perchè deve raggiungere tutti gli ammalati e i sofferenti della sua comunità e della città. Ed è atteso come l’angelo consolatore. Nella chiesa veniamo presi spesso dalla funzionalità, dall’efficienza, dai servizi ad alto livello che si devono compiere e poi ci manca la testimonianza viva di un essere all’interno dei problemi della gente. Oggi si avverte che tante persone, in situazioni di disagio, cercano un sostegno, una parola di liberazione. Bisognerebbe uscire da una visione di apparato, che insiste sugli aspetti teorici, sulle adesioni di principio. Bisognerebbe saper cogliere le coscienze, le anime di verità presenti in ogni persona e valorizzarle nella loro positività. Proprio questo sa fare Don Salvatore, calarsi dentro l’esperienza delle singole persone e portarvi l’aiuto appropriato. Lui ama la gente. La sua amicizia è ricercata da tutti. E per tutti egli ha la parola della comprensione e del conforto. Don Salvatore ama Gesù, il Signore. Egli sa bene che la fede non è solo il risultato di una tradizione, di una specifica situazione sociale, ma è anzitutto l’esito di un libero ‘sì’ del cuore a Cristo. Ed egli rincorre la libertà di ognuno, la solleva con la speranza di donargli la gratificazione della presenza del Signore. Don Salvatore suona anche il violino e in modo valoroso. Ha interessi artistici raffinati e ama la compagnia dei giovani che si dedicano alla musica in particolare. La sua umanità è ad ampio respiro. Ebbi modo di scrivere: ‘Nella mia passione per la gente, vorrei imbrigliare il sole e renderlo gioiosa fecondità di vita per tutti’. Ebbene, come prete e come uomo, Don Salvatore sa imbrigliare il sole e sa produrre per i fratelli quella luce e quell’amore, che rendono serena la vita”.
Paolo Pozzuoli
È stato un dono della Provvidenza. Il ricordo di Edda Aiezza, vedova del prof. Salvatore Ricciardi e Fabio Luongo tenero marito di Raffaella Campo, amabile genero di Mariangela Martino, stimato professionista, amico sincero.
A yr s è stato prima coadiutore
36 a Malta, qui nel mese di settembre 1953 entra nell’ordinministero sacerdotale e dei Domenicani;
2 aprile 1960 ordinato sacerdote nella Cattedrale ‘S. Giovanni’ a Malta;
20 gennaio 1973 arriva a Caserta;
2 settembre 1974 coadiutore del Santuario dedicato a S. Anna;
12 settembre 1977 incardinato nella Diocesi di Caserta dal vescovo mons. Vito Roberti;
8 gennaio 1988 il vescovo mons. Francesco Cuccarese lo nomina vicario parrocchiale della chiesa di S. Sebastiano Martire;
1 gennaio 2000 il vescovo mons. Raffaele Nogaro lo nomina cappellano della clinica S. Anna in Caserta;
1 gennaio 2003 il vescovo mons. Raffaele Nogaro lo nomina amministratore parrocchiale della chiesa di S. Sebastiano Martire;
1 gennaio 2004 il vescovo mons. Raffaele Nogaro lo nomina parroco della chiesa di S. Sebastiano Martire;
11 gennaio 2004 Messa solenne presideduta dal padre vescovo mons. Raffaele Nogaro e presa di possesso del novello parroco don Salvatore Frendo;
10 aprile 2016 solenne celebrazione presieduta dal vescovo mons. Giovanni D’Alise, 80° compleanno
17 aprile 2016 solenne celebrazione presieduta dal vescovo mons. Giovanni D’Alise, lascia la parrocchia.
Il ricordo di don Tommaso Acconcia che, appena arrivato dalla Repubblica di Malta, terra natìa, lo accolse, proposto dal vescovo mons. Raffaele Nogaro, presso il Santuario dedicato a Sant’Anna co-patrona di Caserta, santa alla quale era particolarmente devoto tanto da dedicarLe il noto inno, Inno di lode a Sant’Anna arricchito con la partitura musicale realizzata da don Frendo ’. È stato un dono della Provvidenza. Il ricordo di Edda Aiezza, vedova del prof. Salvatore Ricciardi e Fabio Luongo tenero marito di Raffaella Campo, amabile genero di Mariangela Martino, stimato professionista, amico sincero.
Sono trascorsi 60 anni da quando sono stato ordinato sacerdote nella concattedrale di Malta dall’arcivescovo mons. Michael Gonzi, per la mia vita tracciata dal Signore dopo vent’anni da domenicano mi ha condotto a Caserta dove ho potuto vivere il mio sacerdozio sento qui il dovere di ricordare e ringraziare i cari vescovi che mi hanno accolto e aiutato oltre in questi anni ho potuto sperimentare l’affetto e la vicinanza di mons. Vito Roberti, di mons. Francesco Cuccarese, di mons. Raffaele Nogaro, di mons. Pietro Farina di felice memoria e, ultimamente, dell’attuale vescovo, mons. Giovanni D’Alise. Dopo 60 anni di sacerdozio il primo sentimento è di gratitudine a Dio che mi ha chiamato non per i miei meriti ma per la sua bontà. Signore, grazie! Un secondo sentimento è di perdono perchè certamente non sempre sono stato uno strumento fedele e docile alla volontà di Dio. Signore pietà. Signore pietà!
Un terzo sentimento è di fiducia in Dio per il tempo che ancora vorrà concedermi: nelle tue mani, Signore, è la mia vita. Per tutto quanto hai fatto per me, un grande, sincero, totale Amen!
Ringrazio anche tutti voi che mi siete stati vicino con affetto e comprensione e che avete voluto oggi essere presenti in questa solenne concelebrazione presieduta dal nostro vescovo.
Aprile 23, 2016 · Aggiornato Aprile 23, 2016
approfitto per ringraziare ancora una volta don Salvatore che ha avvertito il coraggio di lasciare una bellissima isola per venire qui; lo ringrazio per tutti questi anni che è stato nella Diocesi di Caserta
Un esemplare messaggio d’amore, genuino, schietto, sincero, il saluto di don Salvatore: “Eccellenza Rev.ma, prima di lasciare il mio servizio come Parroco di San Sebastiano Martire, in questa Diocesi che io porto nel cuore, desidero ringraziare quanti mi sono stati vicini in questi 43 anni di mia permanenza nella città di Caserta. Desidero qui manifestare a Voi tutta la mia simpatia e la mia riconoscenza. Le persone da ringraziare sono davvero tante; se non le ricordo tutte non è per mancanza di affetto ma perché sono tante: è naturale che qualche nome potrebbe sfuggirmi. In questi anni ho potuto sperimentare l’affetto e la vicinanza di Mons. Vito Roberti, di Mons. Francesco Cuccarese, di Mons. Raffaele Nogaro, di Mons. Pietro Farina di felice memoria e ultimamente anche di Voi, caro Mons. D’Alise.
Negli incontri mensili con tutto il clero e nelle solenni liturgie del Duomo mi sono sentito figlio della grande madre Chiesa.
Ringrazio il mio fedele e sincero collaboratore don Elio Catarcio con cui ho condiviso la gioia e la fatica di guidare questa parrocchia per 13 anni, in grande armonia e sinergia.
Ringrazio il diacono, don Luigi Tamburro, sempre presente nelle funzioni liturgiche.
Ringrazio il Consiglio parrocchiale, la cui presidente è stata la dott.ssa Angela Sorano, con il quale abbiamo lavorato insieme per realizzare le tante attività e per servire meglio i fedeli della parrocchia.
Ringrazio infine tutti i fedeli e gli amici che hanno pregato per me, mi hanno consigliato, mi sono stati vicino, non mi hanno fatto sentire straniero ma fratello tra fratelli.
C’è naturalmente rammarico, dispiacere in me e in voi, ma queste sono le leggi della vita e della Chiesa.
IO VI PORTO NEL CUORE, SONO SICURO CHE ANCHE VOI MI RICORDATE E MI VORRETE SEMPRE BENE.
CONCLUDENDO!! L’unica cosa che mi rallegra è che lascio la Parrocchia senza alcun debito anche se negli ultimi tempi ho affrontato momenti di notevoli difficoltà economiche.
Al mio successore consegno la Parrocchia in buona salute; molto è stato fatto, a Lui l’augurio di fare di più e meglio per il bene della comunità Parrocchiale e di tutta la Diocesi di Caserta. GRAZIE!”.
Semplicemente speciale il saluto che il coro parrocchiale, “un arcobaleno di sorrisi”, abilmente curato da don Salvatore, gli ha riservato. don Salvatore si intende anche di musica: diplomato in violino presso il Conservatorio di Londra, è un eccellente violinista; ed è opera sua la partitura musicale dell’Inno di Lode a S. Anna. Il coro, composto da Annalisa, Aurora, Barbara, Enzo, Iole, Patrizia, Rosalba, Sergio, è stato rappresentato da Giovanna,
che ha chiosato: “di don Salvatore tutto si può dire fuorchè sia un punto fermo; non sta immobile un solo istante; va spedito in ogni dove; corre incontro a tutti con calore ed energia; è brioso, è coinvolgente, ovunque va porta gioia; basta entrare in una stanza dove è presente per sentirne l’energia, la forza vitale, l’entusiasmo, l’allegria che sa comunicare, talvolta, senza neanche bisogno di parlare; sono i suoi occhi che ti sanno abbracciare e infondere amore; quello stesso amore che ogni domenica dall’altare elargisce ai suoi fedeli attraverso le parole del Vangelo che lui sa rendere semplici e comprensibili a chiunque; la sua semplicità lo fa amare dalla gente, la sua umanità lo rende parte di un popolo in cammino che cerca certezze, stabilità, sincerità; don Salvatore è proprio così, schietto e sincero; e questo è un dono assai prezioso per le persone che lo circondano; noi, voci di un coro di sorrisi, sentiamo nei suoi gesti la melodia del sole nascente; il ritmo delle canzoni, grazie al suo occhio sempre attento, diventa come un canto di angeli sceso dal cielo; ogni parola che cantiamo con gioia diventa, in meno di un momento, un arcobaleno di vita che si diffonde negli occhi del mondo; tutto grazie alla nostra splendida guida, il prete dal piè veloce che, nei suoi gesti e nei suoi colori, ci trasmette le sensazioni della vita; ebbene, come dicevo all’inizio, don Salvatore non può essere un punto fermo, perché non sta mai fermo, ma per noi è il nostro punto fermo; è la nostra certezza, il nostro punto di partenza; il nostro maestro in questa vita che così di frequente si smarrisce quando non ha una giusta guida; allora, con un sorriso ringraziamo il nostro don Salvatore per la sua amicizia, per l’allegria e il dono di saper parlare ai nostri cuori sempre; con affetto sincero”.
CASERTA. IL VESCOVO DELLA DIOCESI, S. ECC. MONS. GIOVANNI D’ALISE, HA PRESIEDUTO LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLA CHIESA DI S. SEBASTIANO MARTIRE, IN OCCASIONE DELLA RICORRENZA DELL’80° COMPLEANNO DEL PARROCO, DON SALVATORE FRENDO.
di Mattia Branco · Pubblicato Aprile 16, 2016 · Aggiornato Aprile 16, 2016
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di Paolo Pozzuoli
Momenti bellissimi, momenti intensi, momenti emozionanti vissuti con don Salvatore Frendo, parroco di S. Sebastiano Martire, nella ricorrenza del suo 80° compleanno. E quanti ricordi – che non vanno confusi con il bilancio di quanto operato nel corso della vita terrena – affiorati da un sottile velo di malinconia, impalpabile e discreta compagna di viaggio. Don Salvatore Frendo è il protagonista umile e discreto di una storia mirabile che – deo gratias – non si esaurisce con le celebrazioni eucaristiche concelebrate dal medesimo parroco, don Elio Catarcio, don Franco Galeone, don Stanislao, i diaconi Elpidio Pellino e Luigi Tamburro, un eccellente quartetto composto dall’organista Ilaria Vernoni, dalla violinista Cecilia D’Iorio, dalla soprano Maria Teresa Palumbo e dal maestro Armando Valentino portentoso solista del San Carlo, e presiedute dal Pastore della diocesi di Caserta, S. Ecc. mons. Giovanni D’Alise, nell’arco di una settimana (occasione dell’80° compleanno la prima, congedo da parroco l’altra), ma continua e va quotidianamente aggiornata. Un sentito e rispettoso affetto filiale la nostra gratitudine per il privilegio di averlo conosciuto. Don Salvatore un campione di semplicità, di genuinità, di bontà, di umanità, di generosità, di misericordia. 43 anni fa giunse via mare, qui a Caserta, dall’incantevole isola di Malta per annunciare il vangelo. Il suo, quale “Fidei donum”, doveva essere un servizio temporaneo. Ma, accolto con affetto dai fedeli, vi è rimasto compiendo il servizio sacerdotale, un servizio tale che “ha fatto scattare qualcosa di importante fra Caserta e don Salvatore”. È quanto ha evidenziato mons. D’Alise nel corso dell’omelia. Un’omelia particolarmente bella, profonda, intensa, con tante sottolineature, altrettante riflessioni e speciali riferimenti e “ringraziamenti a don Salvatore per il suo impegno nella parrocchia e soprattutto al Signore per avercelo donato”. “Sono qui di domenica e rappresento tutto il presbiterio” – ha continuato e concluso Sua Eccellenza – “perché vorrei vivere con voi un’eucaristia solennissima, perché don Salvatore ricordi la prima eucaristia celebrata 54 anni fa a Malta e ringraziare Dio con lui e tutta la comunità”. Quindi, riflettendo e riportandosi al Vangelo, ha parlato della risurrezione che “dà un senso nuovo perché è un salto enorme in avanti oltre l’orizzonte della vita umana che si apre nell’orizzonte stesso di Dio; non avrebbe senso il cristianesimo senza la risurrezione di Gesù ed è importante per la storia di don Salvatore, spinto a dare la sua adesione a Cristo Gesù; è la storia di don Salvatore che ha seguito Gesù; la prima cosa è essere chiamati nel porto di Dio; Gesù gliel’ha chiesto ed egli ha detto ‘eccomi’; ma non finisce qui l’esperienza cristiana: c’è una continuazione con Pietro; un dialogo bellissimo che è la continuazione della chiesa ed è … quanto Gesù chiede a ciascuno di noi: mi ami tu? vuoi fare un salto ed essere all’altezza di Cristo? ‘seguimi’ è la vita di ogni sacerdote quando dice ‘eccomi’ e non sa quello che chiede Gesù; comincia la radicalità dell’amore: mi ami? e, alla fine, la domanda a se stesso: ‘sono riuscito ad alzarmi e a seguire Dio?’; sono queste le esperienze fatte da don Salvatore che vanno coniugate con l’impennata d’amore, l’amore dono; 80 gli anni di don Salvatore, 27 la gioia per aver avuto don Salvatore con voi; vi ha coccolato e l’avete coccolato; e questa Chiesa dovrebbe parlarne; voglio ringraziarlo per le catechesi che ci ha fatti avvicinare a questa Caserta che ringrazia don Salvatore e don Salvatore deve ringraziare Caserta; ancora tanti, tanti anni sempre da sacerdote e da innamorato di Cristo”. Il diacono Luigi Tamburro, a nome anche di don Elio Catarcio, del Consiglio parrocchiale, del Coro e dei collaboratori dell’Associazione di S. Vincenzo de’ Paoli, nel formulare ‘a don Salvatore gli auguri più belli per il suo compleanno’, ha ringraziato “il Signore per il dono della sua presenza in mezzo a noi e la Vergine Maria Immacolata per la sua dedizione entusiasta, unica e appassionata alla Chiesa di S. Sebastiano Martire”, ha evidenziato “l’insegnamento di don Salvatore finalizzato a realizzare il profondo mistero di giustizia della creatura verso il Creatore”, e poi la preghiera al Signore perché possa “illuminare don Salvatore con la Sua luce, assisterlo con la Sua grazia e sostenerlo con la Sua forza”. Infine il ‘grazie’ di don Salvatore all’Eccellenza reverendissima ed ai carissimi fedeli: “sono nato a Malta nel 1936: Dio mi ha fatto raggiungere l’età di 80 anni; una bella età, un dono di Dio; sono contento del tempo che Dio mi ha donato e credo di avere qualche rimpianto: non aver impiegato tutto il tempo per il bene; voglio ringraziare i miei genitori, Giovanna e Carmelo, che mi hanno insegnato con il loro esempio, i valori civili e cristiani, mi hanno incoraggiato nella vita del sacerdozio, come domenicano prima e come secolare poi; voglio ringraziare Dio per il dono del sacerdozio: sono da 56 anni sacerdote, 13 come domenicano e 43 come secolare nella chiesa di Dio che è in Caserta, accolto con affetto da tutti voi; in questi 56 anni ho avuto la gioia di avere annunciato il vangelo, di aver compiuto opere di misericordia, spirituale e corporale, 15 anni a S. Anna e 28 anni a S. Sebastiano; per tutti questi motivi ringrazio Dio che si è servito di me a lavorare nel suo regno, e ringrazio tutti voi che mi avete accompagnato con la stima, l’affetto, la preghiera. Grazie! Vi porto tutti nella memoria e nel cuore”.
CASERTA. DON SALVATORE FRENDO HA LASCIATO LA PARROCCHIA (SAN SEBASTIANO MARTIRE)
di Mattia Branco · Pubblicato Aprile 23, 2016 · Aggiornato Aprile 23, 2016
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CASERTA . DON SALVATORE FRENDO HA LASCIATO LA PARROCCHIA (SAN SEBASTIANO MARTIRE) AFFIDATAGLI NEL GENNAIO DEL 1988 DAL VESCOVO, S. ECC. MONS. FRANCESCO CUCCARESE. SOLENNE, NELLA CHIESA, LA CONCELEBRAZIONE PRESIEDUTA DAL VESCOVO DI CASERTA, S. ECC. MONS. GIOVANNI D’ALISE.
di Paolo Pozzuoli
C’è chi ha detto che ‘partire è un po’ morire’ e c’è chi ha affermato che ‘partire è un po’ tradire’. Altro viaggio? Nuove strade da percorrere? Andare incontro all’ignoto o cercare e vivere emozioni e sensazioni diverse? Mah! Perché? Spinti forse dall’umana insoddisfazione? A prescindere, c’è comunque da sostenere una separazione, un allontanamento, ovvero una distanza fra i luoghi fino a quel momento frequentati, certamente amati, familiari, e gli affetti che non sono acqua fresca. Siamo nell’ambito della sfera umana. È la natura dell’uomo: un perenne inappagamento, un malessere biologico! Quale esempio e quanta differenza con la ‘partenza’ di un sacerdote! “Tra un parroco che lascia ed i fedeli certamente c’è rammarico, certamente c’è dispiacere, ma questa è la legge della Chiesa”: è un passaggio, uno stralcio (… a mò di conforto anche …) della lettera – in perfetta sintonia con il Vescovo, Mons. Giovanni D’Alise – che don Salvatore Frendo ha indirizzato ai fedeli nel lasciare la parrocchia di San Sebastiano Martire. Infatti, Mons. D’Alise, evidenziato che “noi tutti, indistintamente, agiamo non per caso ma per un progetto di Dio e, se è vero come è vero che, quando ci viene detto di lasciare, costa, altrettanto vero è bellissimo poter dire”, ha confidato di sapere perfettamente “cosa significa quando un parroco va via e come resta la comunità (V. Cancello dove si ricordano e gli viene un nodo alla gola quando passa di là)”, ha sintetizzato la sua bellissima storia a “partire dalla chiamata del Signore e, attraverso tante rinunce, nonché durissimi allontanamenti quali l’aver ‘lasciato, dopo 35 anni, prima la parrocchia del suo paese dove ancora oggi viene chiamato Giannino, e successivamente, dopo 10 bellissimi anni, la guida della diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia”. “Mi sono affidato a Dio” – ha continuato e concluso S. Eccellenza il Vescovo – “che mi ha donato una serenità, una tranquillità interiore in quanto con il suo aiuto mi rende la visione di ciò che vuole; siamo chiamati a fare la volontà di Dio e le grazie piovono senza che possiamo fermarle perché il Signore si compiace per chi fa la sua volontà; la guida di una comunità non è acqua fresca ma il Signore ci dà la forza di poter migliorare per Lui; ha bisogno di tanti di noi per essere presente in ogni luogo, ogni comunità, ogni tempo; sabato, il Signore mi dà la gioia di ordinare il mio primo sacerdote (don Antonio Traviso) e prego il Signore di donarmi tanti sacerdoti e figli da amare; vogliamo anche dei laici che assumono la responsabilità che chiede loro il vescovo; il loro aiuto, la loro presenza non è un serviziello da fare al prete per rendersi importanti ma diventare esperti per quello che si viene chiamati; approfitto per ringraziare ancora una volta don Salvatore che ha avvertito il coraggio di lasciare una bellissima isola per venire qui; lo ringrazio per tutti questi anni che è stato nella Diocesi di Caserta; rammento – don Salvatore forse non se lo ricorda – che tanti anni fa, era la prima volta, ci siamo incontrati al castello di Cancello; grazie della tua capacità di dire subito ‘sì’ alla Parola di Dio; grazie anche a don Elio (Catarcio) che è stato di aiuto a don Salvatore e grazie a don Franco (Galeone) per la solidarietà di sostegno a don Salvatore e al diacono (don Luigi Tamburro); aderire alla volontà di Dio è anche per i cristiani, non solo per i religiosi; a tutti voi e ai sacerdoti sia di consolazione l’esempio di Maria Santissima: aveva quel figlio, si è staccato e sotto la Croce è diventata la Madre di tutti noi; abbiamo una Madre, un Fratello che ci vogliono bene”. Un esemplare messaggio d’amore, genuino, schietto, sincero, il saluto di don Salvatore: “Eccellenza Rev.ma,
prima di lasciare il mio servizio come Parroco di San Sebastiano Martire, in questa Diocesi che io porto nel cuore, desidero ringraziare quanti mi sono stati vicini in questi 43 anni di mia permanenza nella città di Caserta.
Desidero qui manifestare a Voi tutta la mia simpatia e la mia riconoscenza.
Le persone da ringraziare sono davvero tante; se non le ricordo tutte non è per mancanza di affetto ma perché sono tante: è naturale che qualche nome potrebbe sfuggirmi.
In questi anni ho potuto sperimentare l’affetto e la vicinanza di Mons. Vito Roberti, di Mons. Francesco Cuccarese, di Mons. Raffaele Nogaro, di Mons. Pietro Farina di felice memoria e ultimamente anche di Voi, caro Mons. D’Alise.
Negli incontri mensili con tutto il clero e nelle solenni liturgie del Duomo mi sono sentito figlio della grande madre Chiesa.
Ringrazio il mio fedele e sincero collaboratore don Elio Catarcio con cui ho condiviso la gioia e la fatica di guidare questa parrocchia per 13 anni, in grande armonia e sinergia.
Ringrazio il diacono, don Luigi Tamburro, sempre presente nelle funzioni liturgiche.
Ringrazio il Consiglio parrocchiale, la cui presidente è stata la dott.ssa Angela Sorano, con il quale abbiamo lavorato insieme per realizzare le tante attività e per servire meglio i fedeli della parrocchia.
Ringrazio infine tutti i fedeli e gli amici che hanno pregato per me, mi hanno consigliato, mi sono stati vicino, non mi hanno fatto sentire straniero ma fratello tra fratelli.
C’è naturalmente rammarico, dispiacere in me e in voi, ma queste sono le leggi della vita e della Chiesa.
IO VI PORTO NEL CUORE, SONO SICURO CHE ANCHE VOI MI RICORDATE E MI VORRETE SEMPRE BENE.
CONCLUDENDO!! L’unica cosa che mi rallegra è che lascio la Parrocchia senza alcun debito anche se negli ultimi tempi ho affrontato momenti di notevoli difficoltà economiche.
Al mio successore consegno la Parrocchia in buona salute; molto è stato fatto, a Lui l’augurio di fare di più e meglio per il bene della comunità Parrocchiale e di tutta la Diocesi di Caserta. GRAZIE!”.
Semplicemente speciale il saluto che il coro parrocchiale, “un arcobaleno di sorrisi”, abilmente curato da don Salvatore, gli ha riservato. don Salvatore si intende anche di musica: diplomato in violino presso il Conservatorio di Londra, è un eccellente violinista; ed è opera sua la partitura musicale dell’Inno di Lode a S. Anna. Il coro, composto da Annalisa, Aurora, Barbara, Enzo, Iole, Patrizia, Rosalba, Sergio, è stato rappresentato da Giovanna,
che ha chiosato: “di don Salvatore tutto si può dire fuorchè sia un punto fermo; non sta immobile un solo istante; va spedito in ogni dove; corre incontro a tutti con calore ed energia; è brioso, è coinvolgente, ovunque va porta gioia; basta entrare in una stanza dove è presente per sentirne l’energia, la forza vitale, l’entusiasmo, l’allegria che sa comunicare, talvolta, senza neanche bisogno di parlare; sono i suoi occhi che ti sanno abbracciare e infondere amore; quello stesso amore che ogni domenica dall’altare elargisce ai suoi fedeli attraverso le parole del Vangelo che lui sa rendere semplici e comprensibili a chiunque; la sua semplicità lo fa amare dalla gente, la sua umanità lo rende parte di un popolo in cammino che cerca certezze, stabilità, sincerità; don Salvatore è proprio così, schietto e sincero; e questo è un dono assai prezioso per le persone che lo circondano; noi, voci di un coro di sorrisi, sentiamo nei suoi gesti la melodia del sole nascente; il ritmo delle canzoni, grazie al suo occhio sempre attento, diventa come un canto di angeli sceso dal cielo; ogni parola che cantiamo con gioia diventa, in meno di un momento, un arcobaleno di vita che si diffonde negli occhi del mondo; tutto grazie alla nostra splendida guida, il prete dal piè veloce che, nei suoi gesti e nei suoi colori, ci trasmette le sensazioni della vita; ebbene, come dicevo all’inizio, don Salvatore non può essere un punto fermo, perché non sta mai fermo, ma per noi è il nostro punto fermo; è la nostra certezza, il nostro punto di partenza; il nostro maestro in questa vita che così di frequente si smarrisce quando non ha una giusta guida; allora, con un sorriso ringraziamo il nostro don Salvatore per la sua amicizia, per l’allegria e il dono di saper parlare ai nostri cuori sempre; con affetto sincero”.
Ha raggiunto il Cielo l’Architetto
Fabio Luongo
Premuroso e tenero marito, stimato professionista, amico sincero
Affranti ne danno l’annuncio la moglie Raffaella Campo ed i fratelli Dario e Maurizio con i familiari tutti.
Caserta, lì 15 Luglio 2020
Caserta, giovedì 16 luglio 2020. Sebbene non impreparato – le criticità delle condizioni di salute del nostro fratello Fabio consentivano soltanto di pregare per supplicare un miracolo da consentirgli di rimanere accanto all’amata Raffaella con la quale, oltre al sacro vincolo matrimoniale, aveva costituito un valido, robusto e indissolubile sodalizio professionale – sono umanamente rattristato per il passaggio del caro fratello Fabio da questa aspra e dura vita terrena alla radiosa e gloriosa vita immortale, spirituale, dove la sua anima è stata accolta da nostro Signore Gesù Cristo nel giorno in cui la Chiesa ha ricordato e celebrato San Bonaventura da Civita di Bagnoregia, maestro di teologia, Ministro generale dell’Ordine francescano che, mediando fra una corrente spirituale ed alcune tendenze mondane, riuscì a conservare l’unità dei Frati Minori e a redigere una nuova biografia di san Francesco d’Assisi, Legenda Maior, che diventerà la biografia ufficiale nell’Ordine. Del fratello Fabio – cui diamo l’estremo saluto affidandone l’anima al Signore nostro Gesù Cristo – resta vivo e indelebile il ricordo dei tanti momenti ricchi e spensierati passati assieme nel dorso di tanti pellegrinaggi, in particolare quelli effettuati nell’isola di Malta, mia terra natìa, nelle speciali celebrazioni dei riti della settimana santa, assieme all’amata Raffaella ed alla cara suocera Angela Martino, inesauribile e ineguagliabile guida. E preghiamo altresì nostro Signore perchè non trascuri la dolce Raffaella ma la guidi nella preghiera perchè possa trovare nella fede quel conforto consolatore. Don Salvatore
Il suo obiettivo principale fu quello di conservare l’unità dei Frati Minori, prendendo posizione sia contro la corrente spirituale (influenzata dalle idee di Gioacchino da Fiore e incline ad accentuare la povertà del francescanesimo primitivo), sia contro le tendenze mondane insorte in seno all’Ordine. Favorevole a coinvolgere l’Ordine francescano nel ministero pastorale e nella struttura organizzativa della Chiesa, nel Capitolo generale di Narbona del 1260 contribuì a definire le regole che dovevano guidare la vita dei suoi membri: le Costituzioni, dette appunto Narbonensi. A lui, in questo Capitolo, venne affidato l’incarico di redigere una nuova biografia di san Francesco d’Assisi che, intitolata Legenda Maior, diventerà la biografia ufficiale nell’Ordine. Il suo obiettivo principale fu quello di conservare l’unità dei Frati Minori magister (cioè “maestro”) di teologia e ottiene la licentia docendi (la “licenza d’insegnare”).
Tra il 1262 e il 1264 Bonaventura fu priore del convento di San Francesco ad Orvieto che fece ristrutturare. I francescani erano di casa ad Orvieto. I Mendicanti di Francesco dovevano essere in città almeno fin dal 1216 (ben prima dell’approvazione della Regola) nel luogo stesso dove sarà edificato il complesso attuale di San Francesco, chiesa e convento; presumibilmente sul preesistente sito della citata S. Maria in Pulzella chiesa “detta Nunziata” nel quartiere di Serancia: dove sorgerà il quartier generale dei Monaldeschi.
Quello dei Frati Minori fu il primo Ordine ad insediarsi ufficialmente in Orvieto nel 1228 o 1229 presso S. Pietro in Vetera: dove è il sito del santuario federale Fanum Voltumnae di Velsna, Volsinii Etruriae capita (Tito Livio), Orvieto etrusca. Francesco era morto il 3 ottobre 1226. La Regola era stata approvata da Onorio III nell’ottobre 1223. Tracce del passaggio di Francesco nel territorio orvietano restano a La Scarzuola, dove è raffigurato il suo ritratto più antico; a Pantanelli, dove dimorò e predicò ai pesci sul Tevere; ad Alviano e Lugnano, dove predicò agli uccelli.
Insegnamento
San Bonaventura, francescano, venti giorni dopo l’indizione della festa del Corpus Domini predicò il Sermo de sanctissimo corpore Christi alla presenza di papa Urbano IV e del concistoro generale. Bonaventura, con Tommaso d’Aquino, è stato tra i protagonisti di quell’evento rilevante nella storia religiosa ma anche nella storia della cultura: veniva istituita, infatti, una nuova festa per la Chiesa latina, incentrata sul mistero dell’eucaristia. Bonaventura e Tommaso, i dottori “seraphicus” ed “angelicus“, furono due protagonisti del pensiero filosofico e teologico del tempo: erano stati entrambi cattedratici presso lo Studium orvietano, l’antica università della città. Nel 1250 il papa aveva autorizzato il cancelliere dell’Università a conferire la licenza di insegnamento a religiosi degli ordini mendicanti, sebbene ciò contrastasse con il diritto di cooptare i nuovi maestri rivendicato dalla corporazione universitaria. Nel 1253, di fatti, scoppiò uno sciopero al quale tuttavia i membri degli ordini mendicanti non si associarono. La corporazione universitaria richiese loro un giuramento di obbedienza agli statuti, ma essi rifiutarono e pertanto vennero esclusi dall’insegnamento.
Questa esclusione colpì anche Bonaventura, che fu maestro reggente fra il 1253 e il 1257. Nel 1254 i maestri secolari denunciarono a papa Innocenzo IV il libro del francescano Gerardo di Borgo San Donnino, Introduzione al Vangelo eterno. In questo testo fra’ Gerardo, rifacendosi al pensiero di Gioacchino da Fiore, annunciava l’avvento di una «nuova età dello Spirito Santo» e di una «Chiesa cattolica puramente spirituale fondata sulla povertà», profezia che si doveva realizzare attorno al 1260. In conseguenza di questo il Papa — poco prima di morire — annullò i privilegi concessi agli ordini mendicanti.
Il nuovo pontefice papa Alessandro IV condannò il libro di Gerardo con una bolla nel 1255, prendendo tuttavia posizione a favore degli ordini mendicanti e senza più porre limiti al numero delle cattedre che essi potevano ricoprire. I secolari rifiutarono queste decisioni, venendo così scomunicati, anche per il boicottaggio da loro operato ai danni dei corsi tenuti dai frati degli ordini mendicanti. Tutto questo nonostante che i primi avessero l’appoggio del clero e dei vescovi, mentre il re di Francia Luigi IX si trovava a sostenere le posizioni dei mendicanti.
Ministro generale e teologo
San Bonaventura in un dipinto di Francisco de Zurbarán
Nel 1257 Bonaventura venne riconosciuto magister. Nello stesso anno fu eletto Ministro generale dell’Ordine francescano, rinunciando così alla cattedra. A partire da questa data, preso dagli impegni del nuovo servizio, accantonò gli studi e compì vari viaggi per l’Europa.
Il suo obiettivo principale fu quello di conservare l’unità dei Frati Minori, prendendo posizione sia contro la corrente spirituale (influenzata dalle idee di Gioacchino da Fiore e incline ad accentuare la povertà del francescanesimo primitivo), sia contro le tendenze mondane insorte in seno all’Ordine. Favorevole a coinvolgere l’Ordine francescano nel ministero pastorale e nella struttura organizzativa della Chiesa, nel Capitolo generale di Narbona del 1260 contribuì a definire le regole che dovevano guidare la vita dei suoi membri: le Costituzioni, dette appunto Narbonensi. A lui, in questo Capitolo, venne affidato l’incarico di redigere una nuova biografia di san Francesco d’Assisi che, intitolata Legenda Maior, diventerà la biografia ufficiale nell’Ordine.
Incipit del Legenda maior
Infatti il Capitolo generale successivo, del 1263 (Pisa), approvò l’opera composta dal Ministro generale; mentre il Capitolo del 1266, riunito a Parigi, giunse a decretare la distruzione di tutte le biografie precedenti alla Legenda Maior, probabilmente per proporre all’Ordine una immagine univoca del proprio fondatore, in un momento in cui le diverse interpretazioni fomentavano contrapposizioni e conducevano verso la divisione.[3]
In modo analogo a Tommaso d’Aquino che rifiutò ripetutamente la proposta di essere nominato Arcivescovo di Napoli, nel 1265 fu nominato arcivescovo di York dal neoeletto papa Clemente IV (mai beatificato), incarico che, dopo numerose richieste al Sommo Pontefice, gli fu consentito di lasciare l’anno seguente[4].
Ultimi anni
Negli ultimi anni della sua vita Bonaventura intervenne nelle lotte contro l’aristotelismo e nella rinata polemica fra maestri secolari e mendicanti. A Parigi, tra il 1267 e il 1269, tenne una serie di conferenze sulla necessità di subordinare e finalizzare la filosofia alla teologia. Nel 1270 lasciò Parigi per farvi però ritorno nel 1273, quando tenne altre conferenze nelle quali attaccava quelli che erano a suo parere gli errori dell’aristotelismo. Peraltro, negli anni tra il 1269 ed il 1271, fu spesso a Viterbo ove si svolgeva il famoso, lunghissimo conclave, per tenere numerosi sermoni volti ad accelerare ed indirizzare la scelta dei cardinali; alla fine fu eletto papa Gregorio X, cioè quel Tedaldo Visconti di cui Bonaventura era amico da molti anni[5]
Fu proprio papa Gregorio X a crearlo cardinale vescovo con titolo di Albano nel concistoro del 3 giugno 1273, mentre Bonaventura soggiornava nel convento del Bosco ai Frati presso Firenze; l’anno successivo partecipò al Concilio di Lione (in cui favorì un riavvicinamento fra la Chiesa latina e quella greca), nel corso del quale morì, forse a causa di un avvelenamento, stando almeno a quanto affermò in seguito il suo segretario, Pellegrino da Bologna.[senza fonte]
Pierre de Tarentaise, futuro papa Innocenzo V, ne celebrò le esequie e Bonaventura venne inumato nella chiesa francescana di Lione. Intorno all’anno 1450 la salma venne traslata in una nuova chiesa, dedicata a San Francesco d’Assisi; la tomba venne aperta e la sua lingua venne trovata in perfetto stato di conservazione: questo fatto ne facilitò la canonizzazione, che avvenne ad opera del papa francescano Sisto IV il 14 aprile 1482, e la nomina a dottore della Chiesa, compiuta il 14 marzo1588 da un altro francescano, papa Sisto V.
Le reliquie: il «santo braccio»
Il 14 marzo 1490, a seguito della ricognizione del corpo del santo a Lione, venne estratta una parte del braccio destro del santo e composta in un reliquiario d’argento che l’anno seguente fu portato a Bagnoregio. Oggi il «santo braccio» è la più grande delle reliquie rimaste di san Bonaventura dopo la profanazione del suo sepolcro e la dispersione dei suoi resti compiuta dagli Ugonotti nel 1562. Si trova custodito a Bagnoregio nella concattedrale di San Nicola. Da esso, nel corso degli anni, sono state ricavate alcune reliquie minori.