Dr. Pietro Cusati
(Giurista – giornalista)
Milano,16 agosto 2020 .Si è svolto ieri ,per la prima volta,il Comitato Nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, presso la Prefettura di Milano,presieduto dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese. Nell’anno del Covid e in vista delle sfide sanitarie, economiche, sociali, criminali di autunno , la titolare del Viminale è partita dal capoluogo della Lombardia. “Milano la conosco bene, posso dire che è una città assolutamente sicura”, ha detto la ministra Lamorgese durante la conferenza stampa.Le forze di Polizia a Milano hanno numeri elevati, circa 11.000, più il contingente di Strade sicure, 900 in tutta la Lombardia. Questo tipo di attività di contrasto funziona, c’è grande impegno da parte di tutte le istituzioni, a Milano si lavora davvero in team, al di là delle appartenenze politiche emerge l’interesse di tutti per questo territorio. Dire Far West significa strumentalizzare gli episodi che capitano in tutte le grandi città. Milano è sicura e ha ottime forze di polizia come tutto il territorio nazionale”. “Perché il Comitato nazionale a Milano? Per dare una segnale di vicinanza a un territorio a cui sono molto legata e a un territorio che ha molto sofferto durante la pandemia”, ha spiegato Lamorgese. La ministra ha fatto anche riferimento al pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata, viste le risorse distribuite per l’emergenza Covid. Pericolo per scongiurare il quale sono stati approvati “numerosi protocolli di legalità”. “Sui locali di divertimento serve una regia nazionale, ritengo ci debba essere quanto prima una Conferenza stato regioni per determinare linee comuni”. “Prima di pensare a quando arriverà un’altra ondata di Covid – occorre che noi stessi abbiamo grande senso di responsabilità, i giovani in primo luogo. Non è che ogni poliziotto o finanziere può star dietro al singolo, ci vuole massima responsabilità. La situazione al momento non desta preoccupazioni, non sappiamo cosa verrà, ma molto dipende dai comportamenti soggettivi, dal distanziamento, dalla mascherina, dal non tenere comportamenti leggeri che possono ricadere su ciascuno di noi”. Andrò in Tunisia con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e con i commissari europei Oliver Varhelyi e Ylva Johansson per far sentire la vicinanza dell’Europa” e affrontare il problema dei piccoli sbarchi, ha detto la ministra, ricordando che sono ricominciati i rimpatri come nell’epoca per Covid, circa 80 al giorno. “I numeri non sono elevatissimi, certamente sono più alti dell’anno scorso però bisogna contestualizzare: c’è una Tunisia in grave crisi, abbiamo visto famiglie intere partire per arrivare sul territorio italiano: gli arrivi, così numerosi, sono stati causati da sbarchi autonomi”, con “delle piccole imbarcazioni, dei gommoni”, ha sottolineato Lamorgese. “Con la Tunisia abbiamo raggiunto un risultato importante: far iniziare i rimpatri ai ritmi pre Covid, ovvero ottanta rimpatri a settimana. Abbiamo avuto modo di parlarne con il presidente della Repubblica Kais Saied e con il presidente incaricato Hichem Mechichi, con cui avevo intessuto ottimi rapporti anche in precedenza, quando era ministro dell’Interno. Il presidente Saied è andato di persona nel luogo da cui partono le barche, Sfax, e ha detto di aver mandato sul posto dei magistrati perché operino per sgominare le bande di criminali che organizzano questi viaggi”.Oltre alle due navi affittate per ospitare i migranti in quarantena di 14 giorni per il coronavirus il governo sta cercando anche delle caserme. “Stiamo anche cercando temporaneamente ,perche le attività devono essere limitate nel tempo, delle caserme per utilizzare anche la parte esterna con moduli abitativi per consentire i 14 giorni quarantena”.Il decreto immigrazione verrà esaminato a settembre.”Il testo è stato chiuso con le parti politiche della maggioranza. Verrà esaminato appena il presidente del Consiglio lo riterrà opportuno, dopo il periodo estivo, se ne parlerà a settembre”. Lamorgese ha ricordato che il decreto immigrazione “si chiama così, non decreto sicurezza. Non abbiamo toccato gli aspetti della sicurezza ma la parte immigrazione, andando a recepire le osservazioni della presidenza della Repubblica”. Quanto alle preoccupazioni dei sindaci per la nuova organizzazione dell’accoglienza, “quello che era una volta lo Sprar e che chiameremo Sai, Sistema di accoglienza, prevediamo che i comuni se ne facciano carico ma tenendo conto delle risorse economiche disponibili. Fatti i calcoli, ce ne vogliono di ingenti, lo vedremo a regime nel tempo, ci si arriverà gradualmente”.Sono in aumento le intimidazioni ai giornalisti via web e quelle di matrice ‘socio-politica’,83 episodi di minacce ai giornalisti nei primi cinque mesi del 2020, la metà dei quali via web e social, con una impennata in confronto agli anni precedenti e con una prevalenza di casi legati ad ambiti “socio-politici” (37), rispetto a quelli collegati alla “criminalità organizzata” (10) e ad altri vari contesti (36). Venti i giornalisti che attualmente vivono sotto scorta, per tre dei quali è stato disposta una vigilanza “secondo livello. Sono alcuni dei dati emersi nell’ultima riunione – in videoconferenza – del Centro di coordinamento sugli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti istituito presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza e al quale partecipano, insieme con i vertici del Viminale e delle forze dell’Ordine, la Federazione nazionale della Stampa italiana e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti.Un fenomeno, quello delle minacce ai giornalisti, che desta sempre più preoccupazione, come testimonia l’escalation registrata in questi primi mesi dell’anno. Nel 2019 gli episodi di intimidazioni nei confronti dei giornalisti erano stati 87, in tutto il 2018 se ne erano contati 73.Le regioni dove si concentra buona parte degli atti intimidatori sono Lazio, Lombardia, Campania, Calabria e Sicilia.