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Aldo Bianchini
SALERNO – “Nun c’e’ bisogno ‘a zingara p’addivina’, Cunce’”, sarebbe sufficiente mandare a memoria questo antico detto napoletano per ritrovarci tutti d’accordo, almeno questa volta, su un concetto di fondo: “Gli italiani e la scienza non vanno a braccetto”, perché ci sono troppi italiani indolenti e troppi italiani che fanno gli scienziati dell’ultima ora.
Lo abbiamo visto e, forse, pagato sulla nostra pelle nel corso del lungo lockdown al quale ci siamo tutti piegati per allontanare, se non proprio sconfiggere, il primo dei grandi mali del 21° secolo dopo Cristo; un male insidioso e pervicace che ci ha letteralmente scaraventati nella paura di non sapere cosa, come e chi combattere. E questo nell’era della più sfrenata tecnologizzazione è davvero un fatto che può, come ha, spaventato il mondo intero.
Ma come nello stile dell’essere umano, un po’ tutti ci siamo divertiti ad irridere gli scienziati dell’ultima ora ed a classificare, idealmente, i più bravi in una sorta di scaletta nella quale inserire i nomi più gettonati e dalla quale estromettere, senza pietà, quelli più antipatici e difficilmente digeribili sul piano della comunicazione globale. Spesso lo abbiamo fatto in maniera veloce e spicciola senza sapere quale fosse il curriculum di chi, in quel momento, ci stava parlando ed anche intimorendo dai piccoli schermi dei grandi network televisivi nazionali e mondiali ai quali eravamo letteralmente incollati non avendo niente altro da fare; e lo abbiamo fatto con spregiudicata sufficienza anche perché, non per colpa nostra, erano davvero tantissimi gli scienziati di giornata, ovvero i “grilli parlanti” come qualcuno li ha definiti.
In alcuni casi li abbiamo idolatrati elevandoli sugli altari, in altri li abbiamo massacrati scaraventandoli nella polvere; insomma ci siamo mossi come elefanti in una cristalleria più per difenderci da un qualcosa che non conoscevamo, piuttosto che per dare sfogo al vizietto tutto italiano di ritenerci i migliori interpreti del pensiero di tutti.
Da subito, fin dai primi giorni di marzo 2020, uno dei più bersagliati è stato il virologo lombardo Massimo Galli che, in tutta sincerità, appariva antipatico anche a me. Su di lui il noto giornalista salernitano Eduardo Scotti (già capo redattore de La Repubblica), in quel periodo, ha scritto: “LE PAROLE SONO PIETRE Christine Lagarde e Massimo Galli. La prima affonda l’euro e l’economia di un continente con una battuta. L’altro rinfocola campanilismi sopiti tra medici e nord e sud grazie alla sua protervia snob di meneghino volgare. Ma avevano ragione? Avevano torto? Non conta. In questi giorni avrebbero fatto meglio a tacere. A stare zitti. ZITTI !!!”(traduzione integrale del post su FaceBook del 19 marzo 2020). Era, quello, un periodo tempestoso e la francese Christine Lagarde ci mi se suo per intorbidire le acque.
A conti fatti, però, il protervo snob meneghino Massimo Galli ha assunto una dimensione sicuramente molto più corposa e credibile rispetto a tutti gli altri scienziati e un po’ tutti lo hanno elevato agli altari della guerra contro il coronavirus per la sua tranquilla e soltanto apparente sfrontatezza ed arroganza; ha messo con garbo e silenzio in riga quasi tutti riuscendo a far passare nell’immaginario collettivo alcuni concetti assolutamente poco digeribili.
Credo e penso che lo stesso Eduardo Scotti, se mai avesse modo di leggere queste poche righe, sarebbe molto disposto a rivedere e correggere il suo drastico giudizio sulla figura di un uomo, ancor prima che scienziato, che ha dimostrato una grande duttilità nel modellare e modulare i suoi commenti e per renderli più digeribili alla grande massa dei cittadini.
Nelle ultime settimane i suoi interventi sono sempre più seguiti e condivisi da quasi tutti gli altri scienziati; in merito ad una ripresa del virus ha tra l’altro detto: “”Arrivare con maggiore vicinanza alle persone grazie a un servizio sanitario attivo sul territorio. Lo stesso sistema che oggi chiede di accertare la positività o meno al virus è quello che, nel pieno dell’epidemia, diceva ai malati di Covid state zitti e buoni a casa e misuratevi la febbre. Forse era il caso che si riorganizzasse, sarebbe stato utile per intervenire preventivamente. Ora stiamo riaprendo tutelandoci con mascherine e distanziamento sociale. È la panacea? Forse no, di certo siamo tutti più attenti a identificare i focolai””.
Non è il verbo quello che scrivo; sicuramente un commento del genere (che va ben al di là delle critiche mosse da Galli su Ascierto e le sue sperimentazioni) non può che favorire l’azzeramento della distanza tra gli italiani e la scienza.