Filippo Ispirato
Chi ha investito in passato in obbligazioni estere può facilmente ricordare che i bond in fiorini ungheresi rappresentavano quei titoli a rischio abbastanza contenuto che riuscivano a dare ancora rendimenti soddisfacenti attorno al 7% /8%.
Erano gli anni dell’insolvenza delle obbligazioni Argentina e Città di Buenos Aires, di quelle Cirio e Parmalat, un periodo in cui l’Ungheria era uscita da alcuni anni dal giogo comunista ed era proiettata verso un’era di crescita e modernizzazione che sarebbe culminata nel 2004 con il suo ingresso nell’Unione Europea, un’istituzione che a quei tempi era sinonimo di stabilità e prestigio sulla scena internazionale.
In poco più di un lustro la situazione economica in Europa, come noto ormai a tutti, è completamente mutata e a poco a poco i paesi più deboli dell’UE hanno cominciato a sentire gli effetti negativi della crisi. Prima è toccato a Grecia ed Irlanda, poi via via a Spagna, Portogallo, Italia e in questi giorni a Francia ed Austria.
Del paese magiaro se ne è sempre parlato poco, ma dal 2008 anche a Budapest sono evidenti i segni della crisi e il paese in questo periodo è a forte rischio default. Questo sia per la dimensione del suo debito, arrivato ad oltre il 70% del Pil, e la forte svalutazione del fiorino ungherese, che a causa della forte speculazione finanziaria, che ha messo in ginocchio il paese.
Una speculazione accentuatasi soprattutto a partire dai primi giorni dell’anno, a causa delle nuove modifiche apportate alla Costituzione da parte del suo premier Orban, che ha limitato notevolmente la libertà di stampa, i poteri della Corte Costituzionale e della Banca Centrale Ungherese, organismi solitamente indipendenti che, in tal modo, sarebbero assoggettati alle decisioni dell’esecutivo.
Un’azione mirata a rimuovere le istituzioni democratiche e a rendere l’Ungheria un paese di stampo dittatoriale, più vicino ad alcune nazioni sudamericane che alla realtà occidentale ed europea.
Ovviamente queste azioni hanno comportato una levata di scudi da parte degli altri paesi membri europei. La situazione è ancora più grave se si considera che il governo di Budapest ha bisogno in tempi brevi di circa 20 miliardi di Euro per ripagare i suoi titoli di stato in scadenza e che l’ultima asta in collocamento non è andata completamente soddisfatta. A temere il suo default sono soprattutto i tedeschi in quanto le sue banche, insieme ad alcuni gruppi austriaci ed italiani, hanno molte partecipazioni nei settori strategici dell’economia magiara, che si vedrebbero fortemente compromesse in caso di un fallimento dello stato.
Si vedrà l’evoluzione della situazione sperando che il primo ministro Orban accetti gli aiuti europei in cambio di un ripristino dei principi democratici.
direttore: Aldo Bianchini