Salvatore Memoli (avvocato)
Dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, il ruolo dei credenti é sempre più definito con un termine espressivo che ricorda la dimensione della testimonianza Cristiana « laicità ». La laicità restituisce al credente un’autonomia decisionale, una dimensione di responsabilità nella vita di fede che comprende anche le scelte che sono tipiche della vita civile. Essere laico significa che un credente non ha gli obblighi di un chierico, tuttavia questo essere sciolto da voti non lo esonera dal mettere in campo scelte di maturità all’interno della chiesa che hanno una continuità logica e comportamentale nella società civile. La laicità implica che la partecipazione del credente sia nella chiesa che nella vita civile sia vissuta nel rispetto delle specifiche diversità. Ció si deve attuare con maturità ed equilibrio, senza ostentazioni confessionali e senza scelte temporali che denaturano la bellezza di una testimonianza illuminata da una fede priva di pregiudizi e capace di generare uomini e donne che vivono serenamente le loro appartenenze. Né lo Stato, né la Chiesa possono imporre stili di vita e scelte relazionali che non tengano conto del grande processo d’integrazione del credente in una dimensione speciale di un vissuto responsabile, in cui deve emergere la maturità di persone serene ed intimamente convinte di dare a Cesare quello che é di Cesare ed a Dio quello che é di Dio. Sentirsi laico, in particolare, significa generare uno stile di vita che mette ogni cosa al suo posto, senza sbavature e senza cedimenti che possono alterare l’autenticità dell’adesione ad opzioni fondamentali. Al credente non può essere vietata la partecipazione alla vita Cristiana, il suo diritto al culto delle sue opzioni religiose deve essere garantito con pienezza di libertà, senza condizionamenti di sorte, allo stesso modo la sua vita di fede assume una dimensione importante, lo aiuta a scelte responsabili, ma non lo abilita ad imporre agli altri ciò in cui crede per farlo assumere dagli altri con un atto di violenza che non tiene conto dei tempi necessari che richiede l’adesione libera e responsabile. Dunque in una società armonica, sacro e civile trovano nel ruolo del laico responsabile una naturale sintesi che permette di stabilire un equilibrio rispetto a tutte le scelte e garantisce lo svolgimento regolare dei tempi di un vissuto scelto e non imposto. I credenti debbono difendere i diritti alla professione religiosa, intesi come un assunto di libertà condivisi dalla realtà dello Stato regolatore dei diritti delle persone. La loro testimonianza nella società civile deve essere autentica ed equilibrata, mai pacchiana e istrionica, in grado di suscitare apprezzamenti e condivisioni, giammai derisione e sospetti. Tutto questo esige in concreto il rispetto intangibile della libertà di culto dei credenti, nei luoghi del sacro e negli spazi di riflessione, che il laico intende scegliere per mettersi in relazione con il suo Dio. Le forme della manifestazione della fede non puó dettarle lo Stato, alla sua laicità, intesa, come realtà politica sciolta da qualsiasi competenza e partecipazione a gesti di fede non è consentito di dettare regole al sacro. I margini di una testimonianza religiosa rispettosa delle opzioni dello Stato, sono limitati ad evitare interferenze di natura distorsiva delle identità di ognuno. I gesti di Fede debbono essere dettati dai responsabili del sacro, non si ammettono altre interferenze. La preghiera a Dio in Chiesa segue regole religiose. Si puó rispettare la distanza nei banchi trai fedeli, si puó richiedere una disinfestazione dei luoghi, non è pensabile avere i credenti davanti al loro Dio, all’Onnipotente, all’autore della vita, con la museruola che impedisce d’ innalzare la loro preghiera libera, intercessione di grazia, regolatrice di un dialogo generatore di ogni bene e addirittura temere l’Ostia Consacrata come portatrice di agenti patogeni. Davanti a Dio ci si abbandona liberamente e non si possono generare timori per il Corpo di Cristo. La Chiesa non é luogo di contagio pandemico, il Cristiano ha il dovere di evitare il male a sé ed agli altri, alla sua maturità é rimessa la responsabilità di scelte idonee a tutelare la comunità. Non mi piacciono gli interventi della società civile nel diritto al culto, nella modalità della partecipazione, non mi piacciono i Pastori che non assumono scelte responsabili per guidare i popoli a loro affidati, come se la Fede fosse una rappresentazione sacra e non un momento generatore di « grazia », per sua natura intangibile, non limitabile e messa a disposizione di tutti con atti di abbandono totale e responsabile.