Avv. Giovanni Falci
(Penalista – Cassazionista)
TORRACA – Il 25 maggio 2020 è un giorno importantissimo per Torraca, il piccolo borgo cilentano adagiato sulla collina a ridosso di Sapri.
In questa data alle ore 09,45 si celebrerà il primo processo in questo paese.
Ci sarà, perciò, l’inaugurazione del Tribunale.
La sede è quella di via Palamolla 24, ai piedi del castello baronale nella casa dell’avv. Giovanni Falci che si collegherà in streaming con il Tribunale di Sorveglianza di Siena per celebrare l’udienza in camera di consiglio nel procedimento a carico di A.M. di Nocera Inferiore, detenuto nella Casa Circondariale di San Gimignano.
Il processo sarà, perciò, discusso dalla difesa a Torraca anche se la decisione sarà, poi, presa a Siena.
L’oggetto della prima causa di Torraca sarà un ricorso inoltrato dal sig. A.M. per violazione dell’art. 35 ter Ordinamento Penitenziario.
Questa norma consente una riduzione della pena per il detenuto che è stato ristretto in condizioni tali da violare l’articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
La norma dispone che “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”.
E’ quella norma, per intenderci, che ha fatto condannare più volte l’Italia da parte della Corte Europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, per la cronica situazione del sovraffollamento dei nostri carceri.
Tutto ha avuto inizio con la sentenza Torreggiani, emessa dalla Corte EDU l’ 8.1.20135 che aveva ravvisato la violazione sistematica e strutturale, da parte dell’Italia, dell’art.3, Convenzione EDU verso i cittadini detenuti, per il fatto di infliggere pene inumane e degradanti, consistenti per lo più nel predisporre spazi troppo angusti o servizi del tutto inadeguati all’interno delle strutture carcerarie.
La sentenza della Corte Europea imponeva allora di introdurre rimedi preventivi, per impedire sul nascere la violazione, e rimedi compensatori, in caso di violazione ormai compiuta.
Nel percorso tracciato dalla Corte Europea venne allora adottato il d.l. 26.6.2014, n. 92, convertito in L. 11.8.2014, n.117, che introdusse modifiche additive all’interno delle norme di Ordinamento Penitenziario attraverso due autonome azioni.
L’art.35 ter O.P. contiene, perciò, due rimedi definiti di tipo “compensatorio,” tesi cioè a risarcire il soggetto detenuto in condizioni contrarie all’art.3 della Convenzione. Il primo consiste nella riparazione in forma specifica attraverso la riduzione di un giorno di pena ogni dieci di pregiudizio subito, in favore dei detenuti che stiano subendo un pregiudizio grave e attuale dei propri diritti, per effetto di condizioni detentive in violazione dell’art.3 CEDU, per un periodo di tempo non inferiore ai 15 giorni; l’altro è un risarcimento di natura patrimoniale, pari a 8 euro per ogni giorno di pregiudizio.
Nel processo di domani a Torraca l’avv. Falci analizzerà le condizioni in cui è stato ristretto il suo cliente A.M. nei carceri di Milano, Napoli, Spoleto, Saluzzo, Salerno e San Gimignano e cercherà di dimostrare l’assoluta situazione di degrado dei vari periodi di detenzione.
E’ triste che l’argomento di analisi delle parti, e quindi della decisione del giudice, sarà un calcolo geometrico dei mq pro capite per detenuto all’interno della cella. La giurisprudenza ha, infatti, elaborato un principio per cui al di sotto di 3 mq lo spazio è presunto non sufficiente per una corretta condizione di vita detentiva.
In effetti l’avv. Falci non è convinto che tutta la tematica si possa ridurre a un semplice calcolo aritmetico. Il giudizio su un luogo in cui si svolge comunque la vita di un essere umano che ha commesso un reato ma non per questo deve essere torturato o tormentato è qualcosa di più complesso. Secondo l’avv. Giovanni Falci “Il concetto di “luogo” non è qualcosa di geografico o geometrico, ma è un concetto esistenziale. Il “luogo” è qualcosa che evoca sentimenti, ricordi. E’ un posto oltre che del corpo, anche dell’anima. Non ha caso si dice “sei fuori luogo” oppure “mi sento fuori luogo””.
La domanda, più ampia, da porsi è, allora, sul perché della pena.
La risposta non è solo tecnica, ma anche e soprattutto politica e sta nelle ragioni per le quali le società puniscono i reati.
In maniera del tutto sommaria, si può dire che si tratta di ragioni che sono alla base della convivenza sociale ordinata, rispetto alle cui regole il sistema impone reazioni legali a comportamenti illegali che lo Stato predetermina e, poi, punisce.
La pena è declinata secondo varie modalità ma, particolarmente dal XI secolo, il carcere è diventato lo strumento privilegiato delle punizioni statali: la privazione della libertà personale come bene indifferenziato di cui tutti, ricchi e poveri, sono ugualmente dotati e l’attribuzione del valore patrimoniale connesso a quello, puramente economico, del tempo di durata della privazione della libertà personale, ha coinciso, nella coscienza collettiva, con la giustizia della punizione.
Eppure la funzione costituzionale della pena è la rieducazione e la sua contrarietà al senso di umanità.
La Costituzione, del resto, parla di pena, non di carcere, termine che non usa in nessuno dei suoi articoli.
Si tratta di concetti estremamente semplici da enunciare, ma di grande complessità.
Non a caso, in un momento storico in cui si sovrappongono vari significati alla pena sembra doveroso affermare e ribadire il diritto costituzionale alla rieducazione, nella complessità dei suoi significati e risvolti.
D’altro canto, la prassi non è stata sempre adeguata alla Costituzione e la situazione attuale ha condotto al confronto obbligato con le nuove frontiere del diritto internazionale e, in particolare, con il dettato dell’art.3 CEDU, che vieta la tortura e i trattamenti inumani e degradanti nei momenti nei quali la pena, quella stessa pena che deve avere valenza e funzione rieducativa, viene espiata. La ricerca dell’equilibrio tra diritti e reinserimento, da un lato, ed espiazione della pena attraverso la privazione della libertà personale, dall’altro, è in effetti realmente di difficile realizzazione, anche – e in maniera sempre più assillante, crescendo i numeri – a causa di una serie di fattori legati alle difficoltà operative nelle quali versano le strutture penitenziarie e, con esse, tutti gli operatori del sistema, compresi i Magistrati di Sorveglianza.
Il tema delle condizioni di vita detentive, che sottende l’intero sistema dell’art.35 ter O.P., è venuto allora a costituire, nella prospettiva del legislatore, una modalità, imposta nelle sue caratteristiche essenziali dall’Europa, per il rispetto dei diritti nella vita detentiva.
Domani perciò, per il tema della prima causa che si celebrerà in paese, ci sarà un ponte ideale tra Strasburgo e Torraca.
Giovanni Falci
Carissimo Direttore Aldo Bianchini,
il Tribunale invece di riaprirlo a Sala Consilina
l’hanno aperto a TORRACA? Che c’è di vero?
La domanda sorge spontanea:
L’eventuale merito va a Marco Travaglio o a Alfonso Bonafede ?
Secondo il quotidiano IL RIFORMISTA sembrerebbe che il primo è il Ministro della
Giustizia e il secondo sembrerebbe sottosegretario nello stesso dicastero?
Sembra proprio una bufala?
Caro Pierino, il tuo commento non coglie nel segno e ciò per tutta una serie di motivi.
Innanzitutto la possibilità di fare udienze in video conferenza, da remoto, è la prova, dove ce ne fosse stato ancora bisogno, della opportunità della scelta della chiusura del Tribunale di Sala Consilina che fu fatta all’epoca. Io personalmente non sono favorevole a questo modo di celebrazione delle udienze penali perché verrebbero meno i principi della oralità e immediatezza che presidiano il “giusto processo” penale. Devo però dire, che alcuni procedimenti quale ad esempio quello che ho fatto oggi da Torraca, possono essere celebrati in questo modo perché non si svolgono con esami di testi o consulenti che necessitano di un controllo e una concentrazione diretta. In secondo luogo per ritenere positiva la scelta della chiusura di Sala Consilina basterebbe il fatto che non è stata voluta da Travaglio e Buonafede. Sono sinceramente convinto che quel duo non è in grado di fare scelte intelligenti perché possono scegliere ma …… quanto a intelligenza.
In terzo luogo, in questo periodo in cui abbiamo “scoperto” che se ci ammaliamo non possiamo ricoverarci e curare, sarebbe stato auspicabile che si chiudessero ancora altri Tribunali per aprire ospedali e strutture sanitarie.
Caro Pierino ma perché ti interessa avere il Tribunale sotto casa? Non è meglio avere un pronto soccorso a portata di mano?
Questa emergenza, ancora in corso, avrebbe dovuto insegnarci a cambiare abitudini di vita.
Il mondo era “sporco” e si è “pulito” perché siamo rimasti in casa. E allora ben venga il lavoro da casa che evita inquinamenti, stress, tensioni e quant’altro.
Caro Pierino oggi a Torraca si è discusso di norme europee, ma vedo che non basta la legislazione comunitaria per fare evolvere la società: la provincia e il provincialismo, il vuoto campanilismo, sono uno zoccolo duro da superare.
Con affetto.
Giovanni Falci