Aldo Bianchini
SALERNO – Come premessa essenziale per questa mia odierna riflessione è essenziale fissare un concetto che, alla stregua di un luogo comune, ha preso piede nell’immaginario collettivo dei cittadini di questo Paese: “Non appena si cerca di ragionare, pacatamente e autonomamente, si viene tacciati di essere di destra”.
E’ tanto radicato il “monopolio della cultura” nella sinistra da far apparire assolutamente senza un min imo brandello di cultura chiunque si schieri, legittimamente, a destra. E mano a mano che questo monopolio è stato denunciato e messo in discussione dalla destra, esso si è radicalizzato talmente da rendere quasi impercettibile la differenza sostanziale che dovrebbe sempre marcare i confini tra destra e sinistra. Insomma sbagliano entrambi gli schieramenti, difatti si arroccano in maniera quasi asfissiante sulle loro rispettive posizioni senza mai trovare, e neppure cercare di trovare, un possibile momento di discussione sana e costruttiva nel rispetto delle due posizioni.
Tutto questo viene da lontano; negli anni ’60 io ero schierato dalla parte del Partito Comunista e quasi tutti i miei amici d’infanzia erano dalla parte della D.C.; per loro niente di quello che proponeva la Russia era valido, per me invece negli USA c’era comunque qualcosa di positivo. Tutta qui la differenza, che ai tempi nostri è diventata abissale e, credo, non più recuperabile.
Non ci si deve, quindi, meravigliare se dopo il ritorno in Italia di Silvia Romano (la cooperante rapita in Kenia e ritrovata in Somalia) le polemiche sono inevitabilmente lievitate a dismisura, oltre ogni limite.
Non entro nel merito della discussione per non essere tacciato di appartenenza politica; affermo, però, con forza che l’intera vicenda di Silvia Romano va comunque analizzata e discussa facendo salva la libera scelta di vita della stessa, pur dovendo già mettere in risalto che alcuni atteggiamenti pubblici andavano sicuramente studiati più attentamente per non dire scientificamente disciplinati.
Questo perché non è mai sufficiente pretestare la propria libertà senza avere il concetto preciso che la libertà personale finisce dove inizia quella degli altri; e nella vicenda fortemente mediaticizzata di Silvia così non è stato.
Con la conseguente figurella (per non dire altro !!) di un ministro degli esteri e di un presidente del consiglio dei ministri che vanno a ricevere ed ossequiare una musulmana che attraverso i suoi vestiti sta inneggiando, anche se indirettamente e forse distrattamente, alla temutissima organizzazione terroristica della jihad islamica. Ma dico, nessuno dei tanti uomini dei servizi presenti sull’aereo ha ritenuto di avvertire i due che l’immagine della ragazza poteva apparire ingombrante e imbarazzante ?
E mi fermo qui con il commento che, seppure asettico, risente comunque della mia personale convinzione.
E’ bene però capire chi è il “volontario internazionale”: “”Il volontario internazionale è colui che, con un contratto non inferiore ai due anni, riceve dallo Stato un trattamento previdenziale, assicurativo ed economico stabilito in base al costo della vita del Paese di destinazione. Il cooperante è un professionista in possesso delle conoscenze tecniche, dell’esperienza professionale e delle qualità personali necessarie per l’espletamento di compiti di rilevante responsabilità tecnica, gestionale e organizzativa con esperienza nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS). I contratti rivolti ai cooperanti possono essere per missioni brevi (meno di quattro mesi) o lunghe (da quattro a ventiquattro mesi). Le retribuzioni variano a seconda dell’esperienza e delle competenze. La descrizione del profilo professionale è presente sul sito orientaonline.isfol.it””.
Nel caso di Silvia Romano niente di tutto questo è stato così; anzi nello specifico la stessa Silvia avrebbe già dichiarato di essere stata inviata allo sbaraglio; se è vero, la cosa sarebbe di una gravità inaudita e dovrebbe consentire di scavare nei meandri della miriade di piccole onlus-ong (e quella di Silvia è una ong non riconosciuta) che nascono e proliferano nella zona ricca del BelPaese (dalla bergamasca fino al nord est) alla ricerca di sovvenzioni, di fondi pubblici e di facili sponsorizzazioni. Per non parlare delle dichiarazioni contrastanti della mamma e di uno zio che la mamma ha subito misconosciuto; cose dell’altro mondo !!
Non entro nelle scelte personali che devono sempre rimanere nella sfera, appunto, personale di chi le compie; ma la storia mi sembra sempre la stessa: grande clamore mediatico al momento della liberazione e poi più nulla, come se un eroe ritornasse subito nell’anonimato dopo aver consumato il suo attimo di gloria a conferma di non essere mai stato eroe.
Poi c’è la questione, assai difficile da sbrogliare, del pagamento del riscatto; anche per questo ognuno la pensa in maniera diversa e vanno rispettate tutte le tesi; in Italia contrariamente ad altri Paesi si è scelto, dopo la disastrosa esperienza di Aldo Moro, la via della “pietas” anziché quella della “polis”. Io personalmente non sono d’accordo, ma fino a quando il volontariato internazionale è organizzato con i piedi, così come è adesso. Continuerò a pensarla così.
Il quotidiano “La Repubblica”, martedì 12 maggio 2020, ha pubblicato la dichiarazione di un membro della jihad . “Con quei soldi compreremo armi … “.
Qualche anno fa fece scalpore il caso di Greta & Vanessa, era il mese di gennaio 2015 quando furono liberate. Clamore mediatico elevatissimo, polemiche violentissime che sfociarono in un titolo di “Le Cronache del Garantista” (giornale edito e diffuso nella bergamasca): “Ci sono costate 20 cent a testa. Ma il Belpaese le processa: troie”. Ecco dove arrivano gli eccessi di una radicalizzazione forzata e ideologica tra destra e sinistra.
Io stesso su questo giornale ripresi e ripubblicai quel titolo (per criticarlo, ovviamente !!) e mi beccai comunque una querela per diffamazione da parte di un noto studio legale milanese per conto di Greta e Vanessa, con richiesta di alcuni milioni di euro di risarcimento perché mi ero permesso di scrivere anche che “le due ragazzotte della bergamasca sono semplicemente delle incoscienti oche giulive”; fortunatamente il PM titolare della pratica chiese ed ottenne subito l’archiviazione da parte del GIP e la storia finì lì.
Sul “caso Silvia”, che non è dissimile da tanti altri casi, si discuterà ancora per qualche giorno, poi il tutto cadrà nell’oblio come e giusto che sia, nell’attesa che lo STATO provveda a disciplinare con regole ferree il cosiddetto “volontariato internazionale” che così com’è fa acqua da tutte le parti.