Aldo Bianchini
SALERNO / CAGGIANO – E’ già passato un mese da quando Don Alessandro Brignone (parroco di Caggiano – SA) ha lasciato questo mondo, ha lasciato noi tutti, ha lasciato la sua comunità parrocchiale e, soprattutto, ha lasciato per sempre i suoi amatissimi e stimatissimi genitori che vivono a Salerno nella casa che hanno condiviso con il loro primogenito “Alessandro” per circa quarantacinque anni.
Cade oggi il trigesimo della morte di don Alessandro ed inviterei tutti, ma proprio tutti, almeno ad un minuto di rispettoso e doveroso silenzio nei confronti di un uomo che, prima ancora di essere sacerdote, ha impegnato tutta la sua vita per il bene del prossimo; una missione che don Alessandro portava con se, e dentro di se, nella ricerca quotidiana, continua ed affannosa del bene che alberga in ognuno di noi e che se ben curato tracima dai meandri nascosti dell’animo e invade positivamente il nostro essere “esseri umani” predisposti al bene e casualmente investiti dal male.
Un uomo, don Alessandro, che aveva donato la sua vita alla Chiesa nella quale credeva fino in fondo e per la Chiesa ha dato la sua stessa vita tra lo sconforto e il dolore generale di chi lo conosceva e/o lo frequentava; una folla sterminata di persone che andava da Salerno fino al Vallo di Diano, un vero e proprio esercito che lo amava anche semplicemente per il suo modo di essere.
Il sindaco di Caggiano Modesto La Mattina, con la sua preoccupazione e i continui solleciti ai medici dell’ospedale di Polla per quanto stava accadendo al suo parroco, è la dimostrazione plastica del consenso e dell’ammirazione che don Alessandro riusciva a catalizzare intorno a se ed alla sua azione pastorale.
Ma un uomo di chiesa, mi sono chiesto, quando doveva morire se non alle prime luci dell’alba del 19 marzo, giorno in cui cade la festività di San Giuseppe (patrono d’Italia e protettore dei sacerdoti e della buona morte) che per la Chiesa rappresenta una data molto importante.
E quando per un uomo di chiesa, morto nel giorno di San Giuseppe, deve cadere il trigesimo se non nella “domenica della divina misericordia”, cioè oggi 19 aprile 2020.
Un complicato incastro di date e di particolari momenti religiosi, quasi come un disegno divino, che non possono non alimentare, ancora di più, il ricordo di un uomo – sacerdote che ha lasciato dietro di se una scia infinita di cose eccellenti fatte sempre in nome e per conto della Chiesa in cui credeva ciecamente.
La morte, certamente, non può essere presa a cuor leggero, soprattutto quando travolge un uomo buono; spesso il dolore per una perdita inaspettata può segnare i cuori e i sentimenti dei genitori, dei fratelli, dei parenti e degli amici; questo però non è il caso di don Alessandro che con il suo enorme carisma è riuscito, anche dall’aldilà, ad infondere in tutti un sano sentimento di misericordia, quella misericordia che i fedeli proprio oggi celebrano in tutte le chiese del Paese, almeno a livello virtuale visto che le aggregazioni, anche religiose, non sono consentite.
Ed è proprio al sentimento di misericordia che, molto probabilmente, fanno appello i genitori, i fratelli ed i familiari di don Alessandro che sperano soltanto che il loro congiunto venga sempre ricordato per la sua straripante e trasparente generosità che metteva in tutto quello che faceva.
L’ultimo messaggio telefonico inviato da don Alessandro è quello delle ore 22.00 del 17 marzo 2020 (la sera del suo ricovero nell’ospedale di Polla, dove era stato il 14 per il tampone e il 15 per il ritiro dell’esito positivo); dopo le 22 le sue condizioni fisiche, verosimilmente aggravatesi, non gli hanno consentito più alcun contatto con i suoi cari che la mattina del 19 marzo sono stati avvertiti direttamente dall’arcivescovo Andrea Bellandi della tragedia che si era abbattuta su una famiglia che da quel momento si è chiusa nel dolore, senza rabbia e neppure indignazione, per la perdita di un adorato figlio.
Un figlio che, contrariamente a quanto superficialmente dichiarato dal Vescovo di Teggiano, non aveva organizzato alcun raduno neocatecumenale ma che, per spirito di servizio verso la Chiesa, aveva partecipato soltanto al raduno di Sala Consilina con un gruppetto di suoi parrocchiani, perché lì invitato e sollecitato a presenziare.
Ma che c’entra, si chiederà a questo punto qualcuno, la partita di pallone con la figura e l’azione di don Alessandro; c’entra perché spesso il nostro sacerdote amava dire ai suoi fedeli parrocchiani che è proprio attraverso la partita di pallone che si riesce, quasi sempre, a scoprire la vera indole dell’uomo; e don Alessandro, soprattutto nel campetto di Madonna di Fatima a Salerno ma anche a Caggiano, di partite ne ha organizzato a centinaia e centinaia.
Non so che darei (ma questa è una riflessione assolutamente personale) ad organizzare una partita di pallone con in campo tutti quei partecipanti ai due raduni di Atena Lucana e Sala Consilina, insieme ai sacerdoti che li hanno organizzati, al Vescovo di Teggiano-Policastro ed all’arcivescovo di Salerno. A patto, però, che l’arbitraggio venga affidato esclusivamente a don Alessandro Brignone, anche semplicemente per ricordare al predetto Vescovo di Teggiano che nella sua diocesi è morto un sacerdote che aveva un nome ed un cognome.
Meno male che la Chiesa, la nuova Chiesa di S.E. Mons. Andrea Bellandi, ha pensato di ricordare a tutti, con un pubblico manifesto, che oggi si celebra il trigesimo della morte di don Alessandro nella parrocchia dei santissimi Salvatore e Antonio di Caggiano e nella chiesa di Santa Maria ad Martyres nel quartiere Torrione di Salerno (ore 19.00); mentre questa mattina alle ore 10 sui canali di Telediocesi l’Arcivescovo parlerà ai fedeli della figura di don Alessandro nell’ambito della celebrazione eucaristica.
Invito tutti coloro i quali conoscevano don Alessandro ma anche tutti i lettori di questo giornale a fermarsi per qualche secondo al fine di dedicare un pensiero alla memoria di un uomo, fattosi prete, che ha dedicato convintamente tutta la sua vita alla Chiesa.