Antonella Inglese
VALLO di DIANO – Dall’inizio della pandemia uno dei quesiti che ha interessato maggiormente la comunità scientifica internazionale è stato: esiste una correlazione tra le condizioni meteo e la diffusione dei contagi e la letalità dell’epidemia di COVID-19? La risposta è “sì”! A provarlo uno studio del professore Nicola Scafetta del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, studio che ha individuato una correlazione tra la diffusione del COVID-19 a livello mondiale e le condizioni meteo, analizzando se la pandemia di Coronavirus 2 da sindrome respiratoria acuta grave (SARS-CoV-2) possa essere stata favorita da determinate condizioni meteorologiche.
Lo studio ha evidenziato come la stagione invernale 2020 nella regione di Wuhan (Hubei, Cina Centrale) – dove il virus è scoppiato per la prima volta a dicembre e si è ampiamente diffuso tra gennaio e febbraio 2020 – è stata straordinariamente simile a quella delle province del Nord Italia di Milano, Brescia e Bergamo, dove la pandemia, tra febbraio e marzo, è stata devastante. Questa similitudine, secondo lo studio del prof. Scafetta, indica che questa pandemia peggiora in presenza di temperature comprese tra i 4°C e gli 11°C, una bassa umidità relativa tra 60% e 80%, una alta pressione tra 1016 a 1026 mbar, una poca piovosità e bassi venti tra 5 e 11 km/h. Non una coincidenza, quindi, che il virus abbia colpito maggiormente l’Italia Settentrionale che nei mesi di febbraio e marzo rientrava nell’intervallo di temperatura meteorologica più critico a differenza del Meridione che ha notoriamente temperature stagionali più alte.
Nell’articolo scientifico dal nome ”Proposta per cartine del mondo isotermiche per prevedere l’evoluzione stagionale della pandemia di SARS-CoV-2”, pubblicato il 7 aprile 2020, riportante tutti i dati della ricerca, sono contenute una serie di mappe suggerite per prevedere il possibile progresso della pandemia nei prossimi mesi secondo uno schema meteorologico. Più nello specifico si tratta di cartine isotermiche del mondo, allo scopo di localizzare, mese per mese, le regioni del mondo con variazioni di temperatura simili tra loro. Da gennaio a marzo, infatti, la zona isotermica che va principalmente dalla Cina Centrale verso l’Iran, la Turchia, il bacino mediterraneo occidentale (Italia, Spagna e Francia), fino agli Stati Uniti d’America, coincide con le regioni geografiche più colpite dalla pandemia nello stesso arco di tempo.
La stretta correlazione che esistente tra clima e diffusione del virus, dunque, ci permetterebbe di fare delle previsioni su come si diffonderà il virus: quando il clima diventerà caldo, la pandemia probabilmente peggiorerà nelle zone settentrionali (Regno Unito, Germania, Europa Orientale, Russia e Nord America), mentre la situazione migliorerà radicalmente nelle zone meridionali (Italia e Spagna). Invece, per quanto riguarda la Zona Tropicale e l’intero Emisfero Meridionale, escludendo alcune ristrette zone meridionali, potrebbero scampare a una forte pandemia proprio grazie al tipico clima sufficientemente caldo durante l’intero anno.
Tuttavia, la maggior parte dei pareri autorevoli, come l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), invitano alla prudenza: “L’aumento delle temperature sarà un aiuto ma non va considerato un fattore risolutivo”. Insomma, l’arrivo della stagione estiva promette un rallentamento nella diffusione della pandemia nel nostro Paese, ma se c’è una cosa su cui scienziati e accademici sembrano essere più che certi al momento è che, purtroppo, in autunno la pandemia potrebbe ritornare a colpire nuovamente seguendo lo stesso schema devastante.