da Dr. Alberto Di Muria
Padula-Alle statine, i farmaci più impiegati per la riduzione della concentrazione del colesterolo nel sangue, e, conseguentemente, per diminuire il rischio di aterosclerosi sono stati attribuiti vari altri effetti positivi, fra i quali la riduzione dell’infiammazione e dei danni a carico dei vasi. Per tutti questi motivi, da tempo le statine rappresentano farmaci essenziali nei pazienti che hanno avuto un infarto miocardico o un ictus e in prevenzione primaria nei soggetti con alto profilo di rischio cardiovascolare. D’altra parte, alcuni studi recenti hanno evidenziato un aumento del 10-12% della probabilità di sviluppare diabete attribuibile all’assunzione di statine.
La prima dimostrazione di un rapporto causale tra statine e diabete di nuova insorgenza è apparsa nel 2008 con lo studio JUPITER in cui la rosuvastatina veniva confrontata con placebo in oltre 17.000 soggetti senza coronaropatia, ma con alti livelli di proteina C. Dopo 2 anni, nel gruppo di intervento si era osservata una maggiore incidenza di diabete rispetto al gruppo di controllo.
Dopo lo studio JUPITER, la relazione tra statine e diabete è stata indagata da tre metanalisi che sono giunte a conclusioni simili. Una in particolare, la più importante per numerosità di studi e casistica, più di 91.000 pazienti arruolati, riporta un aumento del 9% del rischio di diabete. Il periodo di osservazione medio è stato di 4 anni per cui appare ragionevole considerare questo arco temporale come tempo medio necessario per sviluppare nuovi casi di diabete.
Più di recente, studiosi americani hanno utilizzato i dati di uno studio denominato Diabetes Prevention Program Outcomes Study eseguito su 3234 soggetti seguiti a lungo termine per valutare la frequenza di sviluppo del diabete. Poiché alcuni di essi negli anni hanno assunto statine, i ricercatori hanno potuto verificare se a questa terapia corrispondeva un andamento diverso della comparsa del diabete. L’assunzione di statine ha comportato un aumento del rischio di sviluppare il diabete del 36% e il trattamento utilizzato da ciascun gruppo non ha influenzato il dato.
Quali ripercussioni possono avere queste evidenze sulla pratica clinica? Non quella di interrompere le cure con le statine nelle persone che le assumono perché hanno avuto infarti o hanno angina e altre manifestazioni di malattia coronarica. In questi soggetti la riduzione marcata della concentrazione di colesterolo nel sangue è indispensabile per prevenire eventi gravi e anche fatali. Negli altri soggetti si deve valutare, in ciascun caso, se il beneficio della loro somministrazione bilancia il rischio di una maggiore probabilità di sviluppo del diabete.