Aldo Bianchini
SALERNO – Correva l’anno 2009, giorno 12 del mese di maggio, martedi, e sullo sfondo dei cantieri navali di Salerno troneggiava ancora la gigantesca sagoma del “Karama”, il mega yacht dell’indimenticabile potentissimo armatore Achille Lauro, che, dopo 79 anni dal varo (era stato costruito nel 1930) e 44 di abbandono nel degrado più assoluto, bisognava abbattere per fare largo alla costruzione del Crescent e della Piazza della Libertà. Per farlo Vincenzo De Luca, sindaco, aveva scelto appunto quella giornata pre-estiva; le 10 del mattino per l’operazione pratica e mediatica; una gran folla per assistere alla fine di uno degli ultimi miti del potere economico che aveva caratterizzato gli anni d’oro del boom economico italiano. Schierate anche le associazioni ambientaliste e quelle contro il Crescent con manifesti e striscioni.
Pioveva, ed anche a dirotto; ma come d’incanto alle 9.55 il cielo si aprì per fare spazio ad un sole cocente proprio mentre arrivava in macchina il sindaco della città in compagnia del presidente dell’Autorità Portuale dell’epoca (Andrea Annunziata); De Luca scese dall’autovettura e con il suo solito ghigno esclamò: “Cosa pensavate che non avrei abbattuto la nave per colpa della pioggia ? Io a Salerno porto il sole”, e giù applausi scroscianti.
Io, ovviamente, non applaudii, ma quella era l’epoca in cui non applaudivo nemmeno le associazioni, sempre pronte a contestare e mai a proporre.
Questo soltanto per dire quanto sia stato e sia fortunato il governatore Vincenzo de Luca; parlo naturalmente della fortuna sul piano politico che lo accompagna fin dalla primavera del 1993 quando, sempre nel mese di maggio, uscì allo scoperto, sbaragliò tutti gli avversari e conquistò il potere assoluto che non ha mai più mollato avvicinandosi, come tempi, alla grande era del mitico Pericle che guidò la Grecia Antica per alcuni decenni.
Poco più di un mese fa nessuno avrebbe scommesso neppure un soldo bucato sulla sua ricandidatura alla presidenza della giunta regionale e soprattutto sulla sua sopravvivenza politica; oggi è ritornato ad essere assolutamente indispensabile per la gestione della politica locale, ragionale e nazionale.
Tutto grazie all’insorgenza della pandemia del coronavirus che ha proiettato le sue “apodittiche affermazioni” sull’onda lunga del web fino a toccare l’immaginario collettivo di milioni di giovani in Italia e nel Mondo. E qui siamo di fronte ad una mutazione “genetica” che solo un grande conoscitore della comunicazione come lui poteva immaginare e lanciare prepotentemente.
Dal 1993 l’ho sempre definito come “il kaimano”, da oggi dovrò correggere il tiro, rivedere il mio giudizio complessivo e chiamarlo soltanto e semplicemente “the best”; anche perché, in tutta sincerità, dietro di lui non c’è davvero nessuno, neppure nei partiti del centro destra.
Anche il “Corriere della Sera”, il giornale più letto in Italia è sceso sull’argomento ed ha dedicato al personaggio De Luca addirittura un fondo (edizione del 15 marzo 2020) del vice direttore Antonio Polito dal titolo: “Cigno nero, uomo forte e il solito demagogo”, dove cigno nero sta per sciagura sanitaria, uomo forte per De Luca e demagogo per De Magistris.
Polito per dare spessore al suo giudizio evoca l’uragano Katrina che affossò Busch e lanciò Obama; le inondazioni in Germania del 2002 che salvarono Schroeder da un sicuro tracollo elettorale; e pone l’accento sul coronavirus come salvatore di De Luca e affossatore di De Magistris.
E su Vincenzo De Luca scrive: “Oggi De Luca sta emergendo come l’uomo fo0rte nella lotta alla coronavirus; due settimane fa in pochi avremmo scommesso un centesimo sulla rielezione di Vincenzo De Luca a governatore, perfino nel suo partito gli avrebbero preferito la figura del ministro Costa, certo più sbiadita e scialba ma ritenuta in grado di portsare un po’ di voti penta stellati (chissà quanti ne sono rimasti) … oggi è difficile immaginare chi possa scalzarlo il giorno delle elezioni”.
Mentre su Gianni De Magistris scrive: “Di tutt’altro stampo è stata invece la risposta del sindaco di Napoli … non ha trovato di meglio che mettersi a fare il neo borbonico, eccitando il sentimento anti-settentrionale di una parte della popolazione meridionale … Se il contagio fosse partito dalla Campania e non dalla Lombardia il primo decreto sarebbe stato quello di sparare a vista qualsiasi meridionale”.
“E’ guerra, non c’è tempo e non aspetto nessuno“, questo il grido d’assalto del nostro governatore; un grido che mette tutti in fila.
Ovviamente ognuno di Voi dopo aver letto questo articolo potrà esprimere il proprio incondizionato e libero giudizio.
Siamo in Guerra, ma a molti sfugge ancora. Se non si prendono decisioni FULMINEE, sarò difficile porre un argine a questa triste tragedia. Aspettare ancora significherà prendere decisioni difficili da fare rispettare oltre un tempo contenuto oltre il quale la gente non potrà per necessità più poter rispettare o sopportare. Ed allora cosa ci dovremo aspettare. Inoltre più, più perdiamo tempo meno risorse umane potranno essere un grado di contrastare questa epidemia. Le risorse di medici, infermieri, e di quanti altri non sono sotto i riflettori, non è illimitata. Cosa fare dopo? Così per le risorse di presidi sanitari d’ogni tipo. Dove trovarle su poi chi le pruduce ha bisogno di settimane per produrle? Questi sono alcuni spunti di riflessione che vorrei sottoporre a chi nelle stanze del potere deve o dovrebbe prendere decisioni nell’interesse collettivo.