The Final Cut: un Sanremo anacronistico censura Roger Waters

Dott. Vincenzo Mele

 

SALERNO – Ancora una volta l’Italia ha mostrato il suo vero volto. Nel palinsesto del 70° Festival di Sanremo era previsto il videomessaggio di Roger Waters, celebre bassista e fondatore dei Pink Floyd, che doveva aprire il toccante monologo della giornalista Rula Jebreal. Ma a Festival appena iniziato, il videomessaggio dell’artista inglese, non è stato mandato in onda, brutalmente cancellato dalla scaletta. Sembra che la decisione è stata voluta dalla Rai, in quanto è risaputo che Waters è uno dei tanti sostenitori della causa palestinese, posizione in contrasto con lo scevro perbenismo dell’opinione pubblica che il Festival cerca di cavalcare.
È questa la televisione pubblica che gli italiani finanziano? È possibile ottenere un servizio super partes come quello della BBC, non soggetta a partiti o ideologie? Le colpe di Waters sembrano essere tre: innanzitutto è inglese, di per sé già una macchia agli occhi dell’italiano medio, indottrinato sin da bambino con sentimenti nazionalistici di infimo livello, il rimpianto del provinciale aggrappato alle pietre vecchie di un mondo scomparso. L’artista di Great Bookham è inoltre un fervente laburista, altro termine inviso allo spettatore medio del festival, ammesso che riesca a comprenderne il significato. Waters è un sostenitore della pace nel mondo e specialmente in Medio Oriente dove ha avviato numerose iniziative di beneficenza. Sostiene la causa di una Palestina libera: un’opinione così ferma ed aperta viene spesso fatta passare per antisemitismo da quelli che sull’odio per qualunque minoranza, ebrei inclusi, marciano per costruire consensi elettorali.
Il festival, ed in senso più lato l’Italia, volta ancora la faccia a questioni che ci riguardano da vicino per ragioni politiche, culturali e geografiche: ancora una volta il festival mostra, al di là della copertina patinata e talvolta pietista, il lato oscuro di una nazione che non ha affatto intenzione di abbattere il Muro.

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