Aldo Bianchini
SALERNO – “Se riparte il sud, riparte l’Italia”, sarebbe stata questa la frase ad effetto, seppure retorica e scontata, pronunciata dal premier avv. prof. Giuseppe Conte a margine del suo intervento, sul rilancio del sud, tenuto a Vallo della Lucania nell’auditorium “Leo De Berardinis” venerdì 29 novembre 2019.
Su questa frase mi sarei aspettato una riflessione della stampa, ma niente di niente; mi auguro almeno che i 100 sindaci dell’area salernitana presenti la riflessione l’abbiano fatta loro, anche se in silenzio e a denti stretti; ci spero, però, poco.
La riflessione è semplice: tutti i presidenti del consiglio dei ministri del dopo guerra hanno sempre pronunciato ed enfatizzato la frase che Conte ha soltanto ripetuto; dopo la frase, trita e ritrita, non è mai accaduto niente e il gap tra nord e sud è rimasto sempre lo stesso se non, in alcuni momenti specifici, addirittura ampliato rispetto a quello che era il sogno maturato nella coscienza di tutti dopo l’unità d’Italia del 1861. Ben 158 anni di promesse inutili.
Quindi Giuseppe Conte, anche troppo osannato dai militanti del movimento di riferimento (ovvero i Cinque Stelle), non ha fatto altro che presenza scenica poco fruttuosa ma dai costi altissimi; anzi ha aggiunto, con un’altra sua dichiarazione, un nuovo elemento di riflessione.
“Sono il secondo presidente del Consiglio dei Ministri, dopo Aldo Moro, a visitare il Cilento” ha detto il presidente, senza rendersi conto che la citazione poteva provocare una riflessione storica soltanto a vantaggio di Moro che, anche se non riuscì a fare qualcosa di serio per il sud, aveva una dimensione politica e culturale stellare rispetto a quella dell’attuale premier. E questo è semplicemente il gap che la politica di oggi paga a quella di ieri.
In mezzo allo schieramento istituzionale con tanto di presidente del consiglio, 100 sindaci, un presidente del Parco Nazionale, un prefetto, un questore, due vescovi (Vallo della Lucania e Teggiano-Policastro) e tanta gente tra addetti ai lavori e semplici curiosi, è decisamente emersa una figura su tutto e su tutti: Francesco Castiello, avvocato, senatore della repubblica, presidente della Fondazione Grande Lucania e già presidente della Banca del Cilento.
Per quanto mi riguarda il senatore Castiello è soltanto casualmente riconducibile nelle file del MoV. 5 Stelle; molto più facilmente il suo nome è iscrivibile in quel ristrettissimo novero di personaggi istituzionali prestati alla politica e dai quali la stessa politica ha il dovere di trarre il maggior profitto possibile.
Francesco Castiello è un profondo conoscitore, un vero studioso, dei problemi che attanagliano il sud e l’intero mezzogiorno fin dal 1861 sia sotto il profilo sociale che quello dell’economia, dello sviluppo e dell’occupazione; non a caso e non per caso il senatore (che meriterebbe di sicuro un posto nel governo, ma si sa, purtroppo, nei Cinque Stelle comandano gli insipienti met-up che per dirla tutta hanno già frenato se non danneggiato, in più occasioni, l’immagine e l’azione di Castiello) sull’onda delle sue conoscenze professionali e lavorative ha preso quasi per i capelli la Banca del Cilento e l’ha rilanciata verso traguardi interregionali inaspettati ed insospettabili, facendo delle scelte molto precise relative alla governance dell’istituto di credito che ha risposto alla grande, soprattutto sotto la guida dell’attuale direttore generale Ciro Solimeno, nell’assicurare credito di prossimità per lo sviluppo economico ed occupazionale del territorio di competenza.
Insomma Castiello è una delle pochissime “autorità” in materia, in grado di richiamare l’attenzione dell’intero governo nazionale e trascinare a Vallo della Lucania addirittura il presidente del Consiglio dei Ministri per costringerlo a parlare di sviluppo delle aree interne e di contrasto allo spopolamento, argomenti sui quali lo stesso Castiello ha costruito il suo “Manifesto per il Mezzogiorno” incentrato su dieci specifici argomenti che, al di là delle facili e speciose chiacchiere, potrebbero davvero riportare il tema del mezzogiorno al centro dell’attenzione nazionale; con semplicità, con umiltà ma anche con grande autorevolezza.
Che nessuno si rizeli, ma la verità va detta e raccontata fino in fondo: il senatore Francesco Castiello è al momento l’unico parlamentare della provincia di Salerno, se non di tutto il mezzogiorno d’Italia, ad essere stato capace di affrontare in perfetta solitudine un problema così enorme e variegato come quello del rilancio e della rinascita del sud. E lo ha fatto con dieci punti programmatici che dovrebbero richiamare tutti alle singole e doverose responsabilità per non produrre sempre e solo chiacchiere:
1) Recupero dei circa 62 miliardi di euro derivanti dalla riduzione di quota 34;
2) Istituzione del fondo nel quale confluiscano le risorse corrispondenti alla mancata attuazione della ripartizione.
3) Superare i ritardi nell’utilizzo dei fondi pubblici (europei, statali, regionali);
4) Modificare la legge n. 158/2017 sui piccoli comuni;
5) Procedere da parte delle Regioni che non abbiano ancora provveduto alla ricognizione censuaria dei propri immobili, demaniali e patrimoniali, a definire al più presto i relativi procedimenti;
6) Promuovere il passaggio della competenza per la manutenzione delle strade delle aree interne dalle province all’ANAS;
7) Prevedere l’adozione da parte di RFI (Rete Ferroviaria Italiana) di un sistema tariffario agevolato per il pedaggio dei treni ad Alta Velocità che collegano in modo diretto il Nord con il Sud;
8) Utilizzare la leva della decontribuzione previdenziale per le assunzioni;
9) Accordare la precedenza alle aree interne nell’attuazione delle norme di incentivazione previste dalla legge quadro sulle aree protette;
10) Istituzione della Cabina di Regia per il Coordinamento e la Promozione dell’Agricoltura, dell’Agroalimentare e dell’Artigianato delle aree interne del Mezzogiorno.
Per tutte queste ragioni l’immagine e l’azione del senatore Francesco Castiello dovrebbe essere preservata da qualsiasi contaminazione di colore e di appartenenza; Castiello è un personaggio istituzionale, un vero uomo di Stato che tutti, soprattutto i pentastellati, dovrebbero presentare e promuovere come uno dei pochi in grado di operare profonde riflessioni sul tema meridionale per rilanciarne lo sviluppo in un futuro piuttosto ravvicinato.
Ha incominciato a farlo da Vallo della Lucania, c’è da sperare che l’eco di questo enorme successo faccia irruzione nei palazzi del potere capitolino e che qualcuno prenda le giuste e doverose decisioni.
Elezioni 2020: il sen. Castiello rilancia il Sud … solo chiacchiere ?
Non poteva esserci titolo più veritiero nell’articolo a firma del Direttore della testata giornalistica. Secondo me, al di la dello spessore politico del Senatore Castiello (per me sprecato all’interno del M5S), il Presidente del Consiglio poteva farne anche a meno di venire a Vallo della Lucania a raccontare le solite cose sul rilancio del Sud. Lui, persona stimata e colta, (nato e vissuto per qualche tempo in provincia di Foggia) prestato alla politica dalla sua nobile professione, sa bene che il Sud, sin dai tempi di Garibaldi con la spedizione dei Mille, è stato sotto il giogo dei Piemontesi prima ed in seguito di tutto il Nord, giogo che ancora oggi fa presa. Ciò si nota anche dall’ultima finanziaria. Da parte del Governo attuale cosa è stato previsto per il Sud? Da parte del Governo precedente cosa è stato fatto? Nulla, solo chiacchiere e passerelle dei vari politici. Sia beninteso che anche altri Governi non è che si siano sprecati. Ah!!! Dimenticavo, è stato istituito il Reddito di Cittadinanza, provvedimento che non ha fatto altro che aumentare il lavoro nero, partorito dalla mente eccelsa del sig. Di Maio, consapevole che faceva presa al Sud, altrimenti il M5S non sarebbe mai andato al Governo del Paese. Come recita un vecchio proverbio napoletano “Chiacchiere e tabacchere e ligno, ‘o banco ‘e napule nun se ‘mpegna”.
Trovo veramente fondato il commento del sig. Giovanni Alberto, nella parte in cui attribuisce, sin dai tempi di Garibaldi, la responsabilità dei governanti del Nord per buona parte dei mali che affliggono il Sud.
Iniziò da allora infatti una politica fatta di “distinguo” fra ciò che doveva essere realizzato nelle regioni centro-settentrionali e ciò che invece spettava a quelle meridionali. Si discettava sui vantaggi immediati che questa o quella opera poteva dare e immancabilmente si concludeva che la maggiore convenienza consigliava di farla a di sopra di una certa latitudine, generalmente sempre la stessa. Eppure lo stato dell’arte esistente al Sud negli anni pre-unitari non era affatto contrassegnato da decadenza e arretratezza. Anzi in tutti i campi esistevano delle eccellenze che nulla avevano da invidiare ad altri Stati, addirittura in una dimensione europea.
Purtroppo di queste testimonianze non si tenne conto, anzi ad alcune vennero a mancare risorse e motivazioni per continuare la propria attività, fino a causarne la fine.
Il trend iniziale che sanciva, non si sa perché, il gap fra Nord e Sud a svantaggio di quest’ultimo non ha mai mostrato segni che potesse invertire la tendenza, anzi ha continuato ad accrescersi anche all’epoca del boom economico e oltre quando l’ammodernamento del paese, a esempio nel settore infrastrutturale, ha dato impulso alla crescita economica culturale e industriale del paese.
Senza entrare nei dettagli delle varie opere realizzate vorrei citare dei dati che riguardano le autostrade ad oggi esistenti (fonte il Corriere della Sera). Ebbene, i chilometri di autostrade per 1000 kmq di superficie assommano a 247 nelle regioni settentrionali, a 129,3 per quelle centrali e a 56,5 per le meridionali e insulari. La maggiore densità si regista in Liguria, mentre fanalino di coda risulta … naturalmente la Basilicata con soli 2,9 km/kmq di superficie.
È chiaro che questi dati sono indicativi di tante cose. Fin dai tempi degli antichi romani la possibilità di spostamenti facili e spediti costituiva la ragione principale per tenere unito l’impero, o per impostare azioni belliche vincenti, o per facilitare scambi di carattere commerciale o culturale. Una carenza quindi nel settore delle comunicazioni o degli spostamenti poteva significare arresto di sviluppo o carenza di risorse.
Forse se una tale considerazione fosse stata tenuta presente anche dai moderni eredi del popolo romano, si sarebbe evitata la precaria situazione in cui tuttora versano le infrastrutture del Sud – oltre alle strade e alle autostrade neanche le ferrovie se l passano bene – con tutte le conseguenze che ciò ha comportato e tuttora comporta.