Aldo Bianchini
SALERNO – “Ma l’arcivescovo di Salerno mons. Andrea Bellandi conosce la storia della città, ovvero, per dirla tutta, qualcuno gliel’ha raccontata ?”.
A pelle rispondo facilmente che non conosce la storia della città e che nessuno, strumentalmente, non gliel’ha spiegata e/o raccontata.
In un precedente articolo pubblicato all’arrivo dell’arcivescovo mons. Bellandi avevo già scritto nel merito ed avevo chiesto se “il clero che governa la Chiesa salernitana” si fosse dato da fare per mettere nelle condizioni ottimali il nuovo Primate per prendere coscienza della storia della diocesi e delle battaglie intestine che hanno segnato questi ultimi decenni della vita del clero salernitano su tutto il territorio provinciale.
Da quanto accaduto nelle ultime settimane mi rendo conto che il gotha di potere che circonda l’Arcivescovo non ha fatto o detto niente per illuminare l’illustre presule sulla reale situazione dell’arcidiocesi e delle diocesi che governano una massa immensa di fedeli da Nocera a Teggiano-Policastro passando per Cava-Amalfi e Vallo della Lucania.
Ma cosa è accaduto a Salerno ?
In Largo Plebiscito, dove c’è anche il Museo Diocesano, esiste una chiesetta secolare il cui interno è di grande valore storico e religioso; difatti un cartellone pubblicitario posto al lato del portone di accesso recita “Riapri..amo i morticelli” per pubblicizzare l’esigenza dei fedeli di rivedere la Chiesa ritornare agli antichi splendori di quando in essa venivano celebrati soprattutto i funerali dei bambini morti in guerra o a causa di calamità naturali. Gli affreschi che decorano le pareti e la volta della chiesetta sono davvero molto importanti dal punto di vista storico ed è difficile valutarne il loro valore artistico e commerciale.
Ebbene quale pianificazione ha scelto la Curia per il rilancio della Chiesa che è onore e vanto di tutto il centro storico salernitano ?
Ha dato via libera di organizzare al suo interno un laboratorio di falegnameria, con tanto di strumenti – pialle e seghe, per avviare (forse !!) i giovani alla professione artigianale di falegname.
Per carità, un progetto anche degno di ammirazione e condivisione ma che poteva e doveva essere fatto dovunque, tranne che in una Chiesa storica e di grande pregio artistico.
Il presule è andato, addirittura, ad inaugurare il laboratorio di falegnameria, sicuramente nessuno gli aveva spiegato la storia e la tradizione di quella Chiesa.
La chiesa del Monte dei Morti (meglio nota come la Chiesa dei Morticelli) si trova a Salerno e sorge nel centro storico, in largo Plebiscito; risale al 1530.
A Salerno sono quattro le chiese che presentano i tipici elementi delle costruzioni sacre rinascimentali: la chiesa di S. Salvatore de Fondaco, sita lungo via Mercanti, quella di Sant’Anna al Porto, nei pressi del teatro Giuseppe Verdi, la cappella di San Filippo Neri, presso l’ex convento dei Cappuccini, a ridosso delle antiche mura orientali della città e la chiesa del Monte dei Morti al largo Plebiscito nei pressi dell’antica Porta Rotese. Tutte a pianta ottagonale, hanno subito successivi rifacimenti soprattutto in epoca barocca che, però, non hanno modificato l’originale invaso interno. La stessa matrice ottagona aveva indotto l’architetto salernitano Alfonso Gambardella, ad ipotizzare per S. Salvatore, S. Anna ed il Monte dei Morti progetti redatti dal medesimo architetto, il quale avrebbe utilizzato la chiesa del Monte dei Morti come modello.[1] La tesi, non confermata dalle fonti, troverebbe riscontro nella cronologia di edificazione degli istituti sacri, in quanto la chiesa del Monte dei Morti fu costruita nel 1530, quella di S. Anna alla fine del XVI secolo e quella di S. Salvatore acquisì la forma ottagonale tra il 1582 ed il 1584.
NOTA CORRETTIVA: La Chiesa dei Morticelli è di proprietà del Comune; Curia e Comune hanno dato l’avallo perchè al suo interno venisse attivato un laboratorio universitario di falegnameria specializzato.