da Dr Alberto Di Muria
Padula-I farmaci inibitori della 5α-reduttasi, un enzima coinvolto nella conversione dal testosterone al più potente diidrotestosterone, sono utili nell’ipertrofia prostatica benigna (IPB) quando il trattamento di prima linea a base di tamsulosina, un antagonista dei recettori adrenergici α2, risulta inefficace o parzialmente efficace. Il razionale della terapia risiede nel fatto che gli ormoni androgeni stimolano l’ingrossamento della prostata, pertanto la riduzione dei livelli circolanti di diidrotestosterone determina un blocco della stimolazione e quindi l’arresto della proliferazione cellulare.
Esistono attualmente due molecole in commercio: finasteride e dutasteride. Una sottile ma importante differenza tra i due farmaci risiede in una diversa selettività per le due isoforme di 5α reduttasi attualmente note: finasteride inibisce esclusivamente l’isoforma 2, presente maggiormente nel tessuto prostatico e nella cute, mentre dutasteride inibisce sia la forma 2 che la forma 1, attiva metabolicamente anche a livello del fegato e del tessuto adiposo.
Questa diversa specificità del meccanismo d’azione rende conto del fatto che dutasteride ha mostrato di indurre da un lato insulino-resistenza, uno dei processi alla base del diabete mellito di tipo II, dall’altro steatosi epatica, cioè l’accumulo di grasso nel fegato.
Sulla base di queste considerazioni, un gruppo di ricercatori britannici e taiwanesi ha condotto due studi di coorte per vedere se esista o meno un’associazione tra uso dei due inibitori della 5-alfa reduttasi e comparsa di diabete. Lo studio in oggetto ha esaminato un database sanitario di più di 4 milioni di pazienti inglesi, prendendo in considerazione soggetti sopra i 40 anni di età con diagnosi di IPB e una prescrizione di tamsulosina o finasteride o dutasteride. Analizzando i dati relativi a 55.000 uomini a cui è stato prescritto il farmaco inibitore per circa 11 anni, gli esperti hanno riscontrato un legame con l’incremento del rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 di un terzo circa. Anche altri studi hanno dimostrato in passato che i farmaci finasteride e dutasteride possono influenzare il metabolismo riducendo la risposta del corpo all’insulina, un sintomo del diabete di tipo 2, incrementando del 30% il rischio di sviluppare questa condizione, nei soggetti con iperplasia prostatica benigna.
Gli esperti spiegano che quanto scoperto non vuole assolutamente consigliare agli uomini di smettere di assumere il farmaco indicato per i problemi di prostata, ma semplicemente consiglia di porre più attenzione ad eventuali sintomi legati al diabete di tipo 2 così da poter intervenire sul trattamento, in caso di necessità.